Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-04-2011) 22-04-2011, n. 16287 diritto comunitario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 10 gennaio 2011, la Corte di appello di Milano dichiarava la sussistenza delle condizioni favorevoli all’estradizione di X.K., richiesta dalla Confederazione elvetica per il suo perseguimento penale per numerosi episodi di furto aggravato, danneggiamento e violazione di domicilio.

2. Avverso la suddetta sentenza, propone ricorso per cassazione la persona richiesta in estradizione, con cui denuncia:

– la erronea applicazione della legge penale, in quanto l’autorità richiedente non avrebbe ottemperato con l’invio della domanda estradizionale alla previsione contenuta nell’art. 12, par. 1, lett. B) della Convenzione Europea di estradizione, non consentendo pertanto alla Corte di appello di svolgere un giudizio sui gravi indizi di colpevolezza o, quanto meno, un giudizio di probabilità della commissione del reato da parte dell’estradando. Secondo il ricorrente, anche la documentazione integrativa trasmessa in un secondo momento rende impossibile tale giudizio, per l’inidoneità degli indizi di colpevolezza indicati dall’autorità elvetica (segnatamente le dichiarazioni dei correi, i contatti telefonici, il rinvenimento di un’autovettura e gli oggetti personali dello X. e le immagini videoregistrate).

– la mancanza, contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione, quanto alla valutazione delle indagini difensive.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

In tema di estradizione processuale, questa Corte Suprema ha affermato che, ancorchè la Convenzione Europea di estradizione non consenta allo Stato richiesto di valutare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria italiana non deve limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata alla domanda estradizionale, ma deve accertare che in essa risultino evocate le ragioni per le quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l’estradando abbia commesso il reato oggetto dell’estradizione.

Conseguentemente, deve ritenersi che, mentre è in ogni caso preclusa all’autorità giudiziaria italiana la diretta valutazione degli indizi di colpevolezza esposti nella documentazione, è compito della stessa accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda di estradizione sia in concreto idonea a rappresentare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l’esistenza di elementi a carico dell’estradando.

A tale controllo si è correttamente attenuta la Corte di appello, che ha dato atto nella sentenza impugnata che dalla documentazione trasmessa figuravano numerosi indizi di colpevolezza a carico dello X., il cui apprezzamento in termini di gravità ed attendibilità restava rimesso all’autorità giudiziaria elvetica.

Nella relazione trasmessa il 2 novembre 2010, il Procuratore pubblico di Lugano ha invero ampiamente esposto i fatti per i quali è richiesta l’estradizione dello X., evidenziando tanto le date quanto i luoghi dei reati per i quali è ricercato ed illustrando altresì i numerosi e gravi indizi di colpevolezza a carico di costui.

Alla luce di tali indizi, la Corte di appello ha valutato le prove allegate dalla difesa, ritenendole non dirimenti, posto che le stesse apparivano prima facie compatibili con l’ipotesi accusatola, non dimostrando con la necessaria evidenza l’innocenza dell’estradando.

Va a tal riguardo ribadito che, nella procedura estradizionale, sono rilevanti le eventuali prove di innocenza dell’estradando, non conosciute dall’autorità giudiziaria dello Stato richiedente e portate la prima volta a conoscenza del giudice italiano, purchè le stesse – proprio per la natura sommaria del controllo ad essa demandato – siano manifeste ed incontrovertibili (Sez. 6, n. 36550 del 01/07/2003, dep. 23/09/2003, Tumino, Rv. 227043).

2. Sulla base di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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