Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-02-2011) 22-04-2011, n. 16154 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto Stupefacenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza emessa il 16 febbraio 2008 dal Tribunale, in sede di giudizio abbreviato, ha assolto M.M. dal reato di detenzione di gr. 2,6 di marijuana per non aver commesso il fatto, mentre ha confermato il giudizio di colpevolezza in relazione alla detenzione di gr. 2,2 di hashish e, riconosciuta l’ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, lo ha condannato alla pena di dodici mesi di reclusione ed Euro 4.000 di multa.

Ricorre per cassazione l’imputato, personalmente e, con il primo motivo, censura la sentenza per avere ritenuto di rilievo penale la detenzione di un quantitativo minimo di hashish, sostanzialmente coincidente con la quantità, pari a 750 milligrammi, la cui detenzione configura un mero illecito amministrativo, come stabilito dal Decreto 11.4.2006 relativo ai limiti quantitativi massimi delle sostanza stupefacenti riferibili ad un uso personale. Peraltro, il ricorrente lamenta il mancato accertamento peritale sulla percentuale di principio attivo contenuta nell’hashish rinvenuto presso la sua abitazione, richiesto sia al momento dell’istanza di giudizio abbreviato, sia in sede di appello dove è stata respinto sull’assunto, ritenuto errato, dell’irrilevanza dell’accertamento in presenza del riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73 cit., comma 5.

Con il secondo motivo censura la sentenza per la mancata applicazione della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

La sentenza afferma espressamente che l’accertamento del principio attivo dello stupefacente in sequestro è stato ritenuto irrilevante in presenza del riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Si tratta di un’affermazione che non appare corretta, in quanto l’accertamento del principio attivo può influire sulla stessa sussistenza dell’offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio, a differenza dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 D.P.R. cit. che prevede una semplice circostanza attenuante.

Ne deriva che se il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, tuttavia deve escludersi la sussistenza del reato qualora abbia ad oggetto condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui e con principio attivo irrilevante tale da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell’assetto nEuropsichico dell’utilizzatore (Sez. 4, 12 maggio 2010, n. 21814, Renna).

Il mancato esame relativo al valore del principio attivo, giustificato con una motivazione illogica, determina l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari per un nuovo giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Bari per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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