T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 20-04-2011, n. 3488 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Vista l’ordinanza n. 1029 del 3.3.2010 con cui l’istanza di sospensiva del provvedimento impugnato era stata rigettata in quanto l’atto di diniego appariva adeguatamente ed autonomamente motivato con riferimento alla condanna subita dal ricorrente con sentenza di condanna del 12.12.2006, divenuta irrevocabile il 27.1.2007, per il reato commesso il 10.11.2005 – per grave reato (detenzione a fini di "spaccio" di 100 grammi di cocaina) avente natura ex se ostativa al conseguimento del provvedimento richiesto art. 4 co.3 del d.lvo n. 286/98 e che non è a tutt’oggi intervenuto alcun provvedimento di riabilitazione;

Considerato che l’istante ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, richiede la revoca della predetta ordinanza, che assume fondatoa su una mera denuncia per spaccio del ricorrente, anche sulla base del decreto di archiviazione da parte del GIP di Roma del 1.9.2009;

Considerato che il ricorso in esame è palesemente infondato in quanto affidato ai motivi di censura (1) vizio della notifica degli atti impugnati per non essere stati notificati personalmente all’interessato; 2) contraddittorietà rispetto ad un precedente provvedimento di diniego fondato unicamente sulla mancanza del possesso del requisito reddituale prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno; 3) mancata valutazione dell’inserimento sociolavorativo e delle esigenze familiari; 4) mancata e/o erronea valutazione dell’effettiva pericolosità sociale attuale) che vanno disattesi in quanto: 1) il provvedimento di rigetto dell’istanza è stato notificato personalmente all’interessato, come attestato nella relata di notifica; il rigetto del ricorso gerarchico è stato legittimamente notificato all’avvocato che l’ha proposto; 2) la PA può sempre addurre fino a conclusione del procedimento di rilascio del permesso di soggiorno l’esistenza di fattori ostativi – nella fattispecie l’ulteriore motivo ostativo della incensuratezza in sede di riesame del possesso dei requisiti prescritti – non appena riscontratane la sussistenza, non rilevando la mancata rilevazione in prima battuta, – e può anche porre i medesimi a fondamento di un provvedimento di revoca del permesso eventualmente già rilasciato – non essendo previsto al riguardo alcun termine di decadenza; 3) la valutazione di eventuali circostanze favorevoli non esime l’Autorità procedente dal rigettare l’istanza di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno nel caso di condanna dell’istanza per un reato particolarmente grave e considerato ex se sintomatico di pericolosità sociale, qual è quello di cui all’art. 73 co. 1 del DPR 309 del 9.10.1990 commesso dal ricorrente – come risulta dal certificato del casellario giudiziale depositato dalla resistente in data 2.3.2010, attestante una sentenza di condanna del 12.12.2006, divenuta irrevocabile il 27.1.2007, per il reato commesso il 10.11.2005 – dallo stesso legislatore che espressamente lo contempla come fattore preclusivo, sicchè il rigetto dell’istanza appare per la PA un atto dovuto, non residuando alcuno spazio per la valutazione discrezionale di eventuali esigenze familiari; l’omessa valutazione di queste ultime non inficia perciò la validità dell’atto impugnato, non potendo essere considerate dalla PA al fine di disattendere il chiaro disposto normativo (le stesse possono piuttosto essere rappresentate dall’interessato davanti al Tribunale per i minorenni per ottenere l’autorizzazione all’ingresso o la permanenza del familiare "anche in deroga alle altre disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero" ai sensi dell’art.31, comma 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n.286, ma non consentono all’Autorità di P.S. – in mancanza di determinazioni assunte dal suddetto Tribunale ed in mancanza di una pronuncia di riabilitazione – di adottare i provvedimenti di sua competenza in violazione della disciplina in materia d’ingresso, soggiorno ed allontanamento dei cittadini extracomunitari dal territorio dello Stato); 4) la sussistenza del fattore ostativo sopraindicato costituisce ragione sufficiente del diniego del permesso di soggiorno e non consente alla PA di effettuare alcuna autonoma valutazione dell’effettiva pericolosità sociale nel caso concreto dell’interessato, trattandosi di atto vincolato;

Considerato, peraltro, che nella fattispecie in esame la PA aveva invece fondato il provvedimento impugnato anche sul giudizio negativo sulla persistente pericolosità sociale del ricorrente, ritenuto ancora in contatto con soggetti che operano nel traffico internazionale di stupefacenti e che tale ulteriore, autonomo, motivo ostativo posto a fondamento dell’impugnato provvedimento di diniego, è di per sé valido a sorreggere l’atto impugnato e che, peraltro, appare confermato dallo stesso decreto di archiviazione penale del 1.9.2009 depositato in data 1.12.2010, relativo ad una ulteriore denuncia per reato del medesimo tipo, da cui si evince il persistente collegamento con il mondo del traffico di droga e lo sfruttamento della prostituzione;

Ritenuto conclusivamente che il ricorso risulti palesemente infondato e debba quindi essere respinto addossando le spese, liquidate come in motivazione, alla parte soccombente;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di giudizio, liquidate nella misura di Euro 500,00 (cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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