T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22-04-2011, n. 608 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente impugna il provvedimento del 3. 10. 2006 con cui la Questura di Brescia ha respinto la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.

L’amministrazione aveva motivato la decisione impugnata sostenendo che il soggetto era gravato di due condanne entrambe particolarmente gravi (per art. 12, co. 1, t.u., che è la norma che sanziona il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; nonché per omicidio volontario), e che lo stesso aveva presentato la domanda dopo più di un anno dalla scadenza del permesso precedente. L’amministrazione aggiunge anche che il ricorrente ha presentato la domanda con un ritardo di più di un anno dalla scadenza del precedente.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il requisito delle condanne ostative riguarda ex art. 4, co. 3, t.u. l’ingresso, non il rinnovo del permesso di soggiorno; in ogni caso la condanna per art. 12 co 1 t.u. non sarebbe ostativa in quanto asseritamente punita con la pena della reclusione fino a tre anni (e quindi non rientrante nell’art. 380 né nel 381 c.p.p.), e la condanna per omicidio volontario sarebbe stata riformata in appello;

2. sulla tardività con cui è stata presentata la domanda, il provvedimento sarebbe illegittimo perchè il ricorrente era in carcere al momento in cui è scaduto il permesso e quindi non aveva la possibilità di presentarla (in realtà, era in carcere anche quando poi ha presentato la domanda).

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Nel ricorso era formulata altresì istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Con ordinanza del 18. 10. 2007, n. 773 il Tribunale respingeva l’istanza.

Il ricorso veniva discusso nel merito nella pubblica udienza del 6. 4. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

I. Il ricorso è infondato.

II. Nel primo motivo di ricorso si sostiene che il requisito delle condanne ostative sarebbe previsto ex art. 4, co. 3, t.u. per l’ingresso, non per il rinnovo del permesso di soggiorno; si aggiunge che in ogni caso la condanna per art. 12 co 1 t.u. non sarebbe ostativa in quanto asseritamente punita con la pena della reclusione fino a tre anni (e quindi non rientrante nell’art. 380 né nel 381 c.p.p.), e la condanna per omicidio volontario sarebbe stata riformata in appello.

II.a. Il primo argomento non è corretto in diritto.

Le condanne ostative sono previste sia per il primo permesso che per il rinnovo, in quanto l’art. 5, co. 4, t.u., dispone che "il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno sessanta giorni prima della scadenza, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico".

L’art. 5, co. 5, t.u. per di più aggiunge che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili".

Quindi, le condanne sono ostative sia per il rilascio che per il rinnovo.

II.b. Neanche il secondo argomento è corretto. Il reato dell’art. 12, co. 1, t.u. (per il quale è stato condannato il ricorrente con sentenza definitiva) è adesso punito con la pena della reclusione fino a 5 anni, all’epoca del fatto era punito con la reclusione fino a 3 anni

Ma in realtà il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è comunque considerato esplicitamente e nominativamente dall’art. 4, co. 3 t.u. come causa ostativa al rilascio del permesso di soggiorno, in quanto la norma attributiva del potere esercitato dall’amministrazione nel caso in esame dispone che il diniego deve essere negato "per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite".

Ne consegue che il reato per cui è stato condannato il ricorrente è normativamente causa ostativa al rilascio del permesso di soggiorno.

II.c. Nel ricorso si scrive anche ad un certo punto che la circostanza che l’art. 15 del t.u. preveda l’espulsione come misura di sicurezza solo per i reati degli artt. 380 e 381, confermerebbe che si tratterebbe di causa ostativa solo per il primo rilascio, ma non per il diniego. Ma la difesa del ricorrente confonde provvedimenti molto diversi; l’espulsione a titolo di misura di sicurezza è un provvedimento giurisdizionale, e non amministrativo, è deciso dal giudice che condanna l’imputato, ed è sottoposto a presupposti diversi da quelli previsti per l’espulsione disposta dall’autorità amministrativa (fermo restando che nel nostro giudizio non si discute nemmeno di espulsione, ma di titolo di soggiorno, e che quindi le norme attributive del potere esercitato nel caso in esame non sono da cercare nell’art. 15 t.u., ma nell’art. 5 t.u. che è stato prima esaminato).

Nel ricorso si dice anche che il giudice ha concesso la sospensione condizionale, il che vorrebbe dire che ha effettuato un giudizio prognostico favorevole, cui si sarebbe dovuta attenere la Questura. Ma la Questura, in presenza di condanna ostativa, non deve effettuare alcun tipo di giudizio prognostico sulla pericolosità del soggetto, deve solo rilevare la esistenza della condanna, in quanto il giudizio prognostico è effettuato in via generale ed astratta dalla legge (e si ricordano le considerazioni della Corte Cost. 148/08 sull’automatismo normativo in punto di diniego titolo di soggiorno come attuazione del principio di legalità: "il cosiddetto automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa").

III. Nel secondo motivo di ricorso si deduce che, quanto all’obiezione di aver presentato la domanda in ritardo, il ricorrente era in carcere al momento in cui è scaduto il permesso e quindi non aveva la possibilità di presentarla.

Al di là del fatto che il provvedimento si regge anche con una motivazione sola (in particolare quella sulle condanne ostative), si tratta di eccezione speciosa. Il ricorrente, in realtà, era in carcere anche quando ha presentato la istanza, in quanto nel corpo del provvedimento impugnato si scrive che l’istanza è stata presentata attraverso la casa circondariale di Brescia.

A pag. 4 del ricorso si spiega che il ricorrente, prima di presentare la domanda, ha atteso l’esito del processo per il reato di omicidio volontario per cui era indagato (e per cui era stato condannato in primo grado), perché certo che non gli sarebbe mai stata accolta la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno con una condanna per omicidio volontario sulle spalle.

Questo significa che l’aver presentato la domanda di rinnovo del permesso oltre i termini massimi previsti dalla legge è stata in realtà conseguenza di una valutazione di opportunità fatta dal ricorrente, che adesso non può formulare un motivo di ricorso tutto sulla circostanza di essersi trovato in una causa di forza maggiore che annullerebbe il mancato rispetto del termine entro cui doveva presentare la domanda (causa di forza maggiore che era tanto poco di forza maggiore, che non ha impedito al ricorrente di presentare in realtà la domanda quando era ancora in carcere).

In ogni caso, i provvedimenti si reggono anche su una sola motivazione ed al ricorrente non gioverebbe l’annullamento della motivazione nella parte che si riferisce al ritardo nell’aver presentato la domanda, quando comunque non potrebbe ottenere il provvedimento richiesto a causa dell’altra parte della motivazione sull’esistenza di condanna ostativa (per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che – come si è visto sopra è stata aggredita, ma respinta).

IV. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 500, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovuti).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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