T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 21-04-2011, n. 420 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 23 febbraio 2007 i signori P.C., A.L. e D.C. presentavano all’Ufficio Tecnico dell’Unione di Comuni "Basso Novarese" (comprendente i Comuni di Casalino e di Granozzo con Monticello) la denuncia di inizio attività n. 07/07, prot. n. 1127, per la realizzazione di una "ringhiera in ferro con ingressi pedonali" nella porzione di cortile retrostante alle loro abitazioni site nel Comune di Casalino rispettivamente in via Mincio n. 2 (quanto a P.C. e A.L.) e in via Mincio n. 4 (quanto a D.C.).

Nella denuncia dichiaravano di essere proprietari di tale cortile, individuato in catasto al foglio 63, mappale 101. Allegavano il titolo di proprietà.

2. Decorso il termine di legge e in mancanza di opposizione da parte dell’amministrazione, i medesimi realizzavano la predetta recinzione.

3. Successivamente, in data 07.05.2007, a seguito degli esposti presentati da alcuni vicini (i quali rivendicavano la comproprietà della predetta area cortilizia), l’amministrazione disponeva un sopralluogo presso gli immobili di via Mincio 24, in occasione del quale si accertava che la recinzione era stata realizzata dai signori C. in conformità al progetto depositato, ma che sussistevano dubbi sul "regime d’uso" delle parti cortilizie.

Pertanto, con nota del responsabile del procedimento in data 15.05.2007, prot. n. 2873, l’amministrazione invitava tutte le parti interessate (i signori C. e i proprietari confinanti) a produrre copia degli atti notarili "più antichi" richiamati nel titolo di proprietà allegato alla denuncia di inizio attività, al fine di chiarire l’effettivo regime giuridico dell’area di sedime su cui era stata realizzata la contestata recinzione.

4. I signori C. producevano l’atto a rogito notaio Eugenio Ferri in data 22 marzo 1908, intitolato "Cessione di ragioni ereditarie. Divisione di stabili stipulata tra i sigg.ri G.G., A. e L.", con l’allegata relazione di divisione, specificando che, "alla data odierna i beni dei sigg.ri C./Lollo erano descritti e individuati ai Lotti I e II della (predetta) divisione".

5. Non ritenendo sufficiente la documentazione prodotta, l’Amministrazione, con atto prot. n. 7051 del 19.11.2007 invitava i signori C. alla rimozione della recinzione entro 30 giorni dalla comunicazione dell’atto stesso, sulla base del rilievo che, a quella data, non era stata ancora depositata presso l’Ufficio "la certificazione attestante la proprietà esclusiva del sedime cortilizio nel quale l’opera in riferimento insiste".

6. Con nota del 24.11.2007, i C. contestavano con articolate deduzioni la legittimità del predetto "invito", ma l’amministrazione, con successiva nota del 07.01.2008, prot. n. 0102, ribadiva la necessità che fosse prodotta all’ufficio quantomeno un’"idonea Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà" in luogo del titolo di proprietà: e ciò in considerazione "dell’oggettiva impossibilità e incompetenza dello scrivente di interpretare gli atti di proprietà pregressi, prodotti in data 8 giugno…".

7. Con ricorso notificato al Comune di Casalino il 18/19.01.2008 e depositato il 30.01.2008, i signori P.C. e A.L. impugnavano dinanzi a questo Tribunale le predette note dell’Unione "Basso Novarese" del 19.11.2007 prot. n. 7051 e del 07.01.2008, prot. n. 0102 e ne invocavano l’annullamento sulla base di sei motivi, con i quali lamentavano: 1) la violazione dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, dal momento che l’amministrazione aveva ordinato la demolizione di un’opera realizzata in forza di regolare DIA e conforme al progetto depositato; 2) la violazione degli articoli 19, 21 quinqiues e 21 nonies della L. 241/90, nonché vizi di eccesso di potere sotto plurimi profili sintomatici, dal momento che l’amministrazione aveva ordinato la demolizione del manufatto senza prima procedere all’annullamento o alla revoca in autotutela dell’atto di assenso formatosi sulla DIA presentata, e senza motivare sulle ragioni di pubblico interesse che giustificavano l’esercizio di tali poteri, ma, al contrario, intervenendo a tutela di situazioni soggettive di terzi; 3) l’incompetenza del responsabile del procedimento ad adottare gli atti impugnati, in quanto privo della necessaria competenza dirigenziale; 4) la mancata comunicazione di avvio del procedimento; 5) il difetto di motivazione, sia in ordine al regime giuridico dell’area di sedime, sia in ordine alle ragioni di pubblico interesse sottostanti all’ordine di demolizione; 6) la mancata comunicazione del preavviso di cui all’art. 10 bis della L. 241/90 e s.m.i..

8. Si costituiva il Comune di Casalino, resistendo al gravame con atto di stile.

9. Successivamente, nelle more del giudizio, il Comune di Casalino comunicava ai signori C., con nota prot. 3947 del 14 giugno 2008, di aver avviato il procedimento "volto a verificare e sanzionare la conformità a legge della denuncia di inizio attività n. 07/07 prot. 1127 e della realizzazione dell’intervento ivi previsto", e, a tal fine, invitava i medesimi a depositare entro 30 giorni "apposita memoria" nella quale fossero "indicate…e dattiloscritte" le clausole degli atti notarili già prodotti all’Amministrazione, dalle quali poter desumere, in capo ai predetti, "la proprietà del sedime" del cortile in questione.

10. I signori C. riscontravano quest’ultima comunicazione con una nota del proprio legale in data 09.07.2008, nella quale contestavano la decisione dell’amministrazione di avviare il predetto procedimento in pendenza del presente giudizio e rilevavano come la presentazione di memorie difensive rappresentasse una facoltà, e non un obbligo, per la parte interessata a partecipare al procedimento amministrativo.

11. Con determinazione n. 54 del 12.09.2008, l’Unione "Basso Novarese" ordinava ai signori P.C. e A.L. la rimozione della ringhiera entro 30 giorni dalla ricezione dell’atto medesimo ed irrogava ai medesimi, in solido fra loro e con la signora D.C., la sanzione pecuniaria di Euro 516,00, ai sensi dell’art. 23, comma VII, D.P.R. n. 380/2001, assegnando termine di 30 giorni per il pagamento del dovuto.

A fondamento di tale determinazione, l’amministrazione osservava, in particolare:

– che la recinzione in questione violava l’art. 52, comma 3 del vigente Regolamento Edilizio del Comune di Casalino, secondo cui "all’interno dei cortili è vietata la formazione di nuove recinzioni di ogni genere";

– che sussisteva l’"interesse pubblico" alla rimozione del manufatto, prevalente su quello privato alla sua conservazione, dal momento che l’opera si era "dimostrata causa di aspri dissidi nell’ambito abitativo di Via Mincio ed (aveva) avuto ampia eco all’interno di una Comunità ristretta come quella di Casalino", della quale l’Amministrazione "indende(va) favorire un’ordinata, pacifica e serena convivenza";

– che, inoltre, gli interessati non avevano depositato presso lo Sportello Unico il "certificato di collaudo finale", in violazione dell’art. 23, comma VII, del D.P.R. n. 380/2001;

– che, alla luce delle predette violazioni, "non appar(iva) più rilevante la questione della proprietà dell’indicato cortile".

12. Con motivi aggiunti notificati al Comune di Casalino il 18/20.11.2008, i signori C. e Lollo impugnavano quest’ultimo provvedimento, unitamente alla richiamata disposizione del Regolamento Edilizio del Comune di Casalino e all’eventuale implicito provvedimento di annullamento dell’assenso all’opera, e ne chiedevano l’annullamento sulla base di sette motivi, con i quali lamentavano: 1) l’illegittimità derivata degli atti impugnati, per l’illegittimità degli atti presupposti; 2) l’illegittimità della norma regolamentare impugnata per violazione del diritto di proprietà e per contrasto con il regolamento ediliziotipo della Regione Piemonte; 3) la violazione del termine perentorio di trenta giorni prescritto dagli articoli 19 L. 241/90 e 23 D.P.R. n. 380/2001 per l’adozione da parte della P.A di eventuali atti inibitori a fronte di denunce di inizio attività; 4) l’assenza di un’idonea motivazione sull’interesse pubblico sottostante all’ordine di demolizione e l’insufficienza di una motivazione basata soltanto sull’esigenza di ripristino della legalità; 5) l’inidoneità dell’asserito mancato deposito del certificato di collaudo finale a giustificare l’ordine di demolizione del manufatto, potendo al più giustificarsi l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria; 6) la violazione della garanzie procedimentali di cui alla L. 241/90, dal momento che la violazione dell’art. 23 D.P.R. 380/2001 non era stata previamente contestata agli interessati nella comunicazione di avvio del procedimento del 14.06.2008, in cui nulla si diceva al riguardo; 7) la mancata comunicazione del preavviso di cui all’art. 10bis della L. 241/90.

L’annullamento dell’atto impugnato era invocato dai ricorrenti limitatamente all’ordine di rimozione in esso contenuto.

13. Successivamente, con determinazione n. 12 del 31.03.2009 notificata agli interessati il 27.04.2009, il Comune di Casalino, preso atto, a seguito di sopralluogo, che il manufatto non era stato ancora demolito, stabiliva di procedere all’esecuzione d’ufficio.

14. Con "secondi motivi aggiunti" notificati il 04.05.2009 e depositati l’08.05.2009, i signori C. e Lollo impugnavano anche quest’ultima determinazione, unitamente al verbale di sopralluogo del 12.02.2009, e ne invocavano l’annullamento, previa sospensione, sulla base di cinque motivi, con i quali lamentavano: 1) l’illegittimità derivata; 2) la mancata comunicazione di avvio del procedimento; 3) l’incompetenza del responsabile del procedimento; 4) la violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della P.A., degli obblighi di correttezza e di buona fede nei rapporti con il cittadino, nonché la lesione dell’affidamento ingenerato nei ricorrenti dal fatto di aver edificato la recinzione in forza di regolare titolo abilitativo, mai annullato o revocato della P.A.; 5) la mancata indicazione dei criteri in base ai quali l’Amministrazione aveva incaricato l’impresa Grigis di eseguire la demolizione, con conseguenti riflessi sulla determinabilità dei relativi costi.

Unitamente all’annullamento dei nuovi atti impugnati, i ricorrenti formulavano altresì domanda di condanna della p.a. e dell’impresa Grigis, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti, con particolare riferimento alle spese di demolizione e a quelle ulteriori di rifacimento dell’opera conseguenti all’accoglimento del gravame.

15. Il 15 maggio 2009 l’Amministrazione procedeva d’ufficio alla rimozione della ringhiera.

16. Di conseguenza, con decreto n. 382/09 in data 20.05.2009, il Presidente della Sezione respingeva l’istanza di misure cautelari provvisorie formulata dalla parte ricorrente, prendendo atto della già avvenuta rimozione del manufatto.

17. Alla camera di consiglio del 04.06.2009, in prossimità della quale il Comune di Casalino depositava documenti e un’articolata memoria, i ricorrenti rinunciavano all’istanza cautelare.

18. Successivamente, nell’imminenza dell’udienza di discussione del merito fissata per il 02 dicembre 2010, entrambe le parti depositavano ulteriori memorie.

19. In esito alla predetta udienza pubblica, con ordinanza n. 94/10 del 03.12.2010 il collegio disponeva l’integrazione del contraddittorio, a cura della parte ricorrente, nei confronti dell’Unione dei Comuni Basso Novarese, rinviando per l’ulteriore corso della causa all’udienza pubblica del 07.04.2011.

20. Il 20.01.2011 la difesa di parte ricorrente depositava in giudizio copia autentica dell’atto di integrazione del contraddittorio ritualmente notificato all’Unione dei Comuni Basso Novarese il 28.12.2010 (la quale, tuttavia, non si costituiva in giudizio).

21. Infine, all’udienza pubblica del 7 aprile 2011, sentiti l’avv. Monica Traversa, su delega avv. Bosco, per la parte ricorrente e l’avv. Giovanni Roggero, su delega dell’avv. Cavallo Perin, per il Comune di Casalino, la causa era trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni in rito sollevate dalla difesa comunale.

1.1. La difesa comunale ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei successivi motivi aggiunti per la mancata notificazione dei medesimi all’autorità emanante, rappresentata (non dal Comune di Casalino evocato in giudizio, bensì) dall’Unione dei Comuni "Basso Novarese", costituita dai Comuni di Casalino e di Granozzo con Monticello, i quali hanno dato vita alla predetta Unione, ai sensi dell’art. 32 del D. Lgs. 267/2000, per esercitare in forma associata una pluralità di funzioni e, tra queste, "la gestione urbanistica del territorio e lo sportello unico per l’edilizia".

Il collegio ritiene che l’eccezione non possa essere condivisa.

Come già osservato dalla Sezione con l’ordinanza n. 94/2010 resa in corso di causa, la natura giuridica delle Unioni di Comuni di cui all’art. 32 del D. Lgs. 267/2000 è di complessa individuazione dal momento che le stesse, per quanto espressamente qualificate dalla legge come "enti locali", sembrano costituire piuttosto un modulo organizzativo nell’ambito del quale ciascuno dei comuni associati conserva la propria autonomia e la propria personalità giuridica di diritto pubblico, e quindi, conseguentemente, anche una propria autonoma legittimazione processuale.

L’Unione di Comuni, in altre parole, non determina la fusione dei comuni associati e non incide sulla "titolarità" delle funzioni di rispettiva competenza, ma soltanto sull’"esercizio" di tutte o di talune di esse, sicchè legittimamente può essere evocato in giudizio soltanto uno dei comuni aderenti all’Unione in relazione ad atti pertinenti in via esclusiva al proprio territorio, salva la facoltà del giudice di ordinare l’eventuale integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Unione.

In tale contesto, la Sezione ha ritenuto che sussistessero quanto meno i presupposti per la concessione alla parte ricorrente del beneficio dell’errore scusabile ai fini dell’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Unione di Comuni "Basso Novarese", considerato altresì:

– che nell’ambito della vicenda per cui è causa, taluni atti sono stati concretamente adottati dal Comune di Casalino e non dalla predetta Unione (es. avvio del procedimento in data 14.06.2008, determinazione n. 54 del 12.09.2008, determinazione n. 12 del 31.03.2009, verbale di rimozione 15.05.2009);

– che l’immobile per cui è causa è ubicato nel territorio del Comune di Casalino;

– che è ragionevole ritenere che tali circostanze, complessivamente considerate, possano aver ingenerato confusione nei ricorrenti in ordine all’individuazione del soggetto pubblico interlocutore.

L’integrazione del contraddittorio è stata ritualmente eseguita dalla parte onerata, sicchè l’eccezione processuale sollevata dalla difesa comunale può dirsi superata.

1.2. Con una seconda eccezione, la medesima difesa ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso e dei successivi motivi aggiunti per la mancata notifica dei medesimi ai controinteressati, rappresentati dai vicini di casa che avevano presentato gli esposti all’amministrazione per opporsi alla realizzazione dell’intervento edilizio e che, pertanto, sarebbero titolari di un interesse sostanziale e giuridicamente rilevante alla conservazione di tutti gli atti impugnati che hanno disposto la rimozione del manufatto.

Il collegio ritiene che anche tale eccezione non possa essere condivisa, dal momento che, secondo principi già affermati dalla Sezione, nel giudizio instaurato per l’annullamento di un’ordinanza di demolizione non sono configurabili controinteressati in senso tecnico, anche se la misura repressiva sia stata disposta a seguito di segnalazioni di terzi, poiché la qualità di controinteressato non va riconosciuta a chiunque abbia un generico interesse a mantenere efficace il provvedimento impugnato, ma solo a colui che da quest’ultimo riceve un vantaggio diretto e immediato (cfr. TAR Piemonte, sez. I, 20 luglio 2006, n. 3034).

1.3. In terzo luogo, la difesa comunale ha eccepito l’"inammissibilità" del (solo) ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse, sulla base della considerazione che gli atti impugnati con il predetto gravame sarebbero stati superati dagli atti successivi (impugnati con motivi aggiunti) con i quali l’amministrazione "ha represso l’abuso edilizio per accertata violazione del Regolamento Edilizio".

Osserva il collegio che la censura è fondata e va accolta, dal momento che nella motivazione della determinazione n. 54 del 12.09.2008 (impugnata con il primo atto per motivi aggiunti) si dà espressamente atto che l’ordine di rimozione della recinzione viene adottato esclusivamente per ragioni afferenti l’asserita violazione dell’art. 54 del Regolamento Edilizio vigente del Comune di Casalino e dell’art. 23 comma 7 del D.P.R. 380/2001, e che, per converso, "non appare più rilevante la questione della proprietà dell’indicato cortile" che aveva motivato il primo provvedimento di "invito alla rimozione" impugnato con il gravame introduttivo.

Il ricorso introduttivo va quindi dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

In ogni caso, per completezza, il collegio ritiene opportuno evidenziare che di tale gravame appaiono fondate le censure dedotte con il primo, il secondo e il quinto motivo, in quanto:

– l’amministrazione ha ordinato la rimozione di un manufatto realizzato in forza di regolare DIA senza procedere preliminarmente all’annullamento o alla revoca in autotutela del titolo abilitativo formatosi tacitamente a seguito della predetta DIA, e senza motivare adeguatamente in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale, nonché prevalente sull’interesse del privato alla conservazione dell’opera e sull’affidamento ingenerato nel medesimo;

– l’amministrazione si è intromessa in una lite di vicinato arrogandosi prerogative in ordine all’accertamento dei titoli di proprietà e del regime d’uso dell’area cortilizia che non le competevano e che avrebbero dovuto trovare soluzione nella competente sede giurisdizionale civile, anche perché ogni provvedimento amministrativo è rilasciato con la clausola "fatti salvi i diritti dei terzi" e, quindi, non pregiudica la possibilità per eventuali privati controinteressati di far valere le proprie ragioni nelle sedi competenti (Consiglio di Stato, sez. V, 07 settembre 2009, n. 5223; Consiglio di Stato, sez. V, 07 settembre 2007, n. 4703; TAR Trentino Alto Adige, sez. Trento, 14 maggio 2008, n. 111; TAR Piemonte, sez. I, 13 giugno 2005, n. 2039).

2. Quanto ai motivi aggiunti, si osserva quanto segue.

2.1. Il primo atto per motivi aggiunti è fondato relativamente alle censure dedotte con il quarto, il quinto e il sesto motivo. In particolare:

– la dedotta violazione del regolamento edilizio comunale non costituisce ragione in sé sufficiente a giustificare l’esercizio dei poteri di autotutela da parte dell’amministrazione: è principio condiviso, infatti, quello per cui le ragioni di interesse pubblico che giustificano l’annullamento d’ufficio di un provvedimento non possono rinvenirsi nel mero interesse al ripristino della legalità violata, pena lo snaturamento del potere di autotutela che è pur sempre espressione di cura concreta di interessi pubblici e quindi espressione della funzione di amministrazione attiva, e non rimedio giustiziale (T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 23 settembre 2009, n. 644; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 01 aprile 2009, n. 3497; T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 07 ottobre 2010, n. 18004; T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 11 dicembre 2007, n. 2050; Consiglio Stato, sez. V, 20 maggio 2008, n. 2364);

– le ragioni di interesse pubblico all’annullamento dell’atto di assenso sono state dedotte nell’atto impugnato con affermazioni generiche e poco verosimili (laddove si afferma che la recinzione sarebbe stata causa di "aspri dissidi nell’ambito abitativo di via Mincio" ed avrebbe avuto "ampia eco all’interno di una Comunità ristretta come quella di Casalino", tanto da indurre l’amministrazione ad intervenire per "favorire un’ordinata, pacifica e serena convivenza"), finendo per coincidere palesemente con la mera esigenza di dirimere una più modesta lite di vicinato, enfatizzata dall’amministrazione al solo di individuarvi le ragioni di interesse pubblico necessarie a giustificare l’intervento in autotutela, con evidente sviamento di potere;

– infine, la mancata presentazione del certificato di collaudo finale dei lavori non giustifica l’ordine di rimozione dei lavori stessi, ai sensi dell’art. 23 comma 7 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, ma soltanto l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 37, comma 5 dello stesso decreto.

2.2. L’accoglimento dei predetti motivi aggiunti comporta l’annullamento della determinazione n. 54 del 19.09.2008 limitatamente alla parte concernente l’impugnato ordine di rimozione, mentre resta valida ed efficace la parte del medesimo provvedimento concernente l’irrogazione della sanzione pecuniaria, la quale si fonda sulla contestata violazione dell’art. 23 comma 7 del D.P.R. 380/2001 e che non è stata impugnata dai ricorrenti. L’annullamento non si estende nemmeno alla norma regolamentare, peraltro impugnata dai ricorrenti in via meramente subordinata.

2.3. L’annullamento in parte qua della predetta determinazione determina a sua volta l’illegittimità derivata anche degli atti impugnati con il secondo ricorso per motivi aggiunti, con i quali è stata disposta la rimozione d’ufficio del manufatto per cui è causa.

Anche di tali atti va quindi disposto l’annullamento.

2.4. Va invece respinta la domanda di risarcimento del danno proposta dai ricorrenti con riferimento alle "spese di demolizione della ringhiera e di quelle ulteriori di rifacimento dell’opera", dal momento che le prime sono state sostenute dal Comune (e non è documentato che siano state successivamente rifuse dai ricorrenti), mentre le seconde non sono state ancora sostenute e rappresentano, pertanto, una voce di danno del tutto ipotetica ed eventuale, come tale non risarcibile allo stato degli atti; né i ricorrenti hanno chiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento in forma specifica mediante il ripristino del manufatto nello status quo ante, sicchè il collegio non può che contenere la pronuncia nei limiti della domanda effettivamente proposta.

2.5. In conclusione, alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (pur essendo comunque fondato nel merito), i due atti per motivi aggiunti sono fondati e vanno accolti nei termini e nei limiti innanzi esposti, mentre va respinta la domanda di risarcimento del danno perché non provata nell’"an" e nel "quantum".

Le spese di lite seguono la soccombenza sulle domande principali svolte in giudizio e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso sui due atti per motivi aggiunti indicati in epigrafe:

a) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse;

b) accoglie i motivi aggiunti depositati rispettivamente in date 02.12.2008 e 08.05.2009 e per l’effetto annulla gli atti ivi impugnati, nei termini e nei limiti indicati in motivazione;

c) respinge la domanda di risarcimento del danno;

d) condanna con vincolo di solidarietà il Comune di Casalino e l’Unione di Comuni "Basso Novarese a rifondere ai ricorrenti, in solido tra loro, le spese di lite, che liquida in Euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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