Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-04-2011) 22-04-2011, n. 16170 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1- La difesa di A.S. propone ricorso avverso l’ordinanza del 23/11/2010 con la quale il Tribunale del riesame ha respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di quel Tribunale in ordine al reato di cui all’art. 73, aggravato D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 80, lamentando violazione di legge sostanziale e processuale, in relazione agli artt. 178 e 179 c.p.p., art. 391 c.p.p., comma 3, art. 558 c.p.p., commi 1, 4 e 8, art. 162 disp. att. c.p.p., commi 2 e 3, R.D. n. 12 del 1941, art. 72, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione.

Si rileva in fatto che, pur in assenza del P.m., all’udienza di convalida il vice procuratore onorario delegato aveva contestato l’aggravante non previamente indicata, senza consultazione del magistrato togato. Sottolineando la natura eventuale della presenza del P.m. in quella fase, potendo l’arrestato essere presentato dalla polizia giudiziaria, si ritiene che non sia riservata a tale momento la specificazione dell’imputazione, e, conseguentemente si esclude la possibilità che l’accusa venga modificata o ampliata nel corso di tale udienza. Si ritiene pertanto che il vice procuratore onorario sia privo del potere di agire nel senso indicato, essendogli delegata dalla legge solo la partecipazione all’udienza, e conseguentemente essendo limitate le sue possibilità di intervento a quanto espressamente previsto dall’art. 72 R.D. cit..

Si assume integrata pertanto una nullità insanabile, per effetto dell’esercizio del potere eccedente le proprie competenze da parte del vice procuratore onorario delegato ad assistere all’udienza, con effetto sulla validità dell’atto di convalida. Ove volesse ritenersi tale eventualità non integrante la nullità riguardante l’esercizio dell’azione penale, si prospetta la nullità di cui all’art. 180 c.p.p. avendo agito al di fuori della delega.

In argomento la motivazione del Tribunale del riesame, che ha rilevato la mancata obbligatorietà di consultazione del P.m. titolare rivela, secondo l’impugnante, assenza dell’apparato logico giuridico della motivazione richiesta dalla legge, e quindi risulta affetta dai vizi di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione ai quali si sollecita l’annullamento della pronuncia impugnata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato. Si deve ritenere che il vice procuratore onorario, munito di rituale delega per l’udienza di convalida ed il successivo giudizio direttissimo sia sicuramente legittimato a svolgere tutte le attività che possono prevedersi nel corso dell’udienza in forza dell’art. 162 disp. att. c.p.p., posto che la disposizione richiamata prevede come mera eventualità l’ipotesi che egli consulti il delegante in specifiche situazioni, prevedendo correlativamente all’esercizio di tale facoltà la possibilità, e non l’obbligo, del giudicante di rinviare il procedimento.

Dalla previsione di tali consultazioni in termini meramente potenziali deve evincersi che di norma la delega conferita autorizza il vice procuratore a configurare l’accusa in termini più congeniali alla fattispecie, per come questa si prospetta, anche sulla base dei chiarimenti forniti dagli agenti e dall’interrogato in sede di convalida.

L’interpretazione richiamata risulta pacifica sulla base del tenore letterale della disposizione; del resto, nel senso della ampiezza del potere di delega, si sono espresse con recentissima pronuncia le sezioni unite di questa Corte (Sez. U. n. 13716 ud 24/02/2011 dep 06/04/2011, imp. Fatihi) che hanno individuato l’oggetto della delega come chiaramente riferita alla più ampia previsione sui poteri conferiti al vice procuratore, in particolare indicando nell’atto, in relazione al processo, la specifica legittimazione che ai magistrati ordinari deriva dall’immissione nell’ordinamento giudiziario. Si è osservato che il contenuto della delega è circoscritto dall’ordinamento giudiziario e non può essere determinato dalle specifiche disposizioni del procuratore della Repubblica, e costituisce il fondamento del potere conferito, non potendone delimitare l’ambito, tanto che, ove siano apposti limiti o condizioni all’esercizio di tale potere questi debbano considerarsi come non apposti. La pronuncia è stata sollecitata solo a seguito delle oscillazioni giurisprudenziali in merito alla possibilità che la delega potesse anche non espressamente includere la partecipazione alla convalida, per il rilievo conferito alla libertà personale dell’imputato, e che anche su tale più limitato aspetto è stato ritenuto superato l’eccepito difetto di legittimazione; ciò non può che condurre nella specie, a pronunciarsi nel senso dell’infondatezza del motivo di ricorso.

Per completezza si ritiene opportuno sottolineare anche la fallacia dell’argomentazione difensiva fondata sulla pretesa non indefettibilità della presenza del P.m. durante la convalida, posto che nella specie si era in presenza di contestuale definizione dell’accusa in vista del successivo giudizio direttissimo, fase processuale in cui la presenza del P.m. è essenziale, ed è disciplinata dall’art. 558 c.p.p..

2. Sulla base di tali osservazioni si deve concludere che nel caso, di specie, nel quale non è posto in discussione il potere conferito riguardo l’udienza di convalida, ma il potere di contestare l’aggravante del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 80, non può che concludersi per l’infondatezza del motivo di ricorso, essendo espressamente prevista dalla lettera dell’art. 162 cit. che il vice procuratore delegato possa procedere a nuove contestazioni, dopo che gli sia stato presentato l’arrestato in udienza, ai sensi dell’art. 163 disp. att. c.p.p. applicabile nel caso come quello in esame, ove la convalida era potenzialmente prodromica al giudizio direttissimo, cui non è stato dato immediatamente seguito per la rilevata competenza dell’organo collegiale, a seguito della contestazione dell’aggravante.

3. Il ricorso va pertanto rigettato; per l’effetto il ricorrente è tenuto al pagamento delle spese del grado, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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