T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 22-04-2011, n. 277 Licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente fa presente che il comune aveva approvato ancora nel 1999 un piano particolareggiato di iniziativa privata nell’ambito del quale era altresì previsto un insediamento commerciale di grande superficie. La ditta chiedeva al comune di essere autorizzata a costruire un centro commerciale, ma il comune rigettava la domanda precisando che nella zona non erano previsti insediamenti per attività direzionali e commerciali. Il comune sosteneva in un successivo atto che nell’ambito del territorio comunale lungo la strada statale erano già previsti insediamenti di grandi supermercati, il che gli impediva di accogliere la domanda della ricorrente ditta.

A sostegno illustra i seguenti motivi di ricorso:

1. Violazione dell’articolo 10 bis della legge 241 del 1990, in relazione alla mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. Il diniego impugnato non era stato preceduto dal preavviso di diniego, indispensabile a norma di legge, che avrebbe consentito alla ditta di spiegare le proprie ragioni.

2. Violazione di legge, dell’articolo 1 comma terzo della legge regionale 11 del 2008, contraddittorietà e illogicità del provvedimento in relazione al punto 4 della delibera del consiglio comunale n. 25 dell’8 luglio 2009. Il comune ha individuato tra le aree già destinate a centri commerciali quelle lungo la statale 602, che ad avviso del comune sarebbero assimilabili a strutture di grandi superfici di vendita. Questo giudizio di assimilabilità non sarebbe corretto, in quanto la legge regionale prevede una espressa previsione di queste grandi superfici di vendita. Inoltre, la delibera 25 del consiglio comunale non rende possibile alcun tipo di assimilazione.

3 Violazione dell’articolo 5 del d.p.r. 447 del 1998, carenza di motivazione e sua illogicità, difetto di istruttoria. La norma prevede che venga valutata la sufficienza almeno delle aree destinate a grandi superfici di vendita, mentre il comune non ha valutato esattamente tale aspetto e le aree che si considerano disponibili non lo sono dal punto di vista qualitativo, in quanto la disponibilità sotto il profilo urbanistico deve essere quella effettiva e non teorica. L’area indicata dal comune risulta infatti priva di qualsiasi opera di urbanizzazione, al contrario della zona in cui la ditta voleva insediare l’area commerciale.

Resiste in giudizio il Comune, il quale eccepisce l’inammissibilità del gravame per carenza assoluta di interesse. Infatti in data 8 giugno 2010 la ditta ha presentato un’altra domanda riducendo la superficie di vendita, in tal modo dimostrando una carenza di interesse. Quanto al primo motivo il comune osserva che comunque il diniego risultava un provvedimento vincolato. Il comune contesta anche le restanti censure concludendo per il rigetto del ricorso.

In successiva memoria la ricorrente ditta ribadisce ulteriormente le proprie argomentazioni, confutando l’eccezione avversaria.

Infine, nel corso della pubblica udienza del 7 aprile 2011 la causa è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

Oggetto del presente ricorso è il provvedimento di diniego n. 1222 datato 21 luglio 2010 del SUAP del Comprensorio pescarese che ha rigettato l’istanza della ditta ricorrente e ha negato l’avvio del procedimento per il parere contrario del Comune di Spoltore nonché detto parere n. 17478 del 7 luglio 2010.

Va innanzitutto esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sollevata dal Comune, in quanto la società ricorrente ha presentato in data 8 giugno 2010 una domanda per la realizzazione di una superficie di vendita. L’eccezione risulta infondata, in quanto la presentazione di una domanda a seguito di un diniego non vale a far cadere l’interesse sul ricorso, anche perché, come rileva lo stesso comune, la superficie della nuova domanda risulta ridotta rispetto a quella di cui alla pretesa sollevata in ricorso.

Quanto alla prima censura, relativa alla violazione dell’articolo 10 bis della legge 241 del 1990 per mancato preavviso di diniego, la sua fondatezza dipende dall’esito e dalla fondatezza delle restanti doglianze, in quanto ove il diniego comunale si possa considerare come un atto dovuto, si può superare la mancanza di preavviso.

Inoltre nel caso specifico, risulta che la società ricorrente abbia interloquito con il comune più volte, anche chiedendo in autotutela la revoca del provvedimento di diniego, per cui è risultata garantita la sua partecipazione al procedimento.

Il punto centrale del presente ricorso riguarda l’applicazione al caso concreto dell’articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998, norma che come noto vuole favorire l’apertura di grandi superfici di vendita nei comuni che ne siano carenti.

In generale, l’art. 5, d.P.R. n. 447 del 1998 va qualificato come disposizione di natura eccezionale che consente di variare lo strumento urbanistico saltando la procedura ordinaria al ricorrere di ipotesi tassativamente previste. La portata derogatoria dell’istituto rispetto alla regola del diniego necessitato all’approvazione di un progetto contrastante con lo strumento urbanistico rende i presupposti di cui all’art. 5 di stretta interpretazione (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 10 novembre 2009, n. 7217).

L’indisponibilità di aree posta dall’art. 5, d.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447, quale primo requisito per l’avvio dell’iter di variante cd. " semplificata " non dev’essere valutata avendo come unico punto di riferimento l’esistenza o meno di terreni immediatamente utilizzabili, sui quali sia dunque possibile edificare sulla base del rilascio diretto di un titolo edilizio, ma esaminando il complesso delle aree libere aventi una destinazione urbanisticamente compatibile con l’intervento in oggetto.

Infine il ricorrere delle ipotesi contemplate all’art. 5, d.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447, costituisce condizione minima necessaria ma non sufficiente al fine dell’assentibilità del richiesto intervento, permanendo in capo all’Amministrazione un’ampia discrezionalità circa l’an stesso ed il quomodo della prestazione dell’eventuale assenso; sia la concessione in deroga, sia la variante dello strumento urbanistico non sono infatti atti dovuti, ma costituiscono oggetto di esercizio di poteri discrezionali, che devono comparare l’interesse alla realizzazione dell’opera con molteplici altri interessi, quali quello urbanistico, edilizio, paesistico e ambientale (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 08 ottobre 2009, n. 2285).

Nel caso in riesame, il comune, con la deliberazione del consiglio comunale 25 dell’8 luglio del 2009 ha recepito il dettato della legge regionale 11 del 2008, stabilendo che le grandi superfici di vendita sono consentite esclusivamente ove previste dallo strumento urbanistico.

Va ora esaminata la motivazione adottata dal comune nel diniego qui impugnato. Il comune invero osserva come nel territorio comunale si è già individuata dal piano regolatore una zona ubicata lungo la strada statale 602 in cui è contemplata la realizzazione di ipermercati, che secondo il comune sono assimilabili alle grandi superficie di vendita. Invero, l’articolo 5 sopraccitato è una norma di tipo eccezionale volta a favorire l’insediamento delle grandi superfici di vendita nei comuni che non abbiano previsto tali insediamenti, laddove essa non opera nel caso in cui il comune abbia già individuato aree a tal fine. Nel caso risulta chiaramente che il comune ha già individuato delle zone dove insediare le grandi superfici di vendita, e l’assimilazione tra le dizioni adottate dal comune nel piano regolatore e la definizione di grande superficie di vendita appare del tutto corretta, in un’interpretazione sostanzalistica della normativa vigente.

La società ricorrente afferma invero che le aree ubicate lungo la strada statale sarebbero astrattamente idonee ma concretamente carenti, per la mancanza di opere di urbanizzazione. A parte che la presenza di una strada statale costituisce di per sé un aspetto favorevole all’insediamento di grandi superfici di vendita, le opere di urbanizzazione possono essere sempre realizzate assieme alla grande superficie di vendita. In altri termini, l’assimilazione effettuata dal comune appare corretta e logica, mentre non si può far premio alla concezione nominalistica delle definizioni contenute nelle norme di piano regolatore.

In sostanza, il fatto che il comune abbia in concreto individuato delle zone dove insediare grandi superfici di vendita, appare sufficiente per rendere inapplicabile il citato articolo 5 del d.p.r. 447 del 98.

Così stando le cose, il diniego opposto dal comune appare legittimo e quindi anche la mancanza di preavviso di diniego può essere superata in quest’ottica.

Per quanto fin qui evidenziato il ricorso va rigettato, anche se la complessità della normativa applicabile rende opportuna la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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