T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 20-04-2011, n. 3470 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 29 settembre 2003 l’on. G.C. ha chiesto l’annullamento della determinazione dell’ Ufficio Acquisiti di Raiuno, datata 17 luglio 2003, con la quale le sarebbe stata preclusa la partecipazione alla trasmissione televisiva "Voci di una notte di mezza estate", nonché della deliberazione del Consiglio di Amministrazione in data 1 aprile 2003 con la quale, a detta della ricorrente, sarebbe stata completamente vietata la presenza dei politici nei programmi di intrattenimento.

Il ricorso è stato affidato alle seguenti censure di diritto:

Violazione e falsa applicazione della legge 14 aprile 1975 n. 103, della legge 6 agosto 1990 n. 233, dell’art. 10 CEDU; eccesso di potere per difetto e/o contraddittorietà della motivazione, illogicità e contraddittorietà manifeste, difetto di istruttoria, mancanza dei presupposti, disparità di trattamento; tutto sotto svariati profili.

Assume in sostanza la ricorrente che, a fronte dell’atto di indirizzo sulle garanzie del pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo adottato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi televisivi in data 11 marzo 2003, e secondo il quale la R. avrebbe dovuto "normalmente" evitare la presenza di politici nei programmi di intrattenimento o comunque giustificarla in ragione della particolare competenza e responsabilità degli invitati su argomenti trattati nel programma, configurando così una finestra informativa nell’ambito del programma di intrattenimento, la R. avrebbe invece disposto, con propria deliberazione del 1 aprile 2003, il divieto assoluto di partecipazione dei politici ai programmi di intrattenimento e, conseguentemente, impedito all’on. C. la partecipazione al programma sopra menzionato; determinando così la violazione delle norme in epigrafe, la violazione dei principi di libertà e pluralismo nell’accesso ai mezzi di comunicazione e la lesione dei diritti della ricorrente di libera manifestazione del pensiero e di esercizio della sua attività professionale.

La delibera impugnata, peraltro, avrebbe illegittimamente imposto alla R., come concessionaria pubblica, obblighi diversi ed ulteriori rispetto a quelli imposti alle concessionarie private, in assenza di congrua motivazione.

Conseguentemente illegittimo, nonchè discriminatorio, sarebbe stato il divieto imposto dalla R. all’on. C. di partecipazione al programma televisivo sopra menzionato.

La ricorrente ha quindi richiesto la condanna della R. al risarcimento dei danni tutti connessi alla mancata partecipazione all’evento televisivo citato.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 7 luglio 2004, la ricorrente ha impugnato altresì i successivi atti, indicati in epigrafe, con i quali la R. le avrebbe, a suo dire, impedito la partecipazione al programma televisivo "Voci di una notte di mezza estate" anche per l’anno 2004, assumendone l’illegittimità in relazione a ragioni sostanzialmente analoghe a quelle già spiegate col ricorso principale e chiedendone quindi l’annullamento, oltre al risarcimento degli ulteriori danni subiti.

Con ulteriori motivi aggiunti, notificati in data 28 ottobre 2010, infine, l’impugnazione è stata estesa agli ulteriori atti, depositati in giudizio dalla R. in data 13 luglio 2010, e indicati in epigrafe.

Si sono costituite in giudizio le parti intimate per resistere al gravame.

La difesa della Rai ha, in particolare, eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice adito e l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

Con ordinanza istruttoria del 28 giugno 2010 il Collegio ha disposto l’acquisizione in giudizio di copia conforme all’originale della determinazione del 17 luglio 2003 con cui sarebbe stata impedita la partecipazione dell’on. C. al programma televisivo de quo, nonchè chiarimenti in ordine ad eventuali determinazioni assunte anche oralmente e di contenuto analogo, e della delibera del Consiglio di Amministrazione della Rai del 1° aprile 2003, nella parte oggetto di impugnazione.

Alla pubblica udienza del giorno 23 febbraio 2011, viste le ulteriori memorie difensive delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

L’on. G.C., nella sua qualità di parlamentare e di soggetto che svolge da tempo la sua attività lavorativa anche come conduttrice di programmi televisivi, ha impugnato il provvedimento con il quale la R., con deliberazione del 1° aprile 2003, ha dato attuazione alla delibera della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza sui servizi televisivi, in data 11 marzo 2003, di indirizzo sulle garanzie del pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo, con la quale è stato raccomandato alla R. di evitare normalmente la presenza di politici nei programmi di intrattenimento e precisando che comunque simile partecipazione debba trovare motivazione nella particolare competenza e responsabilità degli invitati su argomenti trattati nel programma stesso.

Assume la ricorrente che la Deliberazione della R. del 1° aprile 2003, a differenza di quanto statuito nell’atto di indirizzo della commissione parlamentare, avrebbe vietato in maniera assoluta ogni forma di partecipazione di parlamentari a programmi televisivi di intrattenimento e che, in applicazione della stessa, con successiva determinazione dell’Ufficio Acquisiti di R.UNO, datata 17 luglio 2003, le sarebbe stata preclusa la partecipazione alla trasmissione televisiva " Voci di una notte di mezz’estate"; analogamente detta partecipazione le sarebbe stata preclusa anche per il successivo anno 2004.

Le impugnate determinazioni della R., secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbero quindi illegittime in quanto, in primo luogo, la deliberazione generale della R. non avrebbe trasposto correttamente l’atto di indirizzo adottato dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza sui servizi televisivi, traducendo in un divieto assoluto quella che era una mera raccomandazione ad evitare "normalmente" la partecipazione dei politici ai programmi televisivi di intrattenimento; e in quanto, poi, avendo implicato nello specifico la mancata partecipazione alla trasmissione televisiva menzionata, profondamente lesive del diritto della ricorrente di esplicazione della propria personalità attraverso l’esercizio della professione nonchè della sua libertà di espressione del pensiero.

Ciò premesso, in via preliminare va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa della R..

La questione è stata già esaminata dalla Sezione, con sentenza n. 10603 del 2008, che ha definito analogo ricorso proposto avverso la stessa deliberazione del Consiglio d’amministrazione della R. del 1° aprile 2003.

Confermando l’orientamento espresso in quella occasione, il Collegio ritiene che in ordine alla domanda avanzata dall’odierna ricorrente possa essere ribadita la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che la stessa riguarda direttamente determinazioni assunte dalla R. nell’esercizio della sua attività di concessionario di pubblico servizio e che, conseguentemente, si innesta nell’ambito della giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 33 del d. lgs. n. 80/98, così come trasfuso nell’art. 7 della legge n. 205/2000 e come interpretato dalla Corte Costituzionale con le decisioni 6 luglio 2004 n. 204 e 11 maggio 2006 n. 191.

D’altronde, come pure rilevato dalla Sezione nella pronuncia prima richiamata, il fatto che la controversia involga anche questioni attinenti a diritti soggettivi costituzionalmente garantiti non costituisce argomento per potere escludere la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (nella specie in materia di servizi pubblici, quale è quello radiotelevisivo), atteso quanto precisato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 27 aprile 2007 n. 140, secondo la quale non vi è alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.

La R. eccepisce poi l’inammissibilità del ricorso per mancanza di interesse della ricorrente all’annullamento degli atti impugnati, rilevando in particolare che non sarebbe mai stata adottata alcuna determinazione direttamente preclusiva della partecipazione dell’on. C. al programma televisivo "Voci di una notte di mezz’estate"; più in generale, non sarebbe configurabile alcuna posizione soggettiva giuridicamente tutelata ad una organizzazione della programmazione televisiva che veda la partecipazione di un dato conduttore.

In proposito va ricordato che la Sezione, con la sopra richiamata sentenza n. 10603/08, ha escluso la portata immediatamente lesiva della deliberazione della R. del 1° aprile 2003, nuovamente impugnata in questa sede, ritenendola non immediatamente pregiudizievole dell’interesse del ricorrente, in quanto atto meramente programmatico, con conseguente inammissibilità del ricorso per carenza di un interesse attuale all’impugnazione delle medesima fin tanto che essa non sia seguita da atti attuativi e direttamente preclusivi della pretesa di singoli alla partecipazione a specifici programmi televisivi.

Nel caso di specie, la ricorrente assume invece la sussistenza di un interesse immediato e concreto all’impugnazione della citata deliberazione in base ad un duplice presupposto, ritenendo in primo luogo che la deliberazione non sia meramente reiterativa dell’atto programmatico della Commissione parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza sui servizi televisivi, implicando, a differenza di questo, un divieto assoluto di partecipazione dei politici a programmi di intrattenimento radiotelevisivi; e affermando, in secondo luogo, che sarebbe stata comunque seguita da specifici atti, pure impugnati col ricorso principale e con i motivi aggiunti, con cui l’Ufficio Acquisiti di Raiuno e la Direzione Generale della R. avrebbero impedito la partecipazione della ricorrente in qualità di conduttrice al programma "Voci di una notte di mezz’estate" per gli anni 2003 e 2004.

Entrambi i richiamati presupposti sono stati contestati in fatto dalla difesa della R., mentre in particolare la determinazione dell’Ufficio Acquisiti di Raiuno del 17 luglio 2003, oggetto di impugnazione, non è stata prodotta in giudizio dalla ricorrente nè all’atto del deposito del ricorso nè successivamente.

Dall’istruttoria espletata dal Collegio in corso di causa è invece emerso che:

a) la deliberazione sul pluralismo televisivo approvata dal Consiglio di Amministrazione della Rai in data 1° aprile 2003, a differenza di quanto asserito dalla ricorrente, non ha statuito che la presenza dei politici nei programmi televisivi di intrattenimento vada "assolutamente evitata", avendo piuttosto ripetuto la medesima formula contenuta nell’atto di indirizzo programmatico della competente commissione parlamentare con la quale si raccomandava che venisse "normalmente" evitata tale partecipazione, da potersi quindi ritenere consentita proprio nei soli limiti desumibili dall’atto parlamentare;

b) la asserita determinazione dell’Ufficio Acquisiti di Raiuno del 17 luglio 2003, secondo quanto ufficialmente dichiarato dalla R. in esito ai quesiti posti dal Collegio con ordinanza n. 1026/2010, non esiste, non essendo mai stata adottata alcuna determinazione formale nè orale di contenuto corrispondente a quanto lamentato dalla ricorrente, mentre la ricorrente non ha prodotto in giudizio copia di detto atto, limitandosi ad affermare di non esserne in possesso per non averne mai ricevuto copia.

Quanto agli atti oggetto di impugnazione con i motivi aggiunti, e con i quali, a dire della ricorrente, le sarebbe stata preclusa la partecipazione in qualità di conduttrice al programma più volte menzionato per l’anno 2004, osserva il Collegio che si tratta di atti (in particolare si veda la nota del 30 giugno 2004) adottati a seguito di diffida della ricorrente volta ad ottenere un esplicito atto di consenso alla ripresa del programma in caso di sua indicazione come conduttrice del programma, con i quali la R. non ha inteso assumere alcuna determinazione positiva, limitandosi a ribadire di non avere voluto esprimere alcuna indicazione, nè positiva nè negativa, in ordine alla partecipazione dell’on. C. al programma televisivo de quo, anche in ragione della pendenza del ricorso giurisdizionale in ordine alla mancata partecipazione per l’anno precedente. Detti atti, quindi, non hanno uno specifico contenuto precettivo e non sono essi stessi atti impugnabili

Ne consegue, secondo la logica interpretativa già seguita dal Collegio nella sopra menzionata sentenza n. 10603 del 2008 e che si ritiene di potere ribadire in questa sede, l’inammissibilità del ricorso principale e dei motivi aggiunti per carenza di un interesse concreto ad attuale, non risultando essere stato adottato ed impugnato alcun atto della società resistente direttamente preclusivo della pretesa della ricorrente alla partecipazione in qualità di conduttrice al programma televisivo citato per gli anni 2003 e 2004 e continuando quindi ad implicare la determina generale del 1° aprile 2003 una lesività soltanto potenziale.

Nè risulta ovviamente configurabile alcun danno rilevante, causalmente connesso agli atti oggetto di impugnazione.

Vanno quindi dichiarati inammissibili il ricorso principale ed i motivi aggiunti per carenza di un interesse concreto ed attuale all’annullamento degli atti impugnati e, conseguentemente, respinta la domanda di risarcimento del danno.

Sussistono, nondimeno, giusti motivi, considerata anche la definizione del giudizio in punto di ammissibilità, per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti, li dichiara inammissibili; respinge la domanda di risarcimento del danno.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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