Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-04-2011) 26-04-2011, n. 16335 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il G.U.P. in sede aveva dichiarato K.A. colpevole del reato di corruzione ex artt. 319 e 321 c.p., e, riconosciuta l’ipotesi attenuata di cui all’art. 323 bis c.p. lo aveva condannato alla pena di giustizia.

Si addebitava all’imputato di avere promesso a V.S., pubblico ufficiale con funzioni di impiegata dell’ufficio anagrafe del Comune di Milano, la somma di Euro 100,00 perchè la predetta agevolasse l’iscrizione anagrafica al registro dei residenti del cugino K.L..

In motivazione la Corte distrettuale condivideva la ricostruzione della vicenda oprata in primo grado e faceva proprie le argomentazioni del G.U.P. a sostegno della conferma del giudizio di colpevolezza, valorizzando le indagine e le investigazioni della p.g., le disposte intercettazioni telefoniche, nella quali la V. manifestava la propria disponibilità a rilasciare certificati di residenza in cambio di danaro. Escludeva che nel caso ricorresse l’ipotesi della concussione ambientale, prospettata dalla difesa e riteneva congrua la pena inflitta.

Contro tale decisione ricorre l’imputato a mezzo del suo difensore che nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento denunzia l’erronea applicazione della legge penale e il difetto di motivazione, insistendo nella tesi, già esposta nei motivi di appello, concernente la qualificazione giuridica del fatto non come corruzione, ma come concussione ambientale, della quale sosteneva esservi tutti i presupposti, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ed in particolare la c.d. convenzione tacitamente riconosciuta, ossia quella situazione di soggezione ambientale, emergente dalle riposte intercettazioni, costituita da diffuse condotte illegittime da parte del pubblico ufficiale, che si prestava a rilasciare certificati in cambio di danaro attraverso una fitta rete di contatti con cittadini extracomunitari, alla quale l’imputato si era adeguato.

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza della censura, che ripropone pedissequamente il motivo, già esaminato dal giudice del gravame, e non si confronta con le argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata, che correttamente si adegua al principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità a mente del quale in tema di distinzione tra i reati di corruzione e concussione, non è ravvisabile l’ipotesi della concussione cosiddetta "ambientale", qualora il privato si inserisca in un sistema, nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della tangente sia costante, in quanto viene a mancare completamente in lui lo stato di soggezione e il privato tende ad assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch’egli protagonista del sistema (ex multis Cass.Sez. 6, 21/11/02-23/9/03 n. 36551 Rv. 226910).

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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