T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 20-04-2011, n. 594 radio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è un’emittente radiofonica comunitaria locale.

Con Decreto Ministeriale 2/3/1994 ha ottenuto la concessione per l’esercizio della radiodiffusione sonora privata in ambito locale con la denominazione di R.V., per una potenza di emissione autorizzata pari a 5000 Watt.

Riferisce la Fondazione dell’avvio di un procedimento penale a carico di tutte le emittenti in possesso di antenne collocate sul Monte Maddalena, per la presunta emissione di onde elettromagnetiche in valori superiori a quelli assentiti dal D.M. 381/98. Il processo di primo grado si è concluso con l’assoluzione della legale rappresentante di R.V. "per non avere commesso il fatto" (cfr. estratto sentenza 7/7/2008 n. 2952 – doc. 5).

Puntualizza poi la ricorrente che, in via prudenziale e cautelativa, la potenza di esercizio in uscita dal trasmettitore è stata comunque ridotta a 1900 watt, rispetto ai 5000 dichiarati ex L. 223/90 ed effettivamente concessi. Per quanto riguarda l’altezza, sottolinea che il gestore del traliccio ha posto in essere interventi di ristrutturazione che hanno condotto a posizionare l’antenna a 50 metri s.l.m.; sostiene poi che detta circostanza – non implicante modifiche della panoramica irradiativa del sistema radiante – era nota al Ministero fin dal 2005 e su di essa non ha mai mosso alcuna obiezione.

Nell’ottobre del 2008 – nell’ambito dell’inchiesta penale – è stato eseguito il sequestro probatorio di tutti gli impianti, e non è stato più possibile accedere al sito sino alla data del dissequestro (28/5/2009). Il 15/10/2008 un sopralluogo compiuto dall’Ispettorato territoriale (doc. 7) permetteva di accertare i fatti poi assunti a sostegno del provvedimento impugnato, emesso malgrado le obiezioni del tecnico delegato dall’emittente.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la Fondazione impugna il provvedimento in epigrafe, deducendo l’illegittimità per violazione di legge, poiché la riduzione della potenza in uscita dal trasmettitore è avvenuta nell’agosto 2008 in via provvisoria e cautelativa, ed il successivo sequestro conservativo penale ha impedito la libera utilizzabilità dell’impianto, mentre oggi sarebbe possibile ripristinare le originarie modalità di trasmissione: in particolare l’amministrazione impone di modificare – in senso peggiorativo rispetto all’abilitazione conseguita – il contenuto delle schede tecniche allegate all’atto concessorio originario, quando poteva ordinare il ripristino delle originarie modalità (ossia a 5000 Watt di potenza).

In esito all’attività istruttoria disposta con ordinanza della Sezione 31/7/2009 n. 143 l’Ispettorato chiarisce che l’emanazione del provvedimento ha natura vincolata dopo le conclusioni raggiunte dalla Conferenza di servizi svolta tra Comune di Brescia, A.R.P.A. e Ministero per affrontare la situazione di inquinamento elettromagnetico: in particolare qualora ciascuna emittente ripristinasse le potenze iniziali si supererebbero nuovamente i valori di inquinamento.

Con la memoria del 29/7/2009 la ricorrente sostiene che:

a) l’efficienza degli impianti può venir meno per un depotenziamento provvisorio e volontario in attesa di risanare i problemi di elettrosmog, ma tale condotta non è sanzionabile in via immediata: il T.U. della Televisione (D. Lgs. 177/2005) esige all’art. 52 una preventiva contestazione degli addebiti, una diffida e – solo in caso di perdurante inerzia – l’emanazione del provvedimento di revoca o riduzione di potenza, ove la regolarizzazione non abbia luogo entro 6 mesi dall’ingiunzione;

b) l’abbassamento di potenza disposto è viziato per difetto di istruttoria e di motivazione, poiché l’atto genera una perdita di area di servizio e di valore commerciale della quale non si è tenuto in alcun modo conto;

c) la deliberazione della Conferenza di servizi 18/7/2007 è invalida per l’omesso coinvolgimento dei gestori degli impianti;

d) l’innalzamento è una modifica marginale che non necessita di autorizzazione, ed è scorretta l’indicazione di un aumento da 19 a 50 metri s.l.m., poichè in realtà si registra il passaggio da 809 a 840 metri.

Nella stessa memoria del 29/7/2009 parte ricorrente svolge ulteriori doglianze:

e) violazione dell’art. 7 della L. 241/90;

f) Violazione dell’art. 52 comma 3 del D. Lgs. 177/2005;

g) Difetto di istruttoria, poiché l’inefficienza degli impianti può essere giustificata da una ragione obiettiva, così come nella fattispecie per la costanza dei procedimenti penali;

h) Ingiustizia manifesta, in quanto l’Ispettorato riconosce una potenza "di partenza" inferiore a quella ab origine assentita, senza che sia emerso alcun interesse pubblico prevalente;

i) Falsità dei presupposti, poiché nella Conferenza servizi del 18/7/2007 l’ARPA aveva individuato un aumento (e non una diminuzione) dei valori di emissione nonché la presenza di impianti neppure autorizzati.

Con ordinanza n. 640 adottata nella Camera di Consiglio del 15/10/2009 questo Tribunale ha accolto, ai fini di un riesame e limitatamente alla riduzione di potenza, la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.

Nella memoria finale del 21/4/2010 parte ricorrente insiste per il riconoscimento integrale della propria pretesa.

Con produzione documentale del 22/4/2010 il Ministero esibisce la nota 16/4/2010, di riapertura del procedimento in esito all’ordinanza cautelare. L’amministrazione propone il ripristino dei 5000 Watt di potenza nominale, mentre per quanto concerne l’altezza del centro sistema radiante dal suolo suggerisce di certificare l’impianto con le condizioni radioelettriche verbalizzate il 15/10/2008, ovvero di mantenere i 50 metri con una potenza ridotta a 1900 Watt, poiché il ripristino dell’operatività dell’impianto a 5.000 Watt (a 50 metri appunto) provocherebbe l’incremento dell’area di servizio censita.

Dopo il rinvio della causa disposto su istanza di parte ricorrente nelle udienze fissate per il 13/5/2010 e per l’11/11/2010, e l’ulteriore spostamento di 15 giorni per l’adesione del difensore della Fondazione allo sciopero proclamato dai rappresentanti degli avvocati e coincidente con l’udienza del 16/3/2011, alla pubblica udienza del 30/3/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

La ricorrente censura il provvedimento dell’Ispettorato territoriale Lombardia che ha intimato il ripristino dell’altezza del sistema radiante a 19 metri s.l.m., e la prosecuzione dell’attività dell’impianto con la potenza rinvenuta di 1900 Watt (in luogo dei 5000 Watt dichiarati), con la predisposizione delle nuove schede tecniche b e c.

1. E’ fondato il primo profilo di ricorso dedotto nell’atto introduttivo, riferito all’immotivata riduzione della potenza in uscita dal trasmettitore – sulla scia di quella disposta dalla radio nell’agosto 2008 in via provvisoria e cautelativa (mentre il successivo sequestro conservativo penale ha impedito la libera utilizzabilità dell’impianto) – quando è ben possibile ripristinare le originarie modalità di trasmissione.

1.1 L’art. 52 comma 3 del D. Lgs. 177/2005 dispone in effetti che "In caso di mancato rispetto dei princìpi di cui all’articolo 42, comma 1, o comunque in caso di mancato utilizzo delle radiofrequenze assegnate, il Ministero dispone la revoca ovvero la riduzione dell’assegnazione. Tali misure sono adottate qualora il soggetto interessato, avvisato dell’inizio del procedimento ed invitato a regolarizzare la propria attività di trasmissione non vi provvede nel termine di sei mesi dalla data di ricezione dell’ingiunzione". I principi richiamati dalla disposizione afferiscono all’uso efficiente dello spettro elettromagnetico e tra essi sono contemplati (tra gli altri) gli obblighi di "garantire l’integrità e l’efficienza della propria rete", "minimizzare l’impatto ambientale in conformità alla normativa urbanistica e ambientale nazionale, regionale, provinciale e locale", "evitare rischi per la salute umana, nel rispetto della normativa nazionale e internazionale", "garantire la qualità dei segnali irradiati, conformemente alle prescrizioni tecniche fissate dall’Autorità ed a quelle emanate in sede internazionale", "assicurare adeguata copertura del bacino di utenza assegnato e risultante dal titolo abilitativo".

1.2 L’Amministrazione ha inteso fare uso del potere di "riduzione" dell’assegnazione, a seguito dell’inutilizzo della potenza dichiarata ex L. 223/90, ma avrebbe dovuto concedere alla ricorrente un termine minimo di sei mesi per regolarizzare le proprie trasmissioni (cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 21/4/2009 n. 945). Quanto al superiore profilo dell’inquinamento elettromagnetico – sfociato nel procedimento penale e nelle determinazioni concertate in sede di Conferenza di servizi – di esso il provvedimento impugnato non fa menzione, salvo il mero richiamo alla vicenda penale in corso e alla Conferenza di servizi tenutasi il 18/7/2007. In buona sostanza la riduzione della potenza non è in alcun punto del provvedimento 17/4/2009 assistita da un apparato motivazionale minimo, che illustri il rischio del superamento dei valorisoglia di inquinamento (evocato solo con la nota del 23/7/2009 resa in esito all’ordinanza istruttoria). Detti elementi, congiuntamente considerati, rendono necessaria una riedizione del potere nel rispetto della previsione legislativa già citata e dell’obbligo di esaustiva motivazione degli atti amministrativi.

1.3 Del resto il Ministero, con la nota 16/4/2010 già citata nell’esposizione in fatto, ha già riaperto il procedimento amministrativo dando esecuzione alla misura cautelare, senza che tuttavia l’attività intrapresa dall’Ente intimato a seguito del remand comporti l’improcedibilità del ricorso, poiché diversamente opinando la dovuta ottemperanza ad un ordine giudiziale si trasformerebbe per l’amministrazione in una rinuncia coatta al proprio diritto di difesa in giudizio (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II – 7/9/2006 n. 8092). Peraltro osserva il Collegio che da un lato non è ancora stato emanato alcun atto definitivo in esito al riesame, e dall’altro che la propria ordinanza n. 640/2009 era puntuale, articolata e a contenuto prescrittivo, e dunque l’attività susseguente dell’amministrazione è qualificabile come un facere meramente adempitivo e provvisorio (cfr. sentenza Sezione 30/7/2008 n. 843).

Sul punto, viceversa, non trova riscontro quanto affermato dal legale di parte ricorrente all’udienza dell’11/11/2010, ossia che la nota dell’amministrazione in atti relativa al riavvio del procedimento si riferirebbe ad altro impianto: infatti il codice del procedimento è identico nelle note 16/4/2010 e in quella impugnata del 17/4/2009 (ossia ITL/IV/09034/GRZ/6043), le quali contemplano dunque la stessa vicenda controversa, mentre non sono affiorati elementi di segno opposto o comunque capaci di suscitare dubbi.

2. Le ulteriori doglianze sono in parte inammissibili.

2.1 In linea generale, nel giudizio amministrativo sono inammissibili le censure dedotte in memoria, non notificata alla controparte, sia quando siano completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo, ma anche quando – pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto – introducano elementi nuovi ovvero in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio, essendo affidato alla memoria difensiva il compito di mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame e non anche di ampliamento del "thema decidendum" (cfr. T.A.R. Basilicata – 14/1/2011 n. 35; T.A.R. Liguria, sez. I – 25/10/2010 n. 10015; T.A.R. Campania Napoli, sez. I – 8/7/2010 n. 16615).

2.2 Alla luce di tale principio possono ritenersi specificazione del profilo sinteticamente esposto nel gravame introduttivo le doglianze – di cui alla memoria del 29/7/2009 – già sintetizzate nella parte in fatto alle lett. a) ed f), ove si fa riferimento all’art. 52 comma 3 del D. Lgs. 177/2005, che si può ritenere (implicitamente) collegato alla dedotta illegittimità di una modifica in pejus che inibisca il ripristino della potenza in origine assentita. Ad identica conclusione si può pervenire per le contestazioni di cui alle lett. b) e g), per le quali il difetto di motivazione e di istruttoria è allargato all’omessa considerazione della perdita del valore commerciale della radio e alla circostanza che la riduzione era giustificata dalla pendenza dei procedimenti penali. Dette questioni possono dunque riconnettersi alla doglianza esaminata al precedente punto 1.

2.3 Non può viceversa ammettersi l’allargamento del "thema decidendum" a vizi procedimentali della Conferenza di servizi del 18/7/2007 (censura lett. c), alla mancata ponderazione di elementi asseritamente emersi in esito a detta Conferenza (lett. i), alla violazione dell’art. 7 della L. 241/90 (lett. e, pur se la questione è in realtà assorbita dall’accoglimento del primo motivo di cui sopra), all’omessa esternazione di interessi pubblici prevalenti (lett. h).

2.4 L’ultimo elemento controverso riguarda la riduzione dell’altezza dell’antenna. Nella memoria del 29/7/2009 parte ricorrente rileva che l’innalzamento integra una trascurabile modifica che non esige uno specifico atto autorizzatorio, e che è scorretta l’indicazione di un aumento da 19 a 50 metri s.l.m. poichè si deve ragionare in termini di passaggio da 809 a 840 metri. Successivamente, con la memoria del 21/4/2010 – in sede di commento al contenuto dell’ordinanza cautelare di accoglimento parziale – la Fondazione lamenta che il profilo dell’altezza è stato ritualmente contestato nel ricorso introduttivo, per poi essere sviluppato nella memoria successiva.

2.5 Ad avviso del Collegio i passaggi dell’atto introduttivo del gravame che affrontano il tema dell’altezza hanno carattere meramente descrittivo, senza individuare con sufficiente chiarezza vizi di legittimità. Tuttavia, anche in adesione alla prospettazione della Fondazione ricorrente, il motivo si rivela infondato nel merito.

2.6 Non può condividersi infatti il rilievo per cui la modifica dell’altezza non incide sulla panoramica irradiativa, se non altro perché l’innovazione deve essere apprezzata nella sua interezza, unitamente al possibile sfruttamento della potenza massima consentita (5000 Watt in luogo dei 1900 attuali). Detta "combinazione" può creare quella vicenda problematica che l’amministrazione intende affrontare nel nuovo procedimento intrapreso, al quale parte ricorrente è tenuta a partecipare attivamente. A fronte di tale rischio, appunto da approfondire nel contraddittorio prima di un nuovo atto conclusivo, non hanno pregio né il rilievo del ritardo dell’intervento del Ministero né la scorretta indicazione dell’incremento di altezza (da 809 a 840 metri e non da 19 a 50) perché comunque la contestuale maggiorazione di potenza ed altezza crea una situazione di fatto del tutto diversa da quella originaria.

In conclusione il gravame è in parte fondato, in parte infondato e in parte inammissibile.

La parziale soccombenza reciproca giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe, e per il resto lo dichiara in parte infondato e in parte inammissibile.

Spese compensate.

Ordine che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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