T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22-04-2011, n. 613 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Su un appezzamento di terreno, sito in Mozzanica, alla via Strada Padana Superiore 11, sul fondo distinto al relativo catasto al mappale 1012, classificato dal P.R.G. di tale Comune come zona E3, agricola compresa nel Parco del Serio e di proprietà di F.C., insistono una serie di opere; in particolare "lungo il confine est del lotto è stato installato un prefabbricato adibito a servizio igienico avente in pianta le dimensioni indicative di mt 2.40 x 2.40, lungo il confine sud del lotto sono posizionate due roulotte lunghe circa 6 metri; al centro del lotto è stato posizionato un gazebo avente in pianta le dimensioni indicative di mt. 3.50 x 3.50, la parte perimetrale del lotto è stata inghiaiata; la parte centrale del lotto è mantenuta a prato e delimitata con cordoli di cemento; sono installati dei lampioncini da giardino a forma di statua; è presente una fontanella d’acqua" (doc. 7 ricorrente, copia ordinanza impugnata, meglio indicata in epigrafe).

Tali opere costituiscono la dimora di due nuclei familiari, il primo composto dall’odierna ricorrente F.C., dal di lei convivente S. C., e dai comuni figli D. (testuale) C., nata nel 1997, Brenda C., nata nel 1997, e Steven C., nato nel 2010 (doc. ti ricorrente 10, copia stato famiglia al 13 maggio 2009, e 37, dichiarazione di S. C. circa la nascita dell’ultimogenito, fatto comunque non controverso); il secondo composto da K.E., sorella della ricorrente, dal di lei convivente E.G. e dalle comuni figlie S. (testuale) G., nata nel 1998, e M.G., nata nel 2004 (doc. 11 ricorrente, copia certificato di stato famiglia sigg. E.G.); risulta infatti che i suddetti nuclei famigliari, a causa dell’intervenuta disoccupazione dei due capifamiglia e della perdita nel 2008 dei rispettivi alloggi, l’uno pignorato dai creditori, l’altro ceduto alla banca che aveva erogato il mutuo per l’acquisto, si siano trovati nella impossibilità di reperire altra sistemazione abitativa (doc. ti ricorrente da 12 a 18, copie ultimi modelli CUD e atti della procedura esecutiva e della cessione dell’immobile per insolvenza).

Con l’ordinanza 28 aprile 2009 n°6 di cui in epigrafe (doc. 7 ricorrente, cit.), il Comune di Mozzanica, descritte le opere presenti sul fondo per cui è causa nei termini sopra indicati e rilevato il loro carattere abusivo "in quanto eseguite in assenza del permesso di costruire in area vincolata", ha ingiunto a F.C. "di provvedere a propria cura e spese alla demolizione e rimozione delle opere ed installazioni… nonché al ripristino dello stato originario del luoghi, entro il termine perentorio di giorni novanta" dalla notifica dell’atto, ovvero entro il 4 agosto 2009.

Avverso tale ordinanza, F.C. ha proposto ricorso principale, articolato in due censure, riconducibili secondo logica ai tre motivi seguenti:

– con il primo di essi, corrispondente alla prima parte della prima censura, deducono violazione dell’art. 10 del T.U. 6 giugno 2001 n°380, in quanto le opere realizzate, essendo destinate a supplire all’esigenza abitativa di cui sopra sin quando gli interessati non abbiano reperito, assieme ad una occupazione, altro confacente alloggio, devono ritenersi precarie e temporanee, quindi non soggette a permesso di costruire;

– con il secondo motivo, corrispondente alla parte finale della prima censura, a p. 12 dell’atto, deducono ulteriore violazione dell’art. 10 citato. Premettono in proposito che l’area di sedime delle opere è disciplinata dall’art. 32 delle N.T.A. comunali, conforme all’art. 24 delle N.T.A. del Piano territoriale provinciale relativo al Parco del Serio, ed è classificata come "zona degradata da recuperare"; ciò posto, affermano che le opere in questione sarebbero consentite da tale qualificazione;

– con il terzo motivo, corrispondente alla seconda censura, deducono infine violazione del principio di proporzionalità, alla luce dell’esiguo termine concesso per lo sgombero, che pregiudicherebbe in particolare la frequenza scolastica dei minori.

Con memoria 27 luglio 2009, la ricorrente ha ribadito le proprie posizioni.

Con ordinanza 31 luglio 2009 n°512, la Sezione ha accolto la domanda cautelare nel senso di ritenere l’amministrazione tenuta a fissare un termine più ampio.

A ciò ha fatto seguito l’ordinanza 4 febbraio 2010 n°1 di cui pure in epigrafe, che ha prorogato il termine di sgombero al 15 luglio 2010 (doc. 27 ricorrente, copia di essa), gravata con il primo ricorso per motivi aggiunti, articolato in tre censure, corrispondenti ai seguenti quattro motivi:

– con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 7 l. 7 agosto 1990 n°241, per omesso avviso dell’inizio del procedimento;

– con il secondo, il terzo ed il quarto, riproduce i tre motivi del ricorso principale.

Con memoria 28 aprile 2010, la ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie ragioni, puntualizzando come i sigg. G. e C., che pure avevano reperito nuove occupazioni, siano stati nuovamente licenziati per riduzione di personale (doc. ti ricorrente 31 e 32, copie lettere in merito).

Con ordinanza 30 aprile 2010 n°238, la Sezione ha accolto in parte l’ulteriore istanza cautelare, dichiarando il Comune tenuto a fissare un termine per lo sgombero al 31 ottobre 2010.

A ciò ha fatto seguito nuova ordinanza comunale, 24 maggio 2010 n°3, che ha recepito tale indicazione (doc. 32 ricorrente, copia di essa), ed è stata a sua volta impugnata con i secondi motivi aggiunti, che ripropongono il contenuto dei primi di cui sopra.

Nelle more, è intervenuta la nota 16 luglio 2010, con la quale il Sindaco di Mozzanica ha comunicato la mancanza da parte dell’amministrazione di alloggi sociali, ed ha ribadito la necessità di trovare una sistemazione abitativa confacente (doc. 36 ricorrente, copia nota indicata)

Anche detta nota è stata impugnata, con il terzo atto di motivi aggiunti, articolato in unico motivo di eccesso di potere, nel senso che l’interesse a garantire un alloggio, oggetto di un diritto fondamentale, a due nuclei familiari si sarebbe dovuto ritenere prevalente su quello urbanistico allo sgombero.

Con ulteriore ordinanza 12 novembre 2010 n°796, la Sezione ha sospeso il termine per lo sgombero sino all’udienza per il merito, contestualmente fissata; ha poi disposto istruttoria, in sintesi facendo carico alla ricorrente di precisare quali ricerche di una nuova abitazione abbia intrapreso e quale sia la situazione reddituale dei due nuclei familiari; all’amministrazione comunale di relazionare sull’attività svolta dai servizi sociali in merito e sull’esistenza di provvidenze a favore dei soggetti in difficoltà economiche ovvero abitative.

Con produzione del 10 febbraio 2011 e memoria del 18 febbraio successivo, la ricorrente ha documentato le attività di lavoro svolte dai sigg. G. e C. sino ad oggi, che non hanno consentito di reperire un alloggio a canoni di mercato.

E’ pure pervenuta, il 22 febbraio 2011, relazione dell’amministrazione comunale.

La Sezione, all’udienza del giorno 23 marzo 2011 fissata nei termini predetti, tratteneva da ultimo il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

1. Va precisato per chiarezza in via preliminare che tutti i provvedimenti impugnati nella presente sede sono stati adottati in materia urbanistico edilizia, e pertanto il relativo scrutinio di legittimità si svolge con esclusivo riguardo agli interessi, connessi al corretto assetto del territorio, a tale materia sottesi. Non riguarda invece il presente giudizio l’interesse, di carattere assistenziale, di cui la ricorrente e i suoi congiunti potrebbero essere portatori rispetto ad un intervento delle pubbliche autorità che valga a sovvenire alla non contestata loro situazione di disagio sociale ed economico, dipendente dalla precaria occupazione dei capifamiglia e dalla mancanza di idoneo alloggio.

2. Ciò premesso, il ricorso principale va respinto. Il primo motivo di esso, per cui le strutture realizzate dalla ricorrente e dai di lei congiunti sul terreno in questione non necessiterebbero di permesso di costruire in quanto precarie, è infondato e va respinto. In primo luogo, la semplice logica induce a dubitare che si possa considerare precaria e temporanea una struttura destinata a servire da abitazione primaria a due nuclei familiari che non dispongono di altro alloggio e che annoverano, come nel caso di specie, anche fanciulli, dato che l’esigenza in tal modo soddisfatta è all’evidenza di carattere essenzialmente permanente, perché perdura nel tempo.

3. Ciò è coerente con quanto ribadito in termini generali da costante giurisprudenza, ovvero che il carattere precario di un manufatto, tale da esentarne la costruzione da titolo edilizio, va escluso se lo stesso "è destinato a recare un’utilità prolungata e perdurante nel tempo", poiché esso in tal caso "produce una trasformazione urbanistica perché altera in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, senza che rilevino i materiali impiegati, l’eventuale precarietà strutturale e la mancanza di fondazioni, se tali elementi non si traducano in un uso contingente e limitato nel tempo, con l’effettiva rimozione delle strutture": così espressamente TAR Lazio Latina sez. I 1 ottobre 2010 n°1626, ma nello stesso senso anche TAR Umbria sez. I 1 luglio 2010 n°393 e TAR Cagliari sez. II 27 settembre 2006 n°2013. Anche in tali termini, non si può negare che una struttura abitativa generi appunti una utilità "prolungata e perdurante".

4. Del ricorso principale, è poi infondato in fatto anche il secondo motivo, dato che, come si ricava dalla lettura delle norme relative, artt. 32 del PRG di Mozzanica e art. 24 del PTCP del Parco del Serio non contestate in questa sede (doc. ti ricorrente 3 e 4, estratto delle stesse), per il terreno in questione la nuova edificazione abitativa non è ammessa, ma sono consentite solo le ristrutturazioni, che in particolare "non realizzino nuove superfici coperte" e siano finalizzate a "scopi culturali, ricreativi, educativi e sociali". In tale concetto non rientra all’evidenza una nuova struttura come quella per cui è causa.

5. E’invece improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il terzo motivo, fondato sulla pretesa violazione del principio di proporzionalità quanto al termine in origine concesso per lo sgombero. Come è noto, in termini del tutto generali, il principio di proporzionalità, che il nostro ordinamento ha mutuato dal diritto europeo per tramite dell’art. 11 Cost. ed è comunque previsto in modo espresso dall’art. 1 della l. 7 agosto 1990 n°241, "implica che la pubblica amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti": in tali esatti termini, TAR Lazio Roma 12 luglio 2006 n°10485; conforme anche, fra le molte, C.d.S. sez. V 14 aprile 2006 n°2087.

6. In base a ciò, nel motivo in questione la ricorrente ha assunto che nel caso di specie, in cui si tratta dello sgombero di un insediamento che serve da abitazione a due famiglie comprendenti fra l’altro anche fanciulli in età scolare, si dovesse tener conto nel fissare i termini relativi, anche delle esigenze delle famiglie medesime e che ciò non avesse fatto la prima ordinanza, che fissava come si è detto il termine per lo sgombero al 4 agosto 2009, soltanto novanta giorni dopo la notifica dell’atto.

7. Si deve però rilevare che la questione, quale fosse la soluzione nel merito che si ritenesse di adottare, è stata superata dagli esiti di causa, poiché con le ordinanze cautelari citate in narrativa il termine di sgombero è stato protratto in sostanza sino all’odierna udienza pubblica, e quindi prorogato di circa un anno e sei mesi, termine senza dubbio congruo in rapporto a tutte le esigenze ipotizzabili, rispetto alla scadenza originaria.

8. Venendo ora a scrutinare il primo ricorso per motivi aggiunti, di esso è infondato anzitutto il primo motivo, attinente alla presunta violazione dell’art. 7 l. 241/1990. Vale infatti in proposito l’insegnamento giurisprudenziale, ribadito anche di recente, per cui l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento ai sensi della norma citata "non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente… dovendosi, comunque, ritenere che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione non sussista nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l’utilità della comunicazione all’azione amministrativa": in tali precisi termini, ad esempio, C.d.S. sez. IV 16 febbraio 2010 n°885.

9. Nel caso di specie, bisogna infatti notare come il procedimento che ha dato luogo all’ ordinanza 1/2010 sia stato avviato a seguito dell’ordinanza cautelare 512/2009, e quindi a seguito di un procedimento giurisdizionale attivato per iniziativa della ricorrente e comunque svoltosi con tutte le relative garanzie di contraddittorio, più intense fra l’altro di quelle proprie del contraddittorio procedimentale. Non è pertanto assolutamente sostenibile che il diritto di partecipazione della ricorrente stessa in proposito sia stato in concreto leso.

10. I successivi due motivi sempre del primo ricorso per motivi aggiunti, che riproducono i primi due motivi del ricorso principale, vanno respinti per quanto detto nella relativa sede; va invece dichiarato improcedibile, per le medesime ragioni, il quarto motivo, che riproduce il terzo motivo del ricorso principale, involvendo il profilo del termine concesso.

11. Il secondo ricorso per motivi aggiunti è parimenti infondato e va respinto: riguardo ai primi tre motivi nei quali esso si articola, va richiamato quanto detto a proposito dei corrispondenti primi tre motivi del primo ricorso per motivi aggiunti; quanto al terzo motivo, va invece ripetuto quanto si è già detto, ovvero che il termine da ultimo formalmente concesso, fissato al 31 ottobre 2010, e quindi successivo di più di un anno a quello originario, deve ritenersi congruo a soddisfare anche le esigenze della ricorrente e dei suoi congiunti, tenendo anche conto che il termine stesso è stato di fatto protratto sino alla odierna udienza pubblica.

12. Da ultimo, il terzo ricorso per motivi aggiunti va dichiarato inammissibile in quanto rivolto avverso un atto che, come si ricava dalla lettura dello stesso, è privo di qualunque contenuto autoritativo: sul principio, si veda da ultimo C.d.S. sez. VI 25 maggio 2010 n°2053. Nella nota 16 luglio 2010 di cui si è detto (doc. 36 ricorrente, cit.), il Sindaco di Mozzanica si limita infatti ad esprimere il proprio avviso circa l’illegittimità della situazione in atto e il proprio interessamento, in termini oltretutto abbastanza generici, per assistere in qualche modo le famiglie G. e C. nella ricerca di un nuovo alloggio, ma non impartisce in proposito alcuna disposizione idonea a pregiudicarne la sfera giuridica..

13. Nulla per spese del giudizio, dato che il Comune intimato non si è costituito.

14. Poiché la ricorrente, con la decisione 14 aprile 2010 della Commissione presso questo Tribunale, è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, va liquidato al di lei difensore avv. Dario Marchese il relativo compenso, nei termini di cui al dispositivo. Ai sensi dell’art. 80 comma 1 del d. lgs. 30 maggio 2002 n°115, il compenso stesso è dovuto per un solo difensore, e correttamente la richiesta dell’avv. Marchese espone soltanto voci successive alla predetta ammissione, momento dal quale la ricorrente è stata da lui assistita in via esclusiva, mentre le attività antecedenti, che non rilevano in questa sede, sono state compiute dall’avv. Marchese stesso in collaborazione con altro suo collega. Ai sensi infine dell’art. 82 del medesimo d. lgs. 115/2002, l’importo degli onorari è determinato nel minimo di tabella, considerandosi la causa di valore indeterminabile, date la sua modesta complessità e la soccombenza dell’interessata; si è tenuto poi conto delle attività di udienza effettivamente svolte, non potendosi liquidare un onorario a titolo di discussione ove il difensore, come risulta dai verbali, si sia limitato a riportarsi agli atti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:

a) respinge il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti primo e secondo;

b) dichiara inammissibile il terzo ricorso per motivi aggiunti;

c) nulla per spese di giudizio;

d) liquida all’avv. Dario Marchese, difensore della ricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato come da provvedimento 14 aprile 2010 della competente Commissione, la somma di Euro 4087/00 (quattromilaottantasette/00) complessivi, di cui 1583/00 per diritti, 2050/00 per onorari e 454/00 per rimborso spese forfetario, oltre accessori di legge, ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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