Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-01-2011) 22-04-2011, n. 16115

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

gli atti al Presidente del Tribunale di Gagliari.
Svolgimento del processo

1. M.I. ha proposto ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 113, avverso il decreto del Gip di Cagliari in data 28 gennaio 2010 con cui, su richiesta del Ministero delle Finanze – Agenzia delle Entrate, è stato revocato il decreto del 2.11.2007, di ammissione del medesimo al patrocinio a spese dello Stato nel proc. n. 6164/07 RNR. Lamenta che la revoca è stata ingiustamente ed illegittimamente disposta in quanto fondata sul reddito complessivo del padre, convivente, M.G., ammontante ad Euro 19579,00 laddove la norma – art. 76, comma 1, cit. D.P.R. – fa riferimento al reddito imponibile che era di Euro 7690,00 e dunque tale da non superare il limite consentito.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è ammissibile, in rito, atteso che contro la revoca disposta, come nel presente caso avvenuto, su richiesta dell’Intendente di Finanza il mezzo di impugnazione esperibile è il ricorso per Cassazione.

2. Esso però è infondato e deve pertanto essere rigettato.

2.2 Il patrocinio a spese dello Stato è disciplinato dalla parte 3^ D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che, all’art. 76, comma 1, prevede, quale condizione per l’ammissione il possesso "di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a Euro 9.296,22" (via via aggiornato ed ora fissato in Euro 10628 in virtù del D.M. 20 gennaio 2009). "Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia compreso l’istante" (art. 76, comma 2). Contestualmente, il limite di reddito viene elevato di 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi (art. 92).

Sempre ai fini della determinazione del reddito imponibile per l’ammissione al gratuito patrocinio, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 3, prevede che si deve tener conto "anche dei redditi che per legge sono esenti dall’Irpef o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva".

L’ammissione al patrocinio gratuito può e deve essere revocata qualora si accerti che l’interessato non versi nelle condizioni di cui agli artt. 76 e 92 sopra cit., tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte. Spetta all’ufficio dell’amministrazione finanziaria territorialmente competente verificare l’esattezza dell’ammontare del reddito attestato dall’interessato e, se del caso, chiedere la revoca.

Tanto risulta dal testo normativo ed è stato altresì precisato dalla Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 15/E del 21 genn. 2008, emanata ai fini di fornire chiarimenti agli uffici periferici in ordine ai criteri da seguire per accertare la sussistenza delle condizioni di reddito stabilite dalla legge; in tale documento l’amministrazione finanziaria così si è espressa "In considerazione di quanto previsto dalla normativa di riferimento (quella del citato Testo Unico, sopra riportata) avente ad oggetto materia non fiscale, la scrivente ritiene che il reddito cui far riferimento per poter riconoscere il diritto al gratuito patrocinio sia il reddito imponibile ai fini dell’Irpef, quale definito dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3, integrato dagli altri redditi indicati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76. Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, fa espresso riferimento, infatti, al reddito imponibile ai fini dell’Irpef risultante dall’ultima dichiarazione e, al comma 3, elenca anche le altre tipologie di reddito da considerare ai fini della determinazione del limite di reddito in discussione. La scrivente nel fornire tale parere, orientato ad un’interpretazione strettamente letterale della norma, fa presente tra l’altro che, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3, nel disciplinare la base imponibile ai fini fiscali, prevede che nell’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10". Per completezza, la scrivente fa presente, infine, che le affermazioni della Corte Costituzionale contenute nella sentenza n. 144 del 1992, circa la connessione tra il reddito dichiarato ai fini dell’Irpef e quello rilevante al fine della concessione del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, sono intese a chiarire che nella definizione di reddito in senso economico rilevano anche i redditi derivanti da attività illecite".

Il Collegio condivide interamente le osservazioni di cui sopra che risolvono in maniera inequivocabile la questione della corretta interpretazione del concetto di "reddito" che definisce lo stato di non abbienza, in senso contrario a quanto sostenuto dal ricorrente, il cui ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.

– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *