Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14-04-2011) 26-04-2011, n. 16421 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il tribunale di Palermo, con decreto emesso in data 10 novembre 2010 su istanza dell’Agenzia del Demanio – Filiale di Sicilia -, ad integrazione del decreto di confisca dello stesso tribunale del 5 marzo 2005 emesso nei confronti di S.P., disponeva il sequestro e la contestuale confisca di un capannone agricolo, specificandone tutti gli esatti identificativi catastali.

In effetti era accaduto che nel decreto di confisca era stato indicato un capannone agricolo su una particella di terreno confinante con quella indicata nel presente provvedimento ed acquistata con diverso atto notarile, anche se stipulato nello stesso giorno.

Il tribunale rilevava che in effetti due spezzoni di terreno, su uno dei quali insiste il capannone, costituiscono di fatto un unico fondo agricolo composto dalle citate particelle tra loro confinanti.

Con il ricorso per cassazione il S. deduceva la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge perchè trattavasi di due distinti appezzamenti di terreno, dei quali uno non era mai stato sottoposto a sequestro e confisca, tanto è vero che il tribunale aveva contestualmente disposto il sequestro e la confisca; sennonchè il provvedimento cautelare non avrebbe potuto essere disposto ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 6, perchè nelle more il ricorrente aveva ultimato la misura di prevenzione personale.

E’ necessario in primo luogo stabilire la natura del provvedimento così detto integrativo del tribunale, anche al fine di stabilire quale sia il regime di impugnabilità dello stesso.

Il tribunale ha richiamato la L. n. 575 del 1965, artt. 1 e seg. e art. 676 c.p.p., ed ha adottato, pertanto, il provvedimento in sede esecutiva a seguito di udienza camerale.

In verità l’art. 676 c.p.p. richiamato rinvia quanto al procedimento da adottare all’art. 667 c.p.p., comma 4, cosicchè il tribunale avrebbe dovuto provvedere senza formalità con ordinanza; avverso tale ordinanza sarebbe stato possibile proporre opposizione allo stesso giudice e soltanto la decisione sulla opposizione si sarebbe potuta impugnare con ricorso per cassazione.

In effetti sembra, nonostante la qualificazione del tribunale, che si tratti di un provvedimento emesso ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7, che disciplina le ipotesi di revoca o modifica dei provvedimenti di applicazione delle misure di prevenzione.

Il comma 2 di tale disposizione, infatti, stabilisce che sia lo stesso organo che ha emanato il provvedimento a revocarlo o modificarlo.

Orbene nel caso di specie sembra trattarsi di una vera e propria modifica dell’iniziale provvedimento applicativo della misura di prevenzione, tanto è vero che il tribunale non ha parlato di errore materiale e di conseguente correzione, ma ha esplicitamente chiarito che si trattava di integrare il precedente provvedimento, estendendo la confisca anche ai beni acquistati dal prevenuto con il secondo atto notarile di compravendita.

E’ bene ricordare che le Sezioni Unite penali (S.U. 19 dicembre 2006, n. 57) hanno ritenuto estensibile alle misure di prevenzione patrimoniali gli istituti della revoca e della modifica previsti originariamente dal citato art. 7 per le sole misure di prevenzione personali.

Se si tratta di un provvedimento emesso ai sensi della L. n. 1423 del 1956, art. 7 il mezzo di impugnazione da esperire non è il ricorso per cassazione, ma l’appello;

ciò in armonia, mancando una diversa e specifica disposizione, con la disciplina stabilita dall’art. 4 della medesima legge in tema di impugnazioni avverso il provvedimento del tribunale sulla originaria richiesta di applicazione della misura (vedi Cass., Sez. 1, 1 dicembre 1998 – 25 gennaio 1999, n. 6050, che ha superato un precedente orientamento rappresentato da Cass., Sez. 1, 28 gennaio 1997 – 31 maggio 1997, n. 591; vedi anche Cass., Sez. 5, 15 ottobre 2009, Tamborra).

Soltanto avverso il provvedimento della Corte di merito sarà possibile esperire il ricorso per cassazione.

Siffatta interpretazione conferisce maggiori garanzie al prevenuto, prevedendo un doppio grado di merito.

In conclusione il ricorso deve essere qualificato appello e gli atti vanno rimessi alla corte di appello di Palermo per il relativo giudizio.
P.Q.M.

La Corte, qualificato il ricorso come appello, rimette gli atti alla corte di appello di Palermo per il relativo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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