Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-04-2011) 22-04-2011, n. 16289 arresto, misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli disponeva la consegna all’a.g. della Repubblica di Bulgaria di K.M.N., cittadino bulgaro, nei cui confronti il Procuratore generale presso il Tribunale di Lom aveva emesso in data 24 novembre 2008 mandato di arresto Europeo (MAE) in esecuzione di una sentenza in data 20 novembre 2007 (divenuta definitiva il 5 dicembre 2007) del Tribunale Regionale di Lom di condanna complessiva alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in quanto: a) egli era stato ritenuto responsabile del reato di guida senza patente, commesso il (OMISSIS) (dopo che, per precedente analoga condotta, commessa entro l’anno precedente, era stata irrogata al medesimo una sanzione amministrativa), per il quale, in forza dell’art. 343-b c.p. bulg., era stata inflitta la pena di mesi quattro di reclusione; b) era stata revocata la sospensione condizionale della pena, pari ad anni uno di reclusione, precedentemente infittagli per il reato di truffa ( artt. 209 e 210 c.p. bulg.), commesso il (OMISSIS), con sentenza in data 13 marzo 2006 del Tribunale Regionale di Lom, parzialmente riformata con sentenza in data 19 giugno 2006 del Tribunale Distrettuale di Montana.

2. Osservava tra l’altro la Corte di appello che la prima condanna era stata pronunciata con la partecipazione dell’imputato, mentre la seconda era stata pronunciata in absentia, essendo peraltro assicurata al condannato (in forza dell’art. 423 c.p. bulg.) di chiedere un nuovo processo in sua presenza.

Rilevava inoltre che il M. non poteva considerarsi residente in Italia ai fini della esecuzione della pena in questo Paese: egli non parlava e non comprendeva la lingua italiana e non aveva residenza anagrafica in Italia e risultava solo che la moglie e la figlia avevano contratto rapporti di lavoro solo di recente in Italia (nel corso dell’anno 2010).

3. Ricorre per cassazione di persona l’imputato.

Deduce che contrariamente a quanto osservato nella sentenza impugnata, da tutta la documentazione acquisita e dallo stesso MAE risultava che egli era presente in Italia (Napoli) dal gennaio 2008;

che mancavano le sentenze poste a fondamento della prima condanna, e che ciò impediva di verificare se il processo si fosse svolto regolarmente e di quali fatti precisamente esse si fossero occupate;

che i fatti erano prescritti al momento della sentenza pronunciata il 13 marzo 2006 e che la guida senza patente non era prevista come reato al momento della sua commissione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Le sentenze cui fa riferimento il MAE (sia l’ultima, sia quella precedente con la quale era stata disposta la sospensione condizionale della pena, poi revocata) sono state tutte trasmesse e correttamente tradotte in italiano.

3. Il condannato, processato in absentia nel secondo procedimento, ha assicurata dall’ordinamento bulgaro la facoltà di richiedere un nuovo processo in sua presenza.

4. La deduzione di prescrizione del reato considerato nel primo procedimento è giuridicamente improponibile, trattandosi di un titolo di consegna conseguente a sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

5. Ai fini del rispetto della condizione della doppia punibilità, di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 7, conta solo che l’ordinamento italiano contempli come reato il fatto su cui si fonda il MAE al momento della proposizione della domanda dello Stato di emissione, e non la rilevanza penale del medesimo fatto, nell’ordinamento italiano, alla data della sua commissione (vedi Cass., sez. 6, n. 22453 del 04/06/2008, Paraschiv; contra, Cass., sez. 6, n. 12724 del 19 marzo 2009, Cimpu), dato che la citata norma pone solo la condizione che "il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale", evidentemente facendo riferimento all’assetto normativo vigente nello Stato di esecuzione all’atto della domanda di consegna.

6. Il K. non può dirsi radicato in Italia, risultando da tutti i documenti acquisiti che egli, che non comprende e non parla la lingua italiana, dimora in Italia da epoca non precedente l’aprile del 2010, tra l’altro in mancanza di evidenze circa una sua stabile attività lavorativa.

La giurisprudenza di legittimità ha infatti più volte precisato che la nozione di "residente", quanto meno nell’economia della norma in questione, implica una condizione non solo non ricavabile dal solo dato della durata di una generica e indistinta presenza nel territorio dello Stato, occorrendo altresì verificare se una simile situazione si estrinsechi in un’apprezzabile stabilità del domicilio, e cioè in un collegamento con un preciso ambito territoriale; nel quale, inoltre, si sviluppino accettabili rapporti di lavoro o di natura familiare o affettiva (v. per tutte Sez. 6, n. 14710 del 09/04/2010, dep. 16/04/2010, S., Rv. 246747); ovvero, secondo le espressioni usate nella sentenza della Corte cost. n. 227 del 2010, in cui sia possibile individuare, con riferimento a un dato soggetto, "il luogo principale degli interessi, dei legami familiari, della formazione dei figli e di quant’altro sia idoneo a rivelare la sussistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia".

Nessuno di questi presupposti ricorrono nel caso del K..

7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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