Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-04-2011) 22-04-2011, n. 16161

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di D.F.B.M. propone ricorso avverso la sentenza del 20/10/2008 della Corte d’appello di Milano che ha confermato la sua condanna per il delitto di calunnia.

La vicenda riguarda la denuncia di furto assegni proposta dall’impiegato di banca telematica, di cui si riteneva responsabile D.F., marito della titolare del conto, ai sensi dell’art. 48 c.p, in quanto risultato emittente degli assegni in epoca immediatamente precedente e successiva a tale denuncia.

Nel ricorso, dopo aver osservato che si era giunti in primo grado all’assoluzione della moglie del D.F., ritenendo insufficiente la prova di un suo coinvolgimento nell’illecito, si lamenta mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge penale, assumendo a fronte di tale valutazione, illogica l’attribuzione dell’azione al D.F. con la doverosa certezza.

Quanto alla violazione della legge penale, si ritiene necessario ricondurre la responsabilità dell’accaduto all’impiegato che aveva presentato denuncia, il quale prima di formalizzare tale istanza di punizione avrebbe dovuto acquisire maggiori informazioni a riguardo, non potendosi, in ragione di tale mancanza di cautele, attribuire al ricorrente l’iniziativa dell’attività, presupposto del reato ritenuto, mentre al D.F. non avrebbe potuto in ogni caso attribuirsi la consumazione dell’atto tipico, non avendo egli riferito alcunchè all’autorità tenuta ad inoltrare la denuncia.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile. Va osservato infatti che, al di là della valutazione sull’assoluzione in favore della moglie dell’odierno ricorrente, intestataria del conto, intervenuta sulla base della pretesa difficoltà di sicura individuazione in quella persona della dichiarante lo smarrimento dei titoli, segnalato con comunicazione telefonica, quel che individua la responsabilità di D.F. è la spendita degli assegni da lui eseguita sia prima che dopo tale segnalazione; tale circostanza di fatto, specificamente richiamata nella pronuncia impugnata, da conto dell’inattendibilità dell’indicata mancata ricezione del libretto inviato dalla banca per posta, sulla base della quale il funzionario della banca fu indotto a presentare denuncia.

Ne consegue che se poteva risultare non pienamente provata l’identità della dichiarante lo smarrimento, per effetto del collegamento dell’azione alla sua persona intervenuto esclusivamente sulla base della titolarità di un numero telefonico, la condotta del D.F., chiaramente descritta dal prenditore degli assegni, unico per tutti i titoli, che rimase peraltro insoddisfatto del suo cospicuo credito, fuga ogni dubbio circa l’identificabilità della persona cui ricondurre l’interesse alla falsa dichiarazione, e consente di valutare coerente la motivazione della pronuncia impugnata.

E’ del tutto pacifico in fatto che debba ricondursi ai sensi dell’art. 48 c.p. la responsabilità della falsa denuncia a colui che maliziosamente predisponga quanto occorre perchè taluno possa essere incriminato per un determinato reato, qualora a seguito di siffatto operato venga sporta denunzia all’autorità giudiziaria da parte di chi di dovere (Sez. 6, n. 6221 del 28/05/1985, dep. 20/06/1985, imp. Di Giugno, Rv. 169848) e nella specie le circostanze di fatto della spendita dei titoli smarriti impone di collegare a lui, sia tramite sua moglie, o altra donna non identificata, la condotta contestata, come coerentemente esposto nella sentenza, che va ritenuta pertanto immune dai vizi denunciati.

2. Inammissibile, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3 è il secondo motivo di ricorso, non risultando la circostanza ivi indicata oggetto di censura nel gravame di merito proposto.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma in favore della Cassa delle ammende, determinata come in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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