Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-02-2011) 22-04-2011, n. 16159

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del 7 aprile 2008 con cui il Tribunale aveva condannato P.F. alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione, con i doppi benefici, in ordine al reato di cui all’art. 81 cpv. c.p. e art. 346 c.p., comma 2, per avere millantato credito presso impiegati del Ministero della Salute, che avrebbero garantito e accelerato l’emissione di decreti di riconoscimento del titolo conseguito in Romania ai fini dell’esercizio della professione di infermiere in Italia, facendosi dare per questo interessamento, da C.G., per conto di alcune infermiere rumene, la somma complessiva di Euro 3.370,00, parte della quale sarebbe dovuta essere destinata a funzionari del Ministero.

2. – Contro la sentenza d’appello l’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, ha presentato ricorso per cassazione.

Con il primo motivo è stata riproposta la violazione dell’art. 521 c.p.p., già dedotta in appello e ritenuta infondata dai giudici territoriali, in quanto l’imputato risulta esser stato condannato in relazione all’art. 346 c.p., comma 2, nonostante l’imputazione non avesse mai fatto riferimento alla necessità di "dover comprare il favore dei funzionari", limitandosi a contestare il millantato credito in relazione alla fattispecie prevista dal comma 1 dell’articolo citato.

Con il secondo motivo viene denunciata la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, rilevando che la sentenza non avrebbe tenuto in considerazione le dichiarazioni rese dalle infermiere rumene che non hanno mai fatto riferimento all’imputato come ad un millantatore; inoltre, si osserva che il P. svolgeva effettivamente un’attività riconosciuta dal Ministero della Salute; infine, i giudici avrebbero trascurato quanto dichiarato dallo stesso imputato, che non ha mai negato di avere percepito il denaro, specificando che si trattava del suo compenso per l’attività svolta, mentre avrebbero ritenuto credibile il solo C., la cui posizione peraltro non è mai risultata chiara.

Con il terzo motivo viene eccepita la prescrizione del reato.

3. – Preliminarmente deve rilevarsi che il reato contestato all’imputato è prescritto, essendo stato commesso il (OMISSIS).

Nella specie il termine massimo di prescrizione è quello di 7 anni e 6 mesi previsto dal combinato disposto degli artt. 157 e 161 c.p., come modificati dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251. Calcolando il periodo di sospensione del termine di prescrizione – pari a sessanta giorni – il reato è comunque prescritto al 27 novembre 2009.

Il Collegio non ritiene di dover esaminare il motivo con cui il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza per violazione dell’art. 521 c.p.p., in quanto in presenza di una causa di estinzione del reato, la sussistenza di una nullità di ordine generale non è rilevabile nel giudizio di legittimità, perchè l’inevitabile rinvio al giudice del merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (Sez. un., 28 novembre 2001, n. 1021, Cremonese).

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 1, la sentenza impugnata deve essere annullata non potendosi procedere nei confronti dell’imputato per la suddetta causa di estinzione del reato e dovendosi escludere che il gravame sia fondato su motivi inammissibili all’origine, stante i contenuti delle censure mosse, il cui argomentare, però, consente di escludere la prova evidente dell’insussistenza del fatto, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo ( art. 129 c.p.p., comma 2).

La Corte d’appello ha ritenuto del tutto credibile C. G., dalla cui denuncia è originato il presente procedimento:

questi, che svolgeva la professione di fisioterapista in un studio associato e che aveva già avviato una serie di pratiche amministrative presso il Ministero della Salute per far ottenere il riconoscimento in Italia del titolo di studio ad alcune infermiere rumene che avrebbero potuto lavorare presso il suo stesso studio, ha riferito di esser stato messo in contatto con P.F. da Co.Co., che glielo presentò come avvocato, sposato con una rumena e con interessi anche in Romania, in grado di risolvere gli intoppi burocratici delle pratiche di riconoscimento avviate; il C. effettivamente prese contatto con il P. e questi si impegnò ad accelerare l’iter amministrativo delle domande di riconoscimento e chiese per la sua prestazione la somma di circa L. un milione per ogni pratica, dicendo di avere delle conoscenze nell’ufficio competente del Ministero; sempre secondo il racconto del C., recepito nelle sentenze di merito, l’imputato avrebbe ricevuto in due tranches la somma di denaro convenuta, proveniente dalle infermiere rumene, tramite lo stesso C., che consegnò, in data 4.3.2002, la somma di Euro 1.800,00, e successivamente, in data 29.3.2002, l’ulteriore somma di Euro 1.549,00; di questa somma una parte sarebbe andata ad una persona che il P. diceva di conoscere al Ministero e che era il suo "contatto". I decreti di riconoscimento dei titoli di studio non arrivarono nei tempi indicati dal P. tanto è vero che il C. reclamò indietro i soldi versati, ma a questo punto l’imputato gli disse che erano già stati dati al funzionario ministeriale.

4. – In conclusione, la sentenza deve essere annullata perchè il reato è estinto per prescrizione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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