Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-03-2011) 26-04-2011, n. 16412 Dichiarazione di impugnazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di L’Aquila, con ordinanza dell’8 luglio 2010, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da S. G., Sp.Gr. e S.C. avverso la sentenza del Tribunale di Sulmona del 22 aprile 2010. 2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, lamentando quale unico motivo, la violazione di legge per essere, al contrario, l’impugnazione pienamente ammissibile, ai sensi dell’art. 581 c.p.p..

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente, deve osservarsi come la dichiarazione del difensore degli imputati di voler aderire all’astensione degli avvocati promossa dagli organi nazionali forensi non abbia effetto alcuno nel presente procedimento camerale non partecipato, ai sensi dell’art. 127 c.p.p., nel quale la presenza del difensore è meramente eventuale.

2. Quanto al merito effettivo il ricorso è, all’evidenza, inammissibile. Questa Corte, infatti, affrontando la problematica della identificazione dei requisiti minimi che l’atto di impugnazione deve presentare per superare il preliminare scrutinio di ammissibilità, e segnatamente del tasso di determinatezza dei motivi, a tal fine, necessario, ha avuto modo di evidenziare che la verifica deve essere volta ad accertare la presenza, in concreto, dei connotati della "chiarezza" e "specificità", in rapporto ai principi della domanda, della devoluzione e del diritto di difesa, il cui rispetto quei criteri mirano a presidiare, sì che la "forma dell’impugnazione" ne soddisfi anche la "sostanza".

In tale prospettiva è stato opportunamente precisato che la valutazione del contenuto dell’atto di impugnazione non può prescindere dalla considerazione che, da un lato, esso debba perimetrare l’esatto tema devoluto, così da permettere al Giudice ad quem di individuare il contenuto e la ratio essendi dei rilievi proposti, ed esercitare, quindi, il proprio sindacato; dall’altro, e di riflesso, debba essere tale da consentire agli eventuali "controinteressati" di adeguatamente resistere alla domanda di gravame e alla portata demolitoria che il suo eventuale accoglimento avrebbe rispetto alla decisione impugnata, in ipotesi per essi favorevole (v. Cass. Sez. 4, 30 settembre 2008, n. 40243).

In fatto, questa volta, la mera lettura dell’atto di impugnazione oggetto del presente giudizio di legittimità permette di chiarire immediatamente, con ciò determinando il giudizio di inammissibilità, come gli appellanti non abbiano affatto, in maniera chiara e specifica, indicato i motivi di doglianza da proporre per ottenere la riforma della sentenza del primo grado.

Concordemente a quanto affermato dalla stessa difesa dei ricorrenti è vero che la legge non preveda la necessità di atti inutilmente prolissi ma, di converso, essa richiede, quantomeno, un minimo di motivazione sulle ragioni di doglianza avverso il provvedimento impugnato, che nella specie non è dato ravvisare.

3. I ricorsi vanno, in definitiva, dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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