T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 21-04-2011, n. 1019 deliberazione Opere pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso RG 5883/1997 la ricorrente impugna la variante al PRG comunale nella parte in cui prevede la realizzazione sul proprio fondo dell’allargamento della SP 178 Roncello Busnago per i seguenti motivi.

I) Violazione dell’art. 14 L. 109/94 in quanto la Provincia non avrebbe approvato il programma triennale dei lavori pubblici.

II) Violazione dell’art. 16 L. 109/94 in quanto non sarebbero stati approvati preventivamente il progetto definitivo ed esecutivo dei lavori.

III) Violazione ed omessa attuazione delle Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane, norme tecniche C.N.R. n. 78 del 28 luglio 1980.

IV) Illegittimità derivata dell’approvazione della variante in conseguenza dell’illegittimità degli atti provinciali presupposti.

V) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 L. 2359/1865 in quanto la data di ultimazione dei lavori sarebbe stata determinata con riferimento ad un evento futuro ed incerto quale l’approvazione della variante da parte della Regione.

VI) Violazione di legge ed eccesso di potere per irrazionalità per omessa indicazione dei costi di esproprio.

VII) Violazione degli artt. 4, 5, 19, 20 e 21 L. 2359/1865 e degli artt. 10 e 11 L. sulla casa nonché degli artt. 7, 8 e 13 L. 241/90 in quanto la proprietaria sarebbe stata notiziata dell’avvio del procedimento solo a seguito dell’adozione della variante impugnata.

La difesa provinciale afferma, con riferimento al primo ed al secondo motivo di ricorso, che la legge 109/94 non sarebbe applicabile ratione temporis. Con riferimento al terzo motivo di ricorso sostiene che le norme tecniche indicate non sarebbero cogenti e comunque si applicherebbero solo alle nuove opere. Con riferimento al quarto motivo di ricorso afferma che il termine di ultimazione dei lavori sarebbe certo. Con riferimento al quinto motivo di ricorso afferma che gli oneri economici delle espropriazioni sarebbero inseriti nel computo metrico allegato al progetto. Con riferimento al sesto motivo di ricorso afferma che sarebbero state adempiute tutte le formalità di comunicazione previste dalla legge.

2. Con il ricorso RG 2846/1998 la ricorrente impugna il decreto di immissione in possesso dell’area di sua proprietà per illegittimità derivata e violazione di legge.

La difesa provinciale eccepisce che con decreto del Presidente della Provincia di Milano n. 2322 del 6 luglio 1998, versato in atti, il provvedimento impugnato è stato revocato.

3. Con il ricorso RG 2847/1998 la ricorrente impugna diversi atti con motivi diversi.

I) In primo luogo impugna il diniego di realizzazione di una recinzione sul fondo per i seguenti motivi.

I.1) Violazione dell’art. 50 del regolamento edilizio.

I.2) Violazione dell’art. 1 della L. 1187/68; dell’art. unico della legge n. 1902/52 e dell’art. 24 della L.R. n. 51/75. Eccesso di potere per perplessità, illogicità e contraddittorietà. Secondo la ricorrente il diniego sarebbe illegittimo in quanto il vincolo espropriativo precedente era decaduto e la variante per la sua reiterazione era ancora in corso, con la conseguenza che al massimo il Comune avrebbe potuto applicare le misure di salvaguardia.

I.3) Violazione dell’art. 41 della Costituzione in quanto la realizzazione di una recinzione sarebbe esercizio dello ius excludendi alios inerente il diritto di proprietà.

II) La ricorrente ha quindi impugnato il vincolo a sede stradale apposto sul proprio terreno per i seguenti motivi.

II.1) Violazione dell’art. 1 L. 1187/68, dell’art. 3 L. 241/90 ed eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione in quanto la variante non sarebbe motivata.

II.2) Violazione degli artt. 9 e 10 della L. 1150/42, degli artt. 27 e 28 L.R. 51/75; violazione della circolare approvata con D.G.R. 18.04.1997 N. 6/27498; violazione degli artt. 7 ss. L. 241/90, Violazione del procedimento in quanto l’osservazione sarebbe stata presentata dalla Provincia in ritardo in contrasto con l’art. 9 L. 1150/42. Inoltre la modifica introdotta in sede di osservazioni avrebbe comportato una novazione del piano tale da imporre una ripubblicazione dello stesso. Da ultimo mancherebbe la comunicazione di avvio del procedimento.

III) La ricorrente ha quindi impugnato il provvedimento dirigenziale 04.06.1998 confermativo del precedente diniego per i seguenti motivi.

III.1 e 2) Illegittimità derivata.

III.3) Violazione dell’art. 41 della Costituzione.

III.4) Violazione dell’art. 4 L. 493/93 per la mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia.

Secondo la difesa provinciale il diniego della realizzazione di una recinzione sarebbe legittimo in quanto adottato durante la vigenza della deliberazione regionale approvativa della variante del PRG comunale relativa alla realizzazione dell’allargamento della SP 178.

In secondo luogo il vincolo espropriativo sarebbe già stato introdotto con la precedente variante, con la conseguenza che l’osservazione della Provincia non avrebbe proposto un vincolo espropriativo nuovo ma sarebbe stata proposta al solo scopo di conformare la disciplina comunale ai vincoli preesistenti.

In terzo luogo la destinazione a fascia di rispetto stradale non costituirebbe un vincolo espropriativo ma conformativo.

In quarto luogo sarebbero state osservate le regole partecipative con la comunicazione dell’avviso di accesso ai fondi e dell’avviso di adozione della variante; in ogni caso la ricorrente non ha presentato alcuna osservazione.

IV) Con il ricorso RG 3724/1998 la ricorrente impugna l’approvazione definitiva della variante che ha reiterato la destinazione a fascia di rispetto stradale dell’area in questione per i seguenti motivi.

IV.1) Violazione dell’art. 1 L. 1118/68 e dell’art. 3 l. 241/90 in quanto la reiterazione del vincolo richiederebbe una motivazione specifica.

IV.2) Violazione degli artt. 9 e 10 L. 1150/42, degli artt. 27 e 28 L.R. 51/75; violazione della circolare approvata con DGR 18.4.97 n. 6/27498; violazione artt. 7 ss. L. 241/90. Secondo la ricorrente l’osservazione che ha condotto alla reiterazione della destinazione dell’area di sua proprietà a fascia di rispetto stradale sarebbe tardiva, non motivata e richiedeva ripubblicazione del piano.

IV.3) Violazione dell’art. 9 L. 1150/42 in quanto sarebbe stato inserito quale osservazione al PRG un progetto da approvare ai sensi della L.1/1978.

IV.4) Eccesso di potere per contraddittorietà tra la parte grafica e quella descrittiva del piano.

IV.5) Violazione dell’art. 23 della L.R. 51/1975 perché non sarebbe stata raggiunta la densità media ponderale richiesta dalla legge per le nuove zone di espansione residenziale.

IV.6) Violazione dell’art. 279 T.U. 383/34 e dell’art. 64 L. 142/90 per mancato rispetto dell’obbligo di astensione dei consiglieri comunali.

La difesa della Provincia ha chiesto la reiezione del ricorso.

V) Con il ricorso RG 554/2000 la ricorrente impugna la deliberazione del consiglio comunale n. 46 del 11.10.2009 di assunta correzione di errore materiale interessante la variante al PRG del Comune di Roncello, nonché di ogni altro atto connesso e conseguente compresa la deliberazione di giunta comunale n. 105 del 13.09.99 di conferimento dell’incarico professionale per la redazione della modifica alla variante stessa, per i seguenti motivi.

V.1) Violazione dell’art. 1 L. 1118/68 e dell’art. 3 l. 241/90 in quanto la reiterazione del vincolo richiederebbe una motivazione specifica.

V.2) Violazione degli artt. 9 e 10 L. 1150/42, degli artt. 27 e 28 L.R. 51/75; violazione della circolare approvata con DGR 18.4.97 n. 6/27498; violazione artt. 7 ss. L. 241/90. Secondo la ricorrente l’osservazione che ha condotto alla reiterazione della destinazione dell’area di sua proprietà a fascia di rispetto stradale sarebbe tardiva, non motivata e richiedeva ripubblicazione del piano.

V.3) Violazione dell’art. 9 L. 1150/42 in quanto sarebbe stato inserito quale osservazione al PRG un progetto da approvare ai sensi della L.1/1978.

V.4) Eccesso di potere per contraddittorietà tra la parte grafica e quella descrittiva del piano.

V.5) Violazione dell’art. 23 della L.R. 51/1975 perché non sarebbe stata raggiunta la densità media ponderale richiesta dalla legge per le nuove zone di espansione residenziale.

V.6) Violazione dell’art. 279 T.U. 383/34 e dell’art. 64 L. 142/90 per mancato rispetto dell’obbligo di astensione dei consiglieri comunali.

V.7) Falsa applicazione dell’art. 4 L.R. n. 23/97 in quanto invece di un atto di rettifica il consiglio comunale avrebbe realizzato una vera e propria modifica dell’azzonamento dell’area indipendentemente dall’osservazione della Provincia.

V.8) Violazione degli artt. 3 e 7 della L. 241/90 per difetto di motivazione e di comunicazione della diffida della Provincia al Comune affinché provvedesse alla rettifica degli atti di variante.

V.9) Violazione dell’art. 3 L. 241/90 per difetto di motivazione.

V. 10) Violazione del D. Lgs. 57/95 e della normativa sulla contabilità pubblica nell’affidamento all’esterno del compito di redigere la viariante.

V.11) Violazione del principio di concorsualità nell’attribuzione dell’incarico di progettazione.

La provincia di Milano ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 7 marzo 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. In primo luogo occorre disporre la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe stante l’evidente connessione oggettiva e soggettiva.

2. Il ricorso RG. 5883/1997 è infondato.

Il primo motivo è infondato in quanto la legge n. 216/95 ha rinviato l’entrata in vigore delle norme sulla programmazione dei lavori contenute nella L. 109/94 fino all’entrata in vigore del Regolamento (DPR 445/1999).

Il secondo motivo è infondato in quanto le norme che hanno introdotto la tripartizione della progettazione in preliminare (art. 16 L. 109/94), definitiva ed esecutiva richiedevano per la loro attuazione l’emanazione del regolamento che definisse il contenuto dei vari livelli di progettazione, in particolare con riferimento al piano di manutenzione, a differenza di quanto denunciato dalla ricorrente.

A ciò si aggiunge che non sussiste il vizio di mancata distinzione e redazione del progetto preliminare e definitivo ai sensi dell’art. 16 L. 109/94 in quanto i tre livelli di progettazione non vanno intesi come inderogabili ed autonomi adempimenti tecnicoamministrativi, rigidamente definiti nei contenuti e nella sequenza temporale, bensì come tappe significative di un unico processo identificativo e creativo, nelle quali si definiscono compiutamente particolari momenti del processo medesimo: le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle prestazioni da fornire – progetto preliminare – gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni – progetto definitivo – il dettaglio dei lavori da realizzare ed il relativo costo in modo da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo – progetto esecutivo – (art. 16, commi 3, 4 e 5 della legge 109/94). Ne consegue che è possibile l’unificazione di un livello progettuale con quello successivo ed, in particolare, del progetto preliminare e di quello definitivo. Era quindi onere non adempiuto del ricorrente indicare in concreto quali fossero le differenze tra la progettazione realizzata e quella ritenuta in vigore.

Ne consegue che era sufficiente, al fine di realizzare l’effetto di variante al PRG con dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza delle opere, l’approvazione del progetto di massima, già approvato in linea tecnica dalla Provincia nel 1996, conforme alla normativa precedente.

Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto non sussiste interesse della ricorrente proprietaria a contestare le norme tecniche con le quali è stata prevista in progetto la realizzazione della strada, non potendo desumere da tale supposta violazione alcun aspetto di violazione della sfera giuridica della proprietaria delle aree. Si tratta infatti di disposizioni che regolano solo le modalità costruttive dell’opera.

Il quarto motivo è infondato in quanto non sussiste il presupposto della denunciata illegittimità del progetto approvato dalla Provincia.

Il quinto motivo è infondato in quanto, a differenza di quanto affermato dalla ricorrente, è corretto subordinare i termini di inizio e fine dei lavori all’approvazione della variante da parte della Regione.

Infatti nel caso, come quello in questione, di approvazione della variante ai sensi dell’art. 1 comma 5, l. 3 gennaio 1978 n. 1 la giurisprudenza (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 18 ottobre 2008, n. 645; Cons. Stato, IV, 16 marzo 2010 n. 1540) ha chiarito che l’approvazione del progetto di opere pubbliche, ove interessi aree che dal piano regolatore non siano destinate a pubblici servizi anche a causa della decadenza di vincoli preordinati all’esproprio, costituisce variante al piano stesso solo dopo che sia intervenuta l’approvazione regionale, secondo le modalità previste dagli artt. 1 e ss. l. 18 aprile 1962 n. 167, richiamati dall’art. 1 comma 5, l. 3 gennaio 1978 n. 1; pertanto, la mera adozione della variante urbanistica, connessa all’ approvazione del progetto, non comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere in questione e, di conseguenza, non legittima le successive procedure ablatorie.

Il sesto motivo è infondato in quanto gli oneri espropriativi sono stati previsti negli atti, così come il piano particellare d’esproprio.

Il settimo motivo di ricorso è infondato in quanto la comunicazione dell’avvio del procedimento effettuato nei confronti della ricorrente dopo l’adozione della variante implicita ex L. 1/1978 deve ritenersi tempestiva.

Infatti in un primo tempo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 6/1986, aveva stabilito che, nel caso di dichiarazione di pubblica utilità implicita, la partecipazione procedimentale prevista dagli artt. 10 e 11 della L. 865/1971 non fosse soppressa ma soltanto differita ad un momento successivo all’approvazione del progetto dell’opera pubblica.

Successivamente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 14/1999, afferma che il principio del giusto procedimento è soddisfatto quando la sequenza deposito atti – osservazioni – decisione sulle stesse, prevista dall’art. 10 della L. 865/71, sia realizzata prima dell’approvazione del progetto che comporta la pubblica utilità.

Infatti, secondo la Plenaria la disposizione della L. 241/90 sull’avviso di avvio del procedimento ha un contenuto precettivo di carattere orientativo nei casi, come nel caso di dichiarazione di pubblica utilità, in cui il procedimento non è del tutto carente di disciplina di partecipazione, in quanto gli artt. 10 e 11 della l. n. 865/71 ne regolano la forma esplicita secondo il consueto modulo: deposito atti – osservazioni – decisione sulle stesse.

Nel caso in questione la partecipazione procedimentale prevista dagli artt. 10 e 11 della L. 865/197 è stata realizzata subito dopo l’adozione della variante e prima della sua approvazione, che è l’atto costitutivo degli effetti (Cons. Stato, IV, 16 marzo 2010 n. 1540).

In merito occorre rilevare che la variante è stata approvata con la procedura prevista dal comma 5 dell’art. 1 della L. 1/1978 secondo il quale, nel caso in cui le opere ricadano su aree che negli strumenti urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi (oppure sono destinate a tipologie di servizi diverse da quelle cui si riferiscono le opere medesime), "la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del progetto preliminare e la deliberazione della giunta comunale di approvazione del progetto definitivo ed esecutivo costituiscono adozione di variante degli strumenti stessi, non necessitano di approvazione regionale preventiva e vengono approvate con le modalità previste previste dagli articoli 6 e seguenti della legge 18 aprile 1962 n. 167, e successive modificazioni". Si stabilisce poi che "la regione emana il decreto di approvazione entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti".

In questi casi la giurisprudenza (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 18 ottobre 2008, n. 645) ha chiarito che l’approvazione del progetto di opere pubbliche, ove interessi aree che dal piano regolatore non siano destinate a pubblici servizi anche a causa della decadenza di vincoli preordinati all’esproprio, costituisce variante al piano stesso solo dopo che sia intervenuta l’approvazione regionale, secondo le modalità previste dagli artt. 1 e ss. l. 18 aprile 1962 n. 167, richiamati dall’art. 1 comma 5, l. 3 gennaio 1978 n. 1; pertanto, la mera adozione della variante urbanistica, connessa all’ approvazione del progetto, non comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere in questione e, di conseguenza, non legittima le successive procedure ablatorie.

Infatti la variante entra in vigore solo con l’approvazione regionale ed è solo in quel momento che la modifica della destinazione urbanistica dei suoli interessati acquista efficacia, mentre la sola adozione della medesima non è idonea a far conseguire gli effetti di dichiarazione di pubblica utilità del progetto dell’opera approvata, né a sorreggere gli ulteriori atti della procedura ablativa, quale il decreto di occupazione di urgenza (così Cons. St., IV sez., 23.2.1998 n. 702; Cons. Stato, IV, 16 marzo 2010 n. 1540).

Ne consegue che gli avvisi trasmessi alla ricorrente dopo l’adozione della variante debbono considerarsi tempestivi in quanto adottati prima dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

3. In merito al ricorso RG 2846/1998 è cessata la materia del contendere. Infatti non solo l’atto è stato revocato, ma non risulta che sia mai stato eseguito, con la conseguenza che nessun danno ha prodotto nella sfera giuridica della ricorrente.

4. Il ricorso RG 2847/1998 è infondato.

E" possibile dichiarare assorbito il primo motivo di ricorso in quanto l’amministrazione, con successivo atto, ha rinunciato a tale parte motivazionale dell’atto impugnato.

Per quanto riguarda il secondo motivo occorre rilevare che con la deliberazione della Giunta regionale del 13.02.1998 n. 346648 pubblicata sul BURL del 02.03.1998 è stata definitivamente approvata ed è divenuta efficace la variante ex art. 1 c. 5 L. 1/1978, con la conseguenza che il vincolo sull’area era già presente e legittimava il diniego del provvedimento autorizzatorio.

A ciò si aggiunge che il diniego è stato espresso perché l’area interessata riguardava un’area di rispetto stradale, come si desume anche dalla nota della ricorrente al Comune in data 06/05/1998. In merito la giurisprudenza (Cons Stato, IV, 13/03/2008 n. 1095) ha chiarito che il vincolo di inedificabilità relativo alla "fascia di rispetto stradale", come nella specie, non ha natura espropriativa, ma unicamente conformativa, in quanto riguarda una generalità di beni e di soggetti ed ha una funzione di salvaguardia della circolazione, indipendentemente dalla eventuale instaurazione di procedure espropriative; esso quindi non è soggetto a scadenze temporali.

Ne consegue che non può considerarsi decaduta la previsione dell’art. 24 del PRG vigente al momento del primo diniego. Ciò comporta che nessuna rilevanza ha l’eccezione relativa al fatto che il divieto introdotto dalla successiva disciplina avesse contenuto ed effetti limitati alla sospensione della domanda, trattandosi di misure di salvaguardia. Infatti il divieto preesistente, successivamente reiterato, legittimava una decisione di reiezione.

E" infondato anche il terzo motivo di ricorso in quanto non può ritenersi che l’art. 24 delle NTA costituisca una violazione dell’art. 41 della Costituzione. Infatti la realizzazione di una recinzione non costituisce esercizio del diritto di iniziativa economica privata ma solo del diritto di proprietà, nella forma della ius excludendi alios, tutelato dall’art. 42 della Costituzione. A ciò si aggiunge che non sussisterebbe neppure violazione dell’art. 42 della Costituzione in quanto, trattandosi di area a ridosso del sedime stradale, la sottoposizione della realizzazione di manufatti a titolo edilizio ed il divieto di realizzazione di opere edilizie non costituiscono un vincolo all’esercizio del diritto di proprietà manifestamente illogico ed irrazionale ma è un limite imposto dalla legge ad una generalità di beni e di soggetti allo scopo di assicurarne la funzione sociale consistente nella salvaguardia della circolazione.

Per quanto riguarda, invece, l’impugnazione della variante al PRG di Roncello, nella parte in cui ha rinnovato il vincolo a sede stradale sulla proprietà della ricorrente, il primo motivo è infondato in quanto l’area era già stata destinataria di un vincolo espropriativo in itinere, con la deliberazione del consiglio comunale n. 7/1997 e, di conseguenza, la nuova deliberazione non necessitava di motivazione specifica, trattandosi di atto che si limita a recepire precedenti deliberazioni comunali.

Per quanto riguarda il secondo motivo occorre osservare che l’art. 9 e l’art. 15 della legge 1150/1942 prevedono che il piano resti depositato per 30 giorni e che le osservazioni e le opposizioni possano essere presentate nei 30 giorni successivi alla scadenza del periodo di deposito. I cittadini hanno, quindi, a disposizione 60 giorni per prendere visione del progetto di piano e presentare osservazioni.

In merito a tale termine la giurisprudenza è sostanzialmente orientata a ritenere che il termine non sia perentorio e la sua decorrenza non determini la decadenza dalla facoltà dell’Amministrazione di esaminare le osservazioni tardive. Il Consiglio comunale, quindi, ha la facoltà di valutare le osservazioni tardivamente presentate se, pur avendo cominciato l’esame di quelle tempestivamente proposte non ha ancora deliberato e controdedotto sulle stesse. La ragione della natura non perentoria del termine sta nel fatto che le osservazioni non costituiscono un rimedio giuridico a tutela degli interessi di chi le propone, ma un mezzo di collaborazione con l’Amministrazione per la migliore formazione degli strumenti urbanistici e, quindi, possono essere esaminate anche fuori termine purché prima dell’adozione della delibera di controdeduzioni.

In merito al supposto obbligo di ripubblicare il piano a seguito dell’accoglimento dell’osservazione provinciale, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. IV, 5 settembre 2003, n. 4980) "Nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione dei P.R.G. stessi prevista dall’art. 9 L. 17 agosto 1942, n. 1150, è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal comune, ma non è richiesta, di regola, per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o di modifiche introdotte in sede di approvazione regionale; a quest’ultima regola si fa tuttavia eccezione: a) nel caso in cui per effetto dell’accoglimento delle osservazioni formulate dai privati, comportanti una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano adottato, si renda necessaria una modifica immediata del testo del piano stesso (in tal caso, infatti, si dovrà fare luogo a nuova pubblicazione ed alla conseguente raccolta delle ulteriori osservazioni); b) nell’ipotesi in cui il Comune, controdeducendo alle proposte di modifica regionali, introduca variazioni rilevanti al piano adottato (in tal caso, infatti, la delibera si presenta come una sostanziale nuova adozione che necessita di pubblicazione)

Nel caso in questione si deve escludere che l’accoglimento dell’osservazione in parola costituisca una modifica sostanziale alla procedura urbanistica avviata, con conseguente obbligo di nuova pubblicazione degli atti dell’intero procedimento urbanistico, in quanto si tratta di una osservazione che ha come effetto la conformazione della previsione urbanistica ad un vincolo già imposto da precedente deliberazione dello stesso organo ed in corso di approvazione e che incide su un ambito ristretto del territorio comunale, senza impingere nei criteri posti a base del piano adottato.

Da ultimo deve escludersi che la presentazione di osservazioni aventi per oggetto fondi altrui, sia pur tardive, dia vita all’obbligo dell’amministrazione di darne comunicazione al privato, non trattandosi di atto di apertura di un nuovo procedimento, e non essendo previsto tale adempimento nell’ambito della procedura di approvazione dei piani regolatori.

Da ultimo deve respingersi l’impugnazione del provvedimento dirigenziale 04.06.1998 confermativo del precedente diniego, con riferimento ai primi tre motivi, in considerazione della legittimità del diniego confermato. A ciò si aggiunge che l’atto risulta adottato dopo il ricevimento della DGR n. 35203 del 10.03.1998 che ha approvato definitivamente la variante che ha rinnovato la destinazione a rispetto stradale dell’area. Deve invece dichiararsi inammissibile per carenza di interesse il quarto motivo, di carattere procedurale, stante la piena legittimità del diniego confermato.

5. Il ricorso RG 3724/1998 è infondato.

I primi due motivi sono riproduttivi di motivi già proposti nei confronti dell’atto di adozione del vincolo e sono stati già respinti in sede di esame del ricorso RG N. 2847/98.

Il terzo motivo è infondato in quanto il progetto era stato già approvato ex L. 1/1978 con la deliberazione in variante del consiglio comunale n. 7 del 28.02.1997.

In merito al quarto motivo, incentrato sulla discrasia tra parte lessicale (o normativa) e parte grafica del piano, la giurisprudenza (TAR Puglia, Lecce 22/04/2010 n. 985; Cass. civ. sez. II 9 giugno 1999 n. 5666) ha evidenziato che entrambe le parti hanno natura prescrittiva: esse infatti contribuiscono a determinare il contenuto effettivo del piano ed a dettare la disciplina del territorio. Da ciò consegue che la parte grafica e la parte normativa risultano in rapporto di complementarità posto che le prime integrano le disposizioni della seconda, potendosi leggere le une alla luce delle altre.

Le indicazioni grafiche delle planimetrie allegate al piano regolatore, più in particolare, svolgono la funzione di localizzare le previsioni di piano e, di conseguenza, svolgono la funzione di individuare graficamente le aree nelle quali si applicano alcune disposizioni contenute nella parte normativa del piano, piuttosto di altre. Esse quindi svolgono la funzione di individuare l’ambito spaziale di applicazione delle norme del piano che non abbiano carattere generale. Per tale ragione spesso le n.t.a. del prg contengono disposizioni generali, valide su tutto il territorio comunale e norme di zona, relative a singoli ambiti.

La parte normativa del piano costituisce, comunque, la parte fondamentale del piano in quanto la funzione del piano regolatore è quella di dettare la disciplina d’uso del territorio, attraverso l’individuazione di apposite norme.

Da ciò consegue, ai nostri fini, che le prescrizioni grafiche contenute nel piano sono da interpretare ed applicare alla luce e nei limiti delle prescrizioni normative contenute nello stesso piano (TAR Puglia, Lecce 22/04/2010 n. 985).

Tale operazione ermeneutica porta a ritenere che il contrasto tra parte descrittiva e grafica del piano sia più apparente che reale. Infatti dalla deliberazione di adozione del piano risulta chiaramente la volontà dell’amministrazione di conformarsi a quanto già deliberato in precedenza con l’approvazione del progetto di realizzazione dell’allargamento della strada provinciale in variante. Ne consegue che nessuna perplessità o contraddittorietà sussiste nell’atto, essendo chiaro che l’omissione della nuova destinazione nella parte grafica dell’atto costituisce un errore omissivo che non rende perplessa la volontà dell’amministrazione.

Il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto non risulta dimostrato alcun interesse specifico della ricorrente a sollevare tale motivo di ricorso e nessuna ricaduta del suo accoglimento sulla densità territoriale dell’area di sua proprietà.

Il sesto motivo di ricorso è anch’esso inammissibile per genericità non essendo stati provati gli interessi privati che i consiglieri comunali avrebbero trasfuso nel piano.

6. Il ricorso RG 554/2000 è infondato.

I primi 5 motivi sono inammissibili in quanto riferiti alla precedente deliberazione del consiglio comunale n. 9 del 28.02.1997 e non all’atto impugnato con il presente ricorso.

Il sesto motivo è infondato in quanto non sussiste violazione dell’obbligo di astensione previsto dall’art. 279 T.U. 383/34 nel caso di approvazione di una deliberazione di rettifica di un atto precedente non potendosi ritenere sussistente, neppure in via astratta, un interesse proprio dei consiglieri comunali o di loro congiunti nell’adozione di un atto di rettifica di atti antecedenti nei quali si sia già espressa in modo chiaro la volontà del consiglio.

Il settimo motivo è infondato in quanto non sussiste la pretesa modificazione dell’azzonamento, trattandosi, invece, di atto che riporta nella parte grafica del piano approvato in precedenza la destinazione a sede stradale ed a zona di rispetto.

L’ottavo motivo è infondato in quanto l’atto di rettifica non dev’essere motivato se non con riferimento ai dati di fatto contrastanti ed alla necessità dell’eliminazione di tale contrasto. Non occorre neppure comunicazione di avvio del procedimento agli interessati, trattandosi di atto a contenuto vincolato rispetto al quale non può ritenersi che il ricorrente possa partecipare utilmente al procedimento.

Il nono motivo è infondato in quanto non sussiste obbligo di motivare le ragioni per cui il Comune intenda adottare un atto pur in pendenza di ricorso giurisdizionale.

Sussiste carenza di interesse a ricorrere con riferimento ai motivi nn. 10 e 11 in quanto la presunta violazione delle disposizioni in materia di affidamento all’esterno di incarichi di progettazione non lede la posizione giuridica della ricorrente, la quale agisce in giudizio quale proprietaria e non quale soggetto interessato all’affidamento dell’incarico medesimo, per il conferimento del quale non risulta abbia i requisiti.

In definitiva i ricorsi vanno respinti.

Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, rigetta i ricorsi RG 5883/97, 2847/98, 3724/98 e 554/2000. Dichiara cessata la materia del contendere nei confronti del ricorso RG. 2846/1998.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *