Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-04-2011) 26-04-2011, n. 16347

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.G. ricorre per cassazione a mezzo del suo difensore contro l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di L’Aquila, da lui adito in sede di riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere inflittagli dal G.I.P. del Tribunale di Vasto in data 29/12/2010 in ordine ai reati di concorso in detenzione illecita e cessione continuata di sostanza stupefacente del tipo cocaina ex artt. 81 e 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 1, lett. g) ed estorsione ex art. 629 c.p..

Nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione il difensore ne eccepisce la nullità per violazione della legge processuale e difetto di motivazione in riferimento all’art. 268 c.p.p. e art. 309 c.p.p., comma 5, e sostiene che, essendo il quadro indiziario basato esclusivamente sulle disposte intercettazioni telefoniche, il mancato rilascio della copia audio delle stesse, malgrado la richiesta in sede di interrogatorio di garanzia aveva costituito un grave vulnus al diritto della difesa, che non aveva potuto confrontare il contenuto dei brogliacci con i supporti magnetici, secondo quanto affermato di recente dalla Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 20300 del 27/5/2010. E in tali sensi censura l’operato del Tribunale, che nel respingere l’eccezione aveva erroneamente ritenuto che le considerazioni difensive non erano attinenti al momento genetico della misura impositiva, ma a quello successivo e non potevano essere fatte valere con il rimedio di cui all’art. 309 c.p.p..

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza della censura, che correttamente richiama il principio espresso dalla recente giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia, dimenticando però che la richiesta andava rivolta non al G.I.P. in sede di interrogatorio di garanzia, ma al P.M. titolare dell’inchiesta e del materiale investigativo.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *