T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 21-04-2011, n. 1013 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – L’impresa D.P. ha impugnato l’ammissione della controinteressata alla gara per l’aggiudicazione dei lavori di sistemazione itinerario escursionistico, c.da Canale – Port.lla Lampedusa – C.da ASA – Magnanò, in agro S. Marco d’Alunzio", e l’aggiudicazione di detti lavori alla medesima controinteressata, chiedendo altresì il risarcimento dei danni.

Dopo aver effettuato l’accesso agli atti di gara parte ricorrente – con atto di diffida del 17.9.2010 – ha invitato l’amministrazione comunale ad annullare in autotutela il provvedimento di aggiudicazione, segnalando alcune illegittimità, chiedendo l’aggiudicazione della gara in proprio favore come seconda in graduatoria.

Il responsabile del procedimento, con nota prot. 3387UTC/5749 del 22.9.2010, ha ritenuto di dover confermare gli atti adottati.

Parte ricorrente insorge deducendo le censure di violazione e falsa applicazione del decreto legge n. 629/1982, come convertito nella legge n. 726/1982 (primo motivo di ricorso), di violazione della lex specialis di gara e del disciplinare di gara sotto ulteriore profilo – violazione dell’art. 38, lett. b), c), f), i, m), m) bis, m) ter, m) quater del d.lgs. n. 163/2006 – violazione del principio di concorrenza (secondo motivo di ricorso). Chiede inoltre, nel caso in cui non dovesse essere possibile ottenere l’aggiudicazione della gara, il risarcimento dei danni, sia in termini di mancato utile, corrispondente al 10% dell’importo del prezzo d’appalto offerto in gara (in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 345 della l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F), sia in termini di spese sostenute dall’impresa D. per partecipare alla gara, da liquidarsi in via equitativa, sia infine in termini di mancata acquisizione di titoli ed esperienze utili al fine di poter partecipare a future gare, da determinarsi pure in via equitativa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1226 c.c.. Chiede infine la rivalutazione monetaria e gli interessi, anche anatocistici, ed il maggior danno ex art 1224, comma 2 c.c., da far decorrere dalla data in cui avrebbero dovuto concludersi i lavori e quindi di decorrenza del periodo in cui l’impresa avrebbe potuto spendere il requisito in questione sino alla data dell’effettivo soddisfo.

2. – Parte controinteressata impugna in via incidentale gli atti di gara, sostenendo l’illegittimità dall’ammissione alla selezione dell’odierna ricorrente principale, e deducendo eccesso di potere per contraddittorietà con i punti 1) e 2) del disciplinare di gara e per violazione del principio della par condicio (primo motivo di ricorso incidentale), violazione dell’art. 19, comma 12 bis, legge n. 109/1994 nel testo recepito in Sicilia, e del D. Assessore LL.pp. n. 26/GAB 24.2.2006 e successive modificazioni – eccesso di potere per travisamento e/o erroneo apprezzamento dei fatti (secondo motivo di ricorso incidentale), violazione dell’art. 17 legge n. 68/1999 e dell’art. 38 decreto legislativo n. 163/2006 e successive modificazioni e integrazioni (terzo motivo di ricorso incidentale).

3. – Con ordinanza n. 1424/2010 l’istanza cautelare avanzata in ricorso è stata accolta, avendo il collegio ritenuto fondato – ad una sommaria delibazione – il ricorso principale e infondato il ricorso incidentale; per mero errore materiale nel dispositivo della predetta decisione, dopo una motivazione evidentemente orientata all’accoglimento dell’istanza cautelare avanzata da parte ricorrente, si scriveva "respinge l’istanza cautelare in esame".

Parte ricorrente chiedeva la correzione dell’errore materiale predetto, rinunciandovi poi per la considerazione della prossimità dell’udienza di trattazione del merito, stabilita nella medesima decisione.

Le parti hanno illustrato ulteriormente le tesi rispettivamente sostenute con memorie.

4. – Come già la sezione ha ritenuto in sede cautelare (v. precedente paragrafo 3), il ricorso principale è fondato, mentre il ricorso incidentale è infondato.

Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di inammissibilità dedotta da parte controinteressata, la quale ha sostenuto che le censure dedotte nel ricorso principale sono state rivolte avverso atti superati dal provvedimento – asseritamente non censurato – di rigetto del ricorso ex art. 21 bis della legge n. 109/1994, nel testo vigente in Sicilia.

Va in contrario osservato che la nota con cui il RUP ha emesso la decisione sul ricorso in opposizione proposto avverso l’aggiudicazione della gara alla A. s.r.l. è stata espressamente impugnata dall’odierno ricorrente, sicché le censure contenute nel ricorso sono certamente rivolte a contestare il contenuto di tutti gli atti impugnati; ciò vale anche con riguardo alla nota prot. n. 3387UTC/5749 del 22 settembre 2010, le cui motivazioni – attinenti, per altro, solo al motivo relativo alla mancata produzione del modello GAP – sono tutte contestate nel ricorso.

Ciò premesso, il collegio esamina la prima doglianza dedotta da parte ricorrente principale, con la quale si lamenta violazione del decreto legge n. 692 del 1982, in particolare sostenendosi che la società controinteressata doveva essere esclusa dalla gara per non avere allegato il modello GAP debitamente compilato. Parte ricorrente precisa che la mancata previsione da parte della lex specialis di tale causa di esclusione, e la mancata previsione addirittura della produzione di tale documento, non fanno venir meno l’illegittimità lamentata; ciò in forza del principio di eterointegrazione del bando e del disciplinare delle gare di evidenza pubblica con le norme imperative.

Il collegio ritiene fondata la censura in questione, in quanto l’obbligo di produzione del modello GAP viene imposto dalla norma imperativa di cui all’articolo 1, comma 5, del d.l. n. 629/1982, e ciò a prescindere da un’espressa previsione della lex specialis di gara. In tal senso, si vedano, fra altre: Tar Palermo, III, sentenza n. 1173 del 23 aprile 2007; Tar Catania, sez. IV, sentenza n. 1 del 7 gennaio 2010, confermata dal Cga con ordinanza cautelare n. 212 del 16 marzo 2010; ancora Tar Catania, IV, sentenza 28 ottobre 2010, n. 4249).

5. – La fondatezza del primo motivo di ricorso, illustrata al precedente paragrafo 4, implicherebbe già di per sé l’accoglimento del ricorso in esame, salva la verifica della sussistenza dell’interesse processuale ai sensi dell’articolo 100 del codice di procedura civile, interesse che potrebbe non sussistere in capo alla parte ricorrente in via principale in caso di fondatezza del ricorso incidentale; tuttavia, il collegio ritiene di esaminare, per completezza, anche l’ulteriore motivo di ricorso principale.

Parte ricorrente lamenta violazione del disciplinare di gara e dell’art. 38, lett. b), c), f), i, m), m bis), m ter), m quater) del d.lgs. n. 163/2006, nonché del principio di concorrenza.

Innanzitutto, l’ammissione alla gara della società controinteressata sarebbe viziata in quanto sarebbero carenti le dichiarazioni in ordine al possesso dei requisiti di carattere generale, come previste dall’art. 38 del codice dei contratti, avendo detta società reso le dichiarazioni di cui alla diversa disposizione di cui all’art. 75, comma 1, lett. a), b), c), d), e), f), g) ed h) del D.P.R. n. 554/1999. Orbene, il disciplinare di gara richiedeva che i concorrenti dichiarassero, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di non trovarsi nelle condizioni previste "nell’articolo 75, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h) del D.P.R. n. 554/1999 e successive modificazioni". Secondo parte ricorrente, ciò implica indiretto richiamo dell’articolo 38 su menzionato, col quale sono state introdotte modificazioni alla meno recente disposizione del 1999; essa precisa che è lo stesso disciplinare, attraverso la formula adoperata – "successive modificazioni" – a fare sostanzialmente rinvio alla disciplina del 2006.

Il collegio ritiene che, come esattamente osservato in ricorso, la questione sottoposta al vaglio giurisdizionale abbia una portata non puramente formale, non potendosi sostenere che, dal punto di vista sostanziale, le dichiarazioni richieste dall’articolo 38 e dall’articolo 75 sopra citati siano identiche; non è infatti la stessa cosa dichiarare soltanto – come nel caso di specie è avvenuto – "che nei propri confronti non è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art.444 del cp.p, per reati che incidono sull’affidabilità morale", oppure completare la dichiarazione predetta facendo riferimento ad eventuali decreti penali di condanna, come invece richiesto a pena di esclusione dall’art. 38 del codice contratti, che prevede espressamente al primo comma, lett. c), tra le cause di esclusione dalla partecipazione ai pubblici appalti, non solo la condizione di non aver riportato condanne passate in giudicato, ma anche di non avere riportato decreti penali di condanna.

Fra le altre dichiarazioni mancanti, tra quelle previste dal più volte richiamato articolo 38, parte ricorrente elenca:

– la dichiarazione di inesistenza delle cause di divieto, decadenza o sospensione di cui all’art. 10, l. n. 575 del 1965 (art. 38, comma 1, lett. b);

– la dichiarazione di non aver commesso un errore grave nell’esercizio della propria attività professionale (art. 38, comma 1, lett. f);

– la dichiarazione di non aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, delle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali (art. 38, comma 1, lett. i);

– la dichiarazione che non è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’art. 9, comma 2, lett. c) del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione (art. 38, comma 1, lett. m);

– la dichiarazione che nei propri confronti non è stata applicata la sospensione o la revoca dell’attestazione SOA da parte dell’Autorità per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci, risultanti dal casellario informatico (art. 38, comma 1, lett. m bis);

– la dichiarazione che non risultano iscritte nell’Osservatorio dei contratti pubblici, istituito presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, segnalazioni a proprio carico di omessa denuncia dei reati previsti dagli articoli 317 e 629 del codice penale, aggravati ai sensi dell’art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, emergenti da indizi a base di richieste di rinvio a giudizio formulate nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando di gara (art. 38, comma 1, lett. m ter);

– la dichiarazione di non trovarsi in una situazione, anche di fatto, che comporti imputabilità delle offerte ad un unico centro decisionale (art. 38, comma 1, lett. m quater).

Ad avviso del collegio, anche la doglianza in esame risulta meritevole di adesione, tenuto conto non solo della già rilevata portata sostanziale (e non solo formale) delle dichiarazioni rese ai sensi dell’una o dell’altra delle disposizioni su richiamate, ma anche, in ogni caso, del principio di eterointegrazione di cui s’è fatto cenno nel precedente paragrafo 4 (cfr.: Tar Napoli, I, 27 maggio 2010, n. 9649; Tar Catania, IV, sentenza 21 luglio 2009, n. 1350).

6. – Il collegio esamina adesso le doglianze proposte da parte controinteressata in via incidentale.

Con il primo motivo di ricorso incidentale si sostiene che l’odierno ricorrente principale si sarebbe dovuto escludere dalla gara per aver prodotto nella busta A, contenente la documentazione amministrativa, un solo documento di riconoscimento; ciò in asserita violazione dei punti 1 e 2 del disciplinare di gara.

La doglianza non è fondata, in quanto ispirata ad un formalismo eccessivo, ingiustificato, e non rispondente ad alcuna esigenza sostanziale. In relazione ad analoga fattispecie, è stato ritenuto che la finalità sottesa alla produzione del documento di riconoscimento deve considerarsi raggiunta anche nel caso in cui ad una pluralità di dichiarazioni provenienti dal medesimo soggetto corrisponda la produzione di un solo documento di riconoscimento (cfr.: Consiglio di Stato,V, sentenza n. 7608 del 22 ottobre 2010, in cui si parla di "formalismo senza scopo"; Tar Catania, IV, sentenza 21 luglio 2009, n. 1350); l’identità del soggetto dichiarante evidentemente è una e tale rimane quante che siano le dichiarazioni. Tale identità è accertata dal documento ad essa riferibile, senza che la presenza di più copie del documento stesso ne rafforzi in alcun modo la funzione certificatoria.

7. – Con il secondo motivo di ricorso incidentale parte controinteressata sostiene l’illegittimità dell’ammissione della odierna ricorrente principale per un’altra ragione, in particolare affermando che la stessa ha prodotto in gara un DURC rilasciato per lavori privati in edilizia in data 21 maggio 2010, e quindi scaduto e non idoneo, in quanto la relativa validità sarebbe stata di un mese.

Osserva il collegio che nella domanda di partecipazione alla gara dell’impresa odierna ricorrente vi è la dichiarazione (lett. I) "di non aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana", e che detta impresa ha presentato un DURC sul quale è stato apposto un timbro recante la dicitura: "per partecipazione gare appalto Regione Sicilia legge n. 18 del 29/11/2005 e successive modifiche. Validità mesi 3."

Il certificato prodotto dall’impresa D., inoltre, reca anche la dicitura: "il presente certificato è rilasciato ai sensi dell’art. 86, comma 10, d.lgs. n. 276/2003 ed è valido 90 (novanta) giorni dalla data del rilascio"; pertanto, calcolando 90 giorni a partire dalla data in cui il certificato in questione è stato rilasciato, il 15 giugno 2010, esso era, alla data di scadenza della presentazione delle offerte, il 10 agosto 2010, pienamente valido.

In conclusione, anche il secondo motivo di ricorso incidentale è da ritenersi infondato.

8. – Con il terzo motivo di ricorso incidentale il controinteressato censura la lex specialis di gara sotto il profilo della violazione ed erronea applicazione dell’articolo 17 della l. n. 68/1999 e dell’articolo 38 del d.lgs. 163/2006, sostenendo che la dichiarazione – richiesta dalla lex specialis e, conformemente alla stessa, resa dall’impresa D. – di non essere assoggettati agli obblighi di assunzione obbligatoria di cui alla legge n. 68/1999, avendo alle proprie dipendenze meno di 15 dipendenti, non equivale alla dichiarazione "di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili".

Il ricorrente incidentale, sostanzialmente, ritiene che la certificazione di cui all’articolo 17 della legge n. 68/1999 – richiesta ora anche dall’articolo 38 del d.lgs. 163/2006 – non debba ritenersi limitata all’adempimento degli obblighi di assunzione di cui all’articolo 3 della legge stessa ma debba essere estesa genericamente ad altri obblighi previsti dalla stessa legge.

Va a in contrario osservato che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con circolare n. 41/2000, ha chiarito come "i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti e che non hanno effettuato nuove assunzioni dopo il 18 gennaio 2000, se intendono partecipare a gare d’appalto non sono tenuti a richiedere la certificazione agli uffici, poiché non soggetti agli obblighi derivanti dalla legge 68/1999. A maggior ragione ciò vale per le imprese che occupano meno di di 15 dipendenti. Peraltro, per motivi di linearità dell’azione amministrativa e, ad ulteriore garanzia di trasparenza nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, si ritiene opportuno prevedere che i datori di lavoro in questione autocertifichino, mediante il legale rappresentante, la loro condizione di non assoggettabilità agli obblighi di assunzione obbligatoria, adempimento che si ritiene del tutto sufficiente, tenuto conto delle onerose assunzioni di responsabilità che da esso discendono".

Dello stesso tenore anche la circolare n. 10 del 28 marzo 2003, che si ritiene opportuno riportare per intero:

La legge 16 gennaio 2003, n. 3 al capo II, recante norme di semplificazione, ha introdotto modifiche al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

In particolare l’art. 15, nell’introdurre alla lettera b) l’art. 77bis stabilisce che: "le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista la certificazione od altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall’art. 78".

Per effetto della suddetta disposizione viene meno, pertanto, la prescrizione di cui all’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in virtù della quale le imprese che partecipano a bandi per appalti pubblici o intrattengono rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni erano tenute a certificare l’avvenuto adempimento degli obblighi di assunzione.

Quanto sopra premesso, le aziende che intendono partecipare a gare per l’assegnazione di appalti pubblici, sono tenute a presentare unicamente una dichiarazione del legale rappresentante, che attesti l’ottemperanza agli obblighi di assunzione; sarà cura delle amministrazioni interessate effettuare, nei confronti delle azienda che risulterà aggiudicataria, i necessari accertamenti presso i servizi provinciali che esercitano le funzioni di collocamento.

Si ritiene utile, infine, rammentare che restano tuttora validi gli orientamenti ed i principi fissati con le precedenti direttive in materia, in particolare per quanto concerne i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti e che non hanno effettuato nuove assunzioni.

Per questi ultimi, in quanto non soggetti agli obblighi derivanti dalla legge n. 68/99, la dichiarazione di responsabilità attestante la condizione di non assoggettabilità, non necessita di verifica da parte delle Amministrazioni interessate in quanto i servizi provinciali non custodiscono alcuna documentazione concernente la loro situazione��.

E’ pertanto sufficiente che l’impresa, ai fini della partecipazione ad una procedura di gara, dichiari di non essere assoggettata alla normativa sull’assunzione dei disabili perché ha alle proprie dipendenze meno di 15 dipendenti, con ciò avendo assolto l’obbligo di dichiarare la propria posizione nei confronti delle suddetta disciplina, obbligo sancito oggi dall’articolo 38 del d.lgs. 163/2006 (cfr., in termini, Tar Catania, IV, sentenza n. 1404 del 12 luglio 2008, confermata dal Cga con sentenza n. 403 del 11 maggio 2009).

Tanto premesso, il motivo di ricorso incidentale in esame deve ritenersi infondato.

9. – Va pertanto confermato l’orientamento già espresso dalla sezione in sede cautelare, come ricordato al precedente paragrafo 3.

Il ricorso principale deve quindi essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati, mentre il ricorso incidentale deve essere respinto.

Quanto alla domanda risarcitoria, parte ricorrente chiede in via principale l’aggiudicazione dei lavori di cui trattasi. Non risulta che sia stato stipulato il relativo contratto, non avendolo dichiarato alcuna delle parti; pertanto, la domanda in questione può essere accolta.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto annullando gli atti in epigrafe specificati, e condannando il Comune di S. Marco d’Alunzio ad aggiudicare i lavori di cui trattasi alla ditta D.P..

Spese a carico della parte controinteressata e del Comune, tenuti in solido a corrispondere alla parte ricorrente euro tremila/00 oltre accessori e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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