T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22-04-2011, n. 611 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La I.L.P. S.r.l. ha ottenuto dal Comune di Zogno il rilascio del permesso di costruire 20 gennaio 2006 n°63, per realizzare nella locale via san Bernardino, sul terreno distinto al relativo catasto al foglio 12 mappale 7067, in zona classificata dal vigente strumento urbanistico come B di completamento residenziale, codice CP 2, un "edificio plurifamiliare a blocco e in linea"corredato, fra l’altro, di alcune autorimesse al piano interrato (doc. 5 ricorrente, copia permesso di costruire; doc. 4 ricorrente, tavola di progetto relativa all’interrato, ove sono chiaramente rappresentati i posti macchina).

La sentenza 1 luglio 2009 n°778 di questo Tribunale, pronunciata su ricorso degli odierni controinteressati G.M.G. e Daniela Antonia Rinaldi, proprietari di un’area al confine con quella di cui si è detto, ha parzialmente annullato tale permesso di costruire; in motivazione, tale sentenza ha affermato per quanto qui interessa in primo luogo (doc. 7 ricorrente, copia sentenza citata, Par. 4 in fine) che le autorimesse interrate occupano 495 mq, ovvero una superficie maggiore dei 270 mq richiesti come standard; ha poi affermato che solo la superficie pari allo standard minimo si sarebbe dovuta escludere, ai sensi degli artt. 9, 12 e 13 delle NTA comunali, dal computo della superficie coperta dell’edificio, mentre la superficie eccedente in tale computo si sarebbe dovuta includere, e non si sarebbe potuta realizzare, come invece fatto nella specie, in spazio esterno al perimetro della superficie stessa (doc. 7 ricorrente, cit. Par.Par. 5 e 6).

A seguito di tale sentenza, la I.L.P. ha ritenuto di presentare al Comune di Zogno un atto costitutivo di vincolo di pertinenzialità di tutte le autorimesse realizzate all’edificio in questione, costituito precisamente dalla scrittura privata autenticata per atto 19 ottobre 2008 rep. 124247 Notaro Vacirca di Bergamo e trascritta il 24 novembre successivo a Bergamo ai nn° 72841/41984 (doc. 6 ricorrente, copia attestazione relativa).

A fronte di ciò, peraltro, l’Immobiliare ha ricevuto l’atto meglio indicato in epigrafe, nel quale il Comune rende noto di "respingere" tale costituzione di vincolo e in via contestuale di avviare il procedimento di cui all’art. 38 T.U. edilizia, conseguente come è noto all’annullamento di un titolo edificatorio (doc. 1 ricorrente, copia atto impugnato).

Avverso tale atto comunale, l’Immobiliare propone impugnazione con ricorso articolato in tre motivi:

– con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990 n°241, nel senso che l’atto impugnato consisterebbe, a suo dire, in un annullamento del permesso di costruire di cui si è detto, operato senza avviso di inizio del relativo procedimento;

– con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 21 octies della stessa legge, in quanto l’asserito annullamento sarebbe stato compiuto soltanto in base all’illegittimità del permesso, senza tener conto degli interessi coinvolti;

– con il terzo motivo, deduce infine violazione dell’art. 9 della l. 24 marzo 1989 n°122, nel senso che il regime speciale previsto per le autorimesse pertinenziali da detta norma si applicherebbe anche ai nuovi edifici, e quindi anche all’edificio per cui è causa.

Con memoria 5 marzo 2011, la ricorrente ha ribadito le proprie tesi

Resistono il Comune, con memoria 20 marzo 2009, e i controinteressati, con atto 23 marzo e memorie 24 marzo 2009 e 15 marzo 2011, i quali chiedono anzitutto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, in quanto rivolto avverso un atto privo di valenza provvedimentale, ed anzi costituente comunicazione di avvio di un procedimento dovuto dopo l’annullamento giurisdizionale del permesso di costruire di cui si è detto; chiedono comunque che il ricorso stesso sia respinto nel merito.

Respinta l’istanza cautelare con ordinanza 27 marzo 2009 n°219, all’udienza del giorno 6 aprile 2011 la Sezione tratteneva il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

1. L’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso, ritualmente proposta dalle parti intimata e controinteressata, è fondata e va accolta, come risulta a semplice lettura dell’atto impugnato, che come detto in narrativa presenta un contenuto duplice.

2. L’atto in questione infatti, in primo luogo rende noto alla società ricorrente che il Comune intende "respingere" l’atto costitutivo di vincolo di pertinenzialità di cui si è detto in premesse, ovvero l’atto 19 ottobre 2008 rep. 124247 Notaro Vacirca di Bergamo, che nelle intenzioni della ricorrente avrebbe appunto costituito un vincolo siffatto a carico delle autorimesse e a favore degli immobili abitativi realizzati nell’ambito dell’intervento assentito con il citato permesso di costruire 20 gennaio 2006 n°63 (doc. ti ricorrente 1 e 6, cit.). Sempre nelle intenzioni della ricorrente, poi, tale atto avrebbe dovuto in qualche modo sanare i vizi di legittimità che hanno portato, nel giudizio definito da questo TAR con la citata sentenza 778/2009, ad annullare il permesso di costruire in questione.

3. A tale proposito, occorre allora qualificare tale atto di "respingimento", non previsto come tale in alcun modo dalla legge, e verificare se esso costituisca provvedimento impugnabile. Ad avviso del Collegio, la risposta è negativa.

4. In termini generali, la posizione giuridica fondata su un atto amministrativo ampliativo che, come il permesso di costruire citato, venga annullato in sede giurisdizionale può certo essere sanata con un intervento dell’amministrazione, la quale ponga in essere un nuovo atto della specie di quello annullato, ma privo dei vizi riscontrati in quest’ultimo. Discende poi dalla comune logica che, ove il vizio che ha condotto all’annullamento consista nella mancanza di un necessario presupposto di fatto, il nuovo atto ampliativo sia legittimo ove a tale mancanza si sia effettivamente posto rimedio. A titolo di esempio, una nuova licenza sostitutiva di altra annullata perché il destinatario era privo del titolo di studio necessario per ottenerla sarà legittima solo se il destinatario stesso nelle more del nuovo rilascio consegue il titolo in questione.

5. Il suddetto intervento può poi senz’altro essere sollecitato dal privato interessato, il quale, come è ovvio, può anche far presente all’amministrazione che a suo avviso il presupposto di fatto mancante è stato integrato; in proposito, tuttavia ogni giudizio in proposito spetta pur sempre all’amministrazione, la quale non è come ovvio obbligata ad aderire puramente e semplicemente alle prospettazioni del privato. Il relativo provvedimento che tali prospettazioni non condivida sarà quindi un diniego, impugnabile nella presente sede giurisdizionale secondo i principi. La suddetta ricostruzione postula però che la vicenda si svolga effettivamente nei termini descritti: il privato deve avere espresso all’amministrazione una volontà in qualche modo qualificabile come richiesta di un nuovo provvedimento, a fronte della quale vi deve essere un atto a sua volta qualificabile come diniego.

6. Nulla di tutto ciò è avvenuto nel caso presente. Come risulta da tutti gli atti di causa, infatti, l’I.L.P. si è limitata a formare l’atto notarile di cui si è detto e a inviarlo materialmente al Comune: in proposito, ha evidentemente assunto che ciò bastasse a sanare in qualche modo la propria posizione, ma non ha ritenuto di rendere esplicito il proprio assunto in una istanza di qualche tipo, che sollecitasse l’amministrazione a provvedere in un dato senso piuttosto che in un altro.

7. A fronte di ciò, il "respingimento" dell’amministrazione non può avere alcun valore di provvedimento, e in particolare di provvedimento di diniego, perché all’evidenza non si può parlare di diniego se non sono nemmeno precisati i termini di ciò che è stato richiesto. Il "respingimento" in parola va quindi ritenuto atto meramente materiale di restituzione del documento inviato, al pari dell’atto col quale esso era stato recapitato al Comune: come tale, esso è atto inidoneo a incidere in via autoritativa nella sfera giuridica del privato, e quindi non impugnabile perché privo di autonoma attitudine lesiva: sulla non impugnabilità di un atto di tal tipo, si vedano per tutte in termini generali C.d.S. parere su ric. straordinario sez. I 11 novembre 2010 n°2641 e sez. V 13 settembre 1994 n° 979.

8. L’atto impugnato prosegue poi rendendo noto che, a fronte del ricordato annullamento giurisdizionale del permesso di costruire 63/2006, il Comune intende avviare il procedimento di cui all’art. 38 T.U. 6 giugno 2001 n°380, secondo il quale "…qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio…".

9. Si tratta in tal caso, con ogni evidenza, non già di un contenuto provvedimentale impugnabile, ma di una comunicazione di avvio di un procedimento, ai sensi del noto art. 7 l. 7 agosto 1990 n°241, atto endoprocedimentale non autonomamente impugnabile perché privo di attitudine lesiva: così la giurisprudenza citata nonché, esattamente in termini, TAR Campania Napoli sez. VII 19 maggio 2010 n°7036.

10. In conclusione, quindi, l’atto impugnato non è sotto alcun profilo idoneo a recare pregiudizio alle ragioni della ricorrente, ditalché essa non ha interesse ad impugnarlo, perché nessuna concreta utilità trarrebbe dal suo annullamento. Ne consegue poi che parimenti inammissibile, data la mancanza di pregiudizio, deve ritenersi la domanda risarcitoria.

11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Condanna la I.L.P. a rifondere al Comune di Zogno e alla parte controinteressata consorti G.M.G. e D.R. le spese del giudizio, spese che liquida in Euro 1.500 (millecinquecento/00) per ciascuna parte, e così per complessivi Euro 3.000 (tremila/00), oltre accessori di legge, ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *