Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il ricorrente, premesso di essere assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica di proprietà del comune di Roma, sito in Ostia lido al viale Vasco de Gama 140, ha impugnato la delibera indicata in oggetto con la quale venne dichiarata la decadenza del ricorrente medesimo dall’assegnazione di tale alloggio e disposto l’immediato recupero del medesimo libero da persone e cose.
Il provvedimento era motivato in ragione della asserita mancata stabile occupazione dell’alloggio da parte del signor V., come risultante da ripetuti accertamenti dei Vigili urbani.
Il ricorrente assume l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990, nonché per eccesso di potere per travisamento dei fatti, deducendo la mancata notifica dell’avviso di inizio del procedimento e dichiarando di essersi allontanato solo temporaneamente dall’immobile onde consentire lo svolgimento dei lavori necessari per il ripristino dell’impianto idraulico.
Si è costituito in giudizio il comune di Roma per chiedere il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del giorno 23 febbraio 2011 la causa è stata rimessa in decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente il Collegio deve prendere in esame la questione di giurisdizione, in materia di rapporti tra l’Ente gestore degli alloggi di edilizia economica e popolare e l’assegnatario di un alloggio, sulle controversie che hanno ad oggetto i provvedimenti incidenti sul rapporto di locazione dell’immobile – quale è la decadenza dall’assegnazione dell’ alloggio, come nella specie.
Sul punto, come è noto, si fronteggiano due differenti impostazioni.
Secondo una prima linea argomentativa, la giurisdizione si radicherebbe in base al tipo di posizione giuridica soggettiva che si viene a costituire in capo all’interessato, di modo che prima dell’assegnazione dell’ alloggio popolare essa avrebbe natura di interesse legittimo, con conseguente incardinamento della giurisdizione amministrativa, mentre dopo l’avvenuta assegnazione essa avrebbe natura di diritto soggettivo e perciò, anche in presenza di un provvedimento dell’Amministrazione di revoca o di decadenza dall’assegnazione, la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario (cfr., in argomento, Cass. civ., SS.UU., 12 novembre 2001 n. 14024).
Altra diversa interpretazione assume, per contro che la situazione deve ritenersi mutata per effetto l’entrata in vigore del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, e segnatamente dell’art. 33, contenuto dapprima nel predetto decreto e poi trasfuso nell’art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205 con cui il legislatore ha dettato un nuovo canone di riparto della giurisdizione, basato sull’attribuzione di blocchi omogenei di materie, così abbandonando il previgente criterio fondato sulla differenziazione tra posizioni giuridiche di diritto soggettivo e interesse legittimo, con la conseguenza che tutta la materia dell’assegnazione e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto afferente a pubblico servizio, ricade nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1382 e 11 settembre 2001 n. 4725).
E ciò anche dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 1998 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, che, come risaputo, ha dichiarato illegittima la norma anzidetta nella parte in cui prevedeva che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi,… ", posto che, in ogni caso, l’Amministrazione esercita nella fattispecie un potere pubblico. Invero, nel circoscrivere i nuovi limiti dell’ambito cognitorio del giudice amministrativo la Corte, pur escludendo che vi siano ricomprese tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ha chiaramente ribadito che il discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa è la circostanza che la Pubblica amministrazione, esercitando i suoi poteri, agisce come Autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo.
Ne discende che l’intera materia, indipendentemente dalla posizione soggettiva dedotta in relazione alla fase procedimentale e alla tipologia di provvedimento adottato, è attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr., di recente, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 6 maggio 2009 n. 417, ma in senso apertamente contrario si vedano Cass. civ., SS.UU., 16 gennaio 2007 n. 8649 e T.A.R. Lazio, Sez. III, 12 settembre 2009 n. 8649).
L’orientamento incline a ritenere sussistente la cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo, anche dopo la conclusione della procedura per l’assegnazione dell’ alloggio di edilizia popolare ed economica a colui che era stato individuato quale avente diritto, in ordine alle controversie aventi ad oggetto fatti successivi alla conclusione della fase puramente amministrativa di individuazione, per selezione, dell’assegnatario dell’ alloggio, considera gli immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica come serventi all’espletamento di un pubblico servizio, mirando ad assegnare un alloggio a coloro che, per le loro condizioni reddituali meno favorevoli, non sono in grado di accedere alla fruizione dell’abitazione a condizioni di mercato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 giugno 2003 n. 3447), di talché troverebbe applicazione la norma che attribuisce la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo in materia di concessioni di beni e servizi (a suo tempo radicata nell’art. 5, comma 1, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034), esercitando l’Amministrazione comunque poteri autoritativi che attengono alla corretta gestione del patrimonio pubblico.
Al contrario, l’orientamento incline a ritenere che in materia debba essere riconosciuta la competenza giurisdizionale al giudice ordinario (peraltro ribadito di recente dal Consiglio di Stato, Sez. V, con la decisione 11 agosto 2010 n. 5617) afferma che per le controversie in materia di alloggi di edilizia economica e popolare, il riparto della giurisdizione – a parte la speciale ipotesi di opposizione davanti al pretore prevista dall’art. 11, comma 13, del DPR 30 settembre 1972 n. 1035 con esclusivo riguardo al provvedimento di decadenza dall’assegnazione per mancata occupazione dell’ alloggio nel termine prescritto – è regolato dal consueto criterio della posizione soggettiva riconoscibile in capo al privato, dovendosi attribuirla al giudice amministrativo allorquando tale posizione sia di interesse legittimo, perché attinente alla fase del procedimento amministrativo strumentale all’assegnazione, caratterizzato da poteri pubblicistici e al giudice ordinario allorquando sia di diritto soggettivo perfetto, in quanto attinente al rapporto locativo costituitosi in seguito a detta assegnazione (cfr. Cass. SS.UU. 23 febbraio 2001 n. 65). Pertanto, nel complessivo procedimento per l’assegnazione degli alloggi in questione, va distinta, una prima fase, di natura pubblicistica, caratterizzata dall’esercizio di poteri amministrativi finalizzati al perseguimento di interessi pubblici e, correlativamente, da posizioni di interesse legittimo dell’assegnatario, da quella successiva, di natura privatistica, nella quale, poiché la regolamentazione dei rapporti tra ente assegnante ed assegnatario assume una diretta rilevanza, la posizione soggettiva del privato assume il carattere di diritto soggettivo
Ne consegue – conferma ancora l’orientamento incline a riconoscere la giurisdizione dell’A.G.O. nel rapporto tra Ente gestore ed assegnatario dopo l’intervenuta assegnazione – che le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase del rapporto appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre appartengono all’Autorità giudiziaria ordinaria quelle introdotte dopo l’assegnazione, nelle quali si contesti il potere dell’Ente assegnante di pronunciare l’estinzione del già sorto diritto soggettivo dell’assegnatario al godimento dell’ alloggio (cfr. Cass., SS.UU., 2 giugno 1997 n. 4908 e Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2009 n. 2001). Peraltro e recentemente (per come richiamato dalla Quinta sezione del Consiglio di Stato nella recente decisione n. 5617 del 2010 della quale si stanno qui riproponendo i passaggi salienti) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in argomento strettamente attinente alla questione oggetto del contenzioso posto all’odierna attenzione del Collegio, con riferimento al caso della sopravvenuta decadenza dall’assegnazione di alloggio pubblico per requisiti fiscali e reddituali hanno stabilito che la relativa controversia rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario (cfr. Cass., SS.UU. 10 maggio 2006 n. 10708 e 16 gennaio 2007 n. 758) in quanto la posizione dell’assegnatario dell’ alloggio rispetto ad un provvedimento di revoca dell’assegnazione per il superamento di limiti reddituali è di diritto soggettivo, riguardando tale provvedimento un momento della fase dello svolgimento del rapporto nel quale la pubblica amministrazione non è chiamata ad effettuare valutazioni di carattere discrezionale, bensì solo a verificare la ricorrenza di un causa sopravvenuta di decadenza dall’assegnazione sulla base della relativa normativa di settore.
In conclusione tale orientamento si fonda sulla considerazione che la giurisdizione del Giudice amministrativo non è configurabile per il venir meno di requisiti nella fase successiva al provvedimento di assegnazione giacché in detta fase vengono in rilievo posizioni paritetiche regolate dal complesso dei diritti e degli obblighi discendenti dallo speciale rapporto locativo in atto. Pur tenuto conto delle motivate considerazioni espresse dagli orientamenti sopra riprodotti, il Collegio ritiene anche in questa sede di dovere ribadire l’orientamento già espresso con sentenza n. 116 dell’11 gennaio 2011 e considerare quindi che sia più aderente ai criteri di riparto della giurisdizione che promanano dalla interpretazione dei principi costituzionali per come scolpiti nelle decisioni 6 luglio 2004 n. 204 e 11 maggio 2006 n. 191 ritenere sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo non solo nella fase di individuazione del futuro assegnatario ma anche nella fase successiva relativa ai rapporti tra l’assegnatario e l’Ente gestore.
Quest’ultimo infatti, seppure spesso nel concreto trattasi di un soggetto privato al quale – attraverso la previsione legislativa – è attribuito il potere di incidere sul rapporto che discende dall’assegnazione dell’ alloggio in sostituzione dell’Amministrazione proprietaria dell’immobile (di regola il Comune), esercita pur sempre poteri autoritativi nei confronti dell’assegnatario, specialmente nell’ipotesi in cui questi non sia più nelle stesse condizioni che gli avevano consentito di vedersi assegnato l’ alloggio.
Ciò in quanto:
A) se l’adozione degli atti repressivosanzionatori da parte dell’Ente gestore non fosse connotata dall’esercizio di un vero e proprio potere autoritativo, per la loro esecuzione sarebbe necessario richiedere l’intervento del giudice ordinario attraverso gli ordinari strumenti che normalmente vengono applicati in occasione del recupero dell’immobile da parte del proprietario nei confronti del locatore che debba restituirlo (ad esempio per fine locazione o per morosità);
B) l’adozione dei ridetti atti repressivosanzionatori da parte dell’Ente gestore incidono necessariamente sul provvedimento conclusivo della procedura selettiva che ha dato luogo all’assegnazione dell’ alloggio, comportandosi quali atti di autotutela rispetto alla graduatoria degli assegnatari, rispetto alla quale non vi è dubbio che sussista la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle relative controversie.
Peraltro la stessa Quinta sezione del Consiglio di Stato aveva già fatto propria la tesi della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento ai provvedimenti che incidono sul rapporto tra Ente gestore ed assegnatario.
Con la decisione 14 gennaio 2009 n. 109, in particolare, la Quinta sezione del Consiglio di Stato:
A) ha rammentato che le maggiori incertezze in ordine all’individuazione della giurisdizione in materia di edilizia residenziale pubblica si sono registrate con riferimento alle controversie concernenti le cause di cessazione del rapporto derivanti dall’assegnazione dei relativi alloggi sulla scorta del menzionato d.P.R. n. 1035 del 1972, in particolare quelle concernenti l’annullamento della assegnazione (art. 16), la revoca (art. 17), il rilascio nei casi di occupazione sine titulo (art. 18), mentre minori problemi si sono posti per l’ipotesi di decadenza per mancata tempestiva occupazione dell’ alloggio stante la previsione espressa (ancorché asistematica) della giurisdizione del giudice ordinario (art. 11, co. 13);
B) ha ricordato poi che parte della giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che le controversie inerenti le cause sopravvenute di estinzione e risoluzione, direttamente afferenti il rapporto locatizio in corso di svolgimento debbano essere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, riconoscendosi la giurisdizione amministrativa solo in relazione alla prima fase del procedimento di assegnazione caratterizzata dall’esercizio di poteri pubblicistici (cfr., ex plurimis, Cass., SS.UU., 3 novembre 1993 n. 4607).
Orbene, sostiene il Consiglio di Stato nella decisione sopra richiamata che non sempre l’intervento dell’Autorità amministrativa, successivo alla costituzione del rapporto di assegnazione, è espressione di poteri contrattuali.
Nella vigenza dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971, per ovviare alle indubbie difficoltà esegetiche, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 5 agosto 1995 n. 28 ha valorizzato le espressioni contenute nel comma 1 della citata disposizione secondo cui "sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici". Sotto tale angolazione è costante l’affermazione secondo cui l’attribuzione a privati dell’uso di beni pubblici, a prescindere dalla terminologia adottata nei provvedimenti e nelle convenzioni accessive ed ancorché presenti elementi privatistici, è sempre riconducibile all’istituto concessorio il che giustifica l’applicazione dell’art. 5 cit. (cfr., in tal senso anche l’orientamento del giudice ordinario espresso nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 9 maggio 2002 n. 6687).
In quest’ottica si è in seguito specificato che le controversie in questione, anche quando coinvolgono diritti soggettivi, sono attratte alla giurisdizione esclusiva perché si riscontrano profili di carattere pubblicistico connessi alla regolarità del procedimento autoritativo di autotutela ed alla verifica della sussistenza o meno, in capo all’assegnatario, dei requisiti prescritti dalla legge ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del predetto rapporto concessorio (cfr., in termini generali, Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 2006 n. 8059 e 30 agosto 2006 n. 5073).
È vero che un limite fisiologico all’espansione della giurisdizione esclusiva è individuato nella natura non autoritativa del potere esercitato dall’Amministrazione (o dall’Ente gestore cui è affidato tale compito), collegato alla ordinaria capacità negoziale di gestione del rapporto locatizio (cfr. Cass., SS.UU. n. 757 del 2007 e n. 13527 del 2006 dove si è affermata la giurisdizione del giudice ordinario per la controversia avente ad oggetto la legittimità o meno della pretesa del figlio dell’assegnatario, che prospetti di avere i requisiti di legge, per il subingresso nel rapporto, di subentrare al genitore deceduto nell’assegnazione dell’ alloggio).
La linea di discrimine fra le giurisdizioni, pertanto, non corre lungo la linea della alternativa fra natura vincolata o discrezionale del potere esercitato dall’Amministrazione, ma sull’accertamento in concreto se tale potere sia espressione di funzione pubblica ovvero contrattuale.
Tali conclusioni, come si è detto più sopra, non appaiono scalfite neppure dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 191 del 2006 e n. 204 del 2004.
Sul punto va evidenziato che l’esigenza posta in luce dal giudice delle leggi di interpretare in modo rigoroso le disposizioni normative che introducono casi tassativi di giurisdizione esclusiva, in quanto derogatori della naturale giurisdizione del giudice civile in materia di diritti soggettivi, non è posta in discussione allorquando, come nel caso di specie, l’oggetto del giudizio sia costituito in via immediata e diretta da un provvedimento amministrativo espressivo di funzione pubblica cui accedono in posizione ancillare eventuali diritti soggettivi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 5073 del 2006).
Il Collegio, in conclusione, tenendo conto di entrambi gli orientamenti sopra delineati ed indipendentemente dal richiamo alle disposizioni che attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di concessioni di beni (attualmente l’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a.) ovvero di pubblici servizi (attualmente l’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.), ritiene che i provvedimenti adottati dall’Amministrazione proprietaria o dall’Ente gestore del rapporto con l’assegnatario di un alloggio di edilizia economica e popolare debbono ricondursi nell’alveo dei provvedimenti autoritativi (categoria che, come noto, ricomprende gli atti che sono frutto sia dell’esercizio di poteri discrezionali che dell’esercizio di poteri vincolati) espressivi dell’esercizio di poteri rispetto ai quali, per un verso la posizione soggettiva del destinatario si compendia nell’interesse legittimo e, per altro verso, lo scrutinio giurisdizionale delle controversie è rimesso alla cognizione del giudice amministrativo e ciò fin dalla fondamentale decisione n. 1657 assunta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel risalente e mai più sconfessato arresto del 4 luglio 1949.
Affermata la sussistenza del giudice amministrativo sulla controversia introdotta con il ricorso in trattazione, è possibile passare all’esame del merito.
Il ricorso è infondato.
Il provvedimento impugnato, con il quale è stata dichiarata la decadenza automatica dall’assegnazione del sig. V., è stato adottato ai sensi è per gli effetti dell’articolo 13 comma 1 della L.R. 12/99 per mancata stabile occupazione dell’alloggio come accertata a seguito di ripetuti sopralluoghi dei vigili urbani e, in particolare, dei sopralluoghi in data 27 febbraio 2005, 21 marzo 2005, 6 aprile 2005. In tutte le predette occasioni l’immobile è risultato vuoto e da informazioni assunte sul posto gli accertatori venivano altresì a conoscenza del fatto che l’attuale assegnatario soffriva di grave patologia fisica ed abitava da tempo imprecisato presso l’abitazione della figlia.
i richiamati accertamenti istruttori costituiscono adeguata giustificazione del provvedimento adottato alla stregua della disposizione normativa sopra citata; cosicché il provvedimento impugnato appare correttamente ed adeguatamente motivato in relazione ad un istruttoria procedimentale idonea ad evidenziare in maniera sufficiente la sussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento di decadenza dall’alloggio.
Secondo la giurisprudenza infatti, "è legittimo il provvedimento che dichiara la decadenza dalla titolarità di un alloggio di edilizia residenziale pubblica e ne ordina il rilascio per mancata stabile occupazione dello stesso accertata a seguito di numerosi sopralluoghi effettuati dalla Polizia municipale in giorni ed orari diversi e succedutisi per un apprezzabile arco temporale, dai quali è emerso lo stato di completo abbandono dell’appartamento" (T.A.R. Umbria Perugia, 16 marzo 2010, n. 189).
Il provvedimento impugnato è quindi legittimo ancorché adottato in assenza di preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento, attesa la natura vincolata della misura della decadenza una volta accertato l’abbandono dell’immobile e, quindi, il difetto sopravvenuto dei presupposti per l’assegnazione dell’alloggio.
Il ricorso va quindi rigettato perché infondato nel merito.
Sussistono tuttavia, in ragione della natura della controversia, giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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