Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-04-2011) 26-04-2011, n. 16339

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

anna Adelmo che chiede l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Venezia ha confermato la decisione in data 23/10/2007, con la quale il Tribunale in sede ha dichiarato L.S. colpevole del reato di maltrattamenti e lo ha condannato alla pena di giustizia oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile, cui liquidava una provvisionale, il cui pagamento condizionava il concesso beneficio della sospensione della pena.

Si contestava all’imputato di avere maltrattato la moglie convivente C.P., percuotendola con continuità, minacciandola anche con un coltello e con una pistola ed offendendola, sputandole addosso e così costringendola a ricorrere ripetutamente alle cure mediche e ad allontanarsi dall’abitazione familiare.

In motivazione la corte di merito condivideva la ricostruzione della vicenda operata in prime cure, e faceva propri i rilievi e le argomentazioni del giudice di primo grado a conferma del giudizio di colpevolezza, valorizzando la precisa, dettagliata testimonianza della parte offesa, ritenuta altamente attendibile, siccome supportata e confermata dai referti medici, dagli interventi dei Carabinieri, nonchè dalle testimonianze dei vicini di casa;

confermava la statuizione che condizionava il beneficio della sospensione della pena al pagamento della provvisionale, correttamente finalizzata ad assicurare l’effettiva corresponsione della somma in favore della parte offesa.

Contro tale decisione ricorre l’imputato a mezzo del suo difensore, che articola a sostegno tre motivi.

Con il primo motivo denuncia la illegittimità costituzionale dell’art. 572 c.p. per contrasto con l’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 2, art. 25 Cost., comma 2, art. 27 Cost., comma 1 in riferimento ai parametri della determinatezza e della tassatività della fattispecie incriminatrice, e di conseguenza al principio di uguaglianza, al principio di non colpevolezza e al diritto costituzionalmente garantito alla difesa, enunciandone in una lunga e dotta disquisizione le ragioni della rilevanza e della fondatezza dell’eccezione.

Con il secondo motivo deduce la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in riferimento all’omesso esame del motivo di appello con il quale si chiedeva la riqualificazione del reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p. in quello di lesioni personali continuate previsto dall’art. 81 cpv. c.p., art. 582 c.p..

Con il terzo motivo lamenta analogo vizio di motivazione in riferimento all’omesso esame del motivo di appello, con il quale si chiedeva la sospensione dell’esecutività della provvisionale stabilita dal giudice di primo grado.

Con i motivi nuovi depositati in data 16/3/2011 ex art. 585 c.p.p., comma 4, la difesa insiste sulle ragioni fondanti il secondo motivo di ricorso, stigmatizzando l’errore dei giudici del gravame nell’avere omesso di riqualificare il reato di maltrattamenti in quello di lesioni personali continuate ex art. 582 c.p..

Il ricorso non ha fondamento e deve essere pertanto rigettato.

Le argomentazioni a sostegno del primo motivo, per quanto pregevoli, non appaiono idonee a superare il vaglio della rilevanza e della fondatezza dell’eccezione di incostituzionalità della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 572 c.p..

Quanto alla rilevanza il ricorrente non può dolersi della contestata indeterminatezza della fattispecie criminosa, giacchè, se è vero che l’art. 572 c.p., prevede una condotta abitudinaria, che si concreta in una serie di illeciti trattamenti – morali e fisici – fusi in una sola entità criminosa, che potrebbe lasciare eccessivo spazio alla discrezionalità del giudice nella delimitazione dell’area del penalmente rilevante, nel caso in esame sono contestati fatti specifici, quali ingiurie, minacce, percosse, lesioni personali e violenza privata, che già di per se costituiscono reati autonomi, in ordine ai quali l’imputato è stato posto in condizioni di difendersi, con conseguente esclusione di quel vulnus al diritto alla difesa, lamentato dal ricorrente.

Quanto alla fondatezza, la Corte Costituzionale già si è occupata della questione, quando con la sentenza n. 3 del 19/1/1972, ha dichiarato, sia pure ai diversi fini dell’arresto in flagranza, difficilmente configurabile in un reato abituale o a condotta plurima, quale quello de quo, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 572 c.p., sollevata in riferimento all’art. 13 Cost. nella parte in cui l’accertamento di conformità della fattispecie concreta a quella astratta avverrebbe ad opera del giudice.

Il secondo motivo è privo di consistenza giuridica, non ravvisandosi l’omessa pronuncia in ordine alla riqualificazione del fatto in quello di lesioni personali, richiesta nei motivi di appello, sulla quale ha implicitamente risposto il giudice del gravame nel confermare il giudizio di colpevolezza, ribadendo la condotta abituale di sopraffazione dell’imputato ed escludendo, così come aveva fatto il giudice di primo grado, che le lesioni e i pestaggi inferti alla moglie potessero costituire episodi isolati e circoscritti nel tempo e in tal modo assorbire il reato di maltrattamenti, in linea peraltro con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, a mente della quale il delitto di lesioni personali volontarie non costituisce sempre elemento essenziale del reato di maltrattamenti in famiglia, e non può ritenersi assorbito in esso, trattandosi di illeciti, che concorrono materialmente tra loro per la diversa obiettività giuridica (ex multis Cass. Sez. 1. 9/11/05- 24/2/06 n.7043 Rv.234047; Sez. 6, 11/5-23/6/04 n.28367 Rv.229591; 7/5- 19/11/86 n.12936 Rv.174326).

Il terzo motivo difetta di specificità, laddove non indica i motivi, per cui la provvisionale non avrebbe dovuto essere applicata a fronte peraltro di una motivazione sul punto, sia pure sintetica, nella quale la corte di merito valorizza il fine di essa, diretta ad assicurare l’effettiva corresponsione della somma liquidata alla parte civile.

Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida nella somma di Euro 2.739,00 oltre accessori in favore della parte civile C.P..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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