Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-02-2011) 22-04-2011, n. 16141 Applicazione della pena ebbrezza patente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di A.S. avverso la sentenza emessa in data 18.3.2010 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal GIP del Tribunale di Lucca con la quale veniva applicata all’ A., con circostanze attenuanti generiche, la pena condizionalmente sospesa, di mesi tre e giorni 20 di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, sostituita quella detentiva in Euro 5.680,00 di ammenda, oltre alla sospensione della patente di guida per mesi diciotto per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 1 e comma 2 lett. c).

Deduce la violazione di legge in relazione all’art. 222 C.d.S., comma 2 bis ed il vizio motivazionale, atteso che il GIP aveva applicato la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per mesi 18 discostandosi sia da quanto stabilito al riguardo nell’accordo ex art. 444 c.p.p. con richiamo all’art. 222 C.d.S., comma 2 bis sia rispetto a quanto irrogato dal decreto penale opposto, applicando anche un aumento di ben due volte superiore al pattuito tra le parti.

Eccepisce, in subordine, l’illegittimità costituzionale dell’art. 186 C.d.S., comma 2 in relazione agli artt. 3 e 111 Cost. nella parte in cui non prevede l’applicabilità del disposto dell’art. 222 C.d.S., comma 2 bis.

Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

E’ stata depositata una memoria "integrativa" nell’interesse del ricorrente che, oltre a ribadire l’eccezione di incostituzionalità sopraindicata, eccepisce la modifica dell’art. 186 C.d.S. ad opera della L. n. 120 del 2010 laddove, introducendo il comma 9 bis, ha previsto, quale causa di estinzione del reato, l’ammissione ai lavori di pubblica utilità attraverso la prestazione di attività lavorativa non retribuita, sostenendo che, in caso di rigetto questa Corte, potrebbe inviare l’intero fascicolo al Giudice di prime cure perchè ivi il prevenuto possa presentare la relativa istanza di ammissione ai lavori di pubblica utilità.

Il ricorso è inammissibile essendo le censure manifestamente infondate.

La durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per il reato contestato variava per il reato di specie da uno a due anni, sicchè la durata di mesi diciotto con il richiamo al criterio dell’equità deve ritenersi corretta ed esaustiva. Infatti, si è ritenuta "sufficientemente motivata, e si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità, la sentenza che, per la determinazione della durata della sospensione della patente di guida richiami il criterio dell’equità, poichè in tal modo dimostra di avere effettuato una analisi globale comprensiva dell’entità del fatto e della personalità dell’imputato" (Cass. pen. Sez. 4, n. 37028 del 3.6.2008, Rv. 241959).

Nè occorre che nella richiesta di patteggiamento sia stata fatta menzione della sanzione amministrativa, giacchè essa non può formare oggetto dell’accordo tra le patti, limitato alla pena, e consegue di diritto alla sollecitata pronuncia (Cass. pen. Sez. 4, n. 27931 del 5.5.2005, Rv. 232015).

Inoltre, è stato affermato che "la diminuzione fino ad un terzo della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, prevista dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 222, comma 2 bis, deve ritenersi limitata ai casi di sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i reati d’omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale" (Fattispecie in tema di sospensione della patente di guida per illeciti di cui all’art. 189 C.d.S., commi 6 e 7) (Cass. pen. Sez. 4, 3.7.2009, n. 41810, Rv 245451).

Infine, l’eccezione d’incostituzionalità dell’art. 186 C.d.S., comma 2 è manifestamente infondata, poichè si pretende di introdurre in una norma che disciplina uno specifico reato con relative pene principali ed accessorie, la disciplina prevista per la sanzione amministrativa prevista per una violazione del codice della strada da cui conseguano danni alle persone e segnatamente il diverso reato di lesioni e di omicidio colposo: si verte, quindi, all’evidenza, nell’ambito di fattispecie ben diverse tra loro soggette a al corrispondente diverso trattamento sanzionatorio principale ed accessorio e per le quali è dunque del tutto inconferente il richiamo al principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.. Tanto meno è ravvisabile una violazione dell’art. 111 Cost. i cui termini non sono stati esplicitati neanche dal ricorrente. L’inammissibilità del ricorso, non consentendo l’instaurazione di un valido rapporto processuale, preclude l’esame delle ulteriori richieste avanzate con la memoria integrativa, peraltro adducibili solo con eventuali, e non proposti, motivi nuovi e non rilevabili d’ufficio ex art. 2 c.p., comma 4, fondandosi su una modifica del trattamento sanzionatorio meramente alternativa, non oggettivamente più favorevole e comunque riservata all’esclusiva discrezionalità del giudice di merito.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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