T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22-04-2011, n. 605 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente impugna il provvedimento del 10. 4. 1982 con cui la Prefettura di Brescia ha respinto l’istanza di cancellazione del provvedimento di espulsione del 13. 4. 2005 riportato dal ricorrente.

Nell’istanza di cancellazione si sosteneva che il provvedimento di espulsione era illegittimo.

L’amministrazione aveva motivato la decisione di rigettare l’istanza sostenendo che il provvedimento di espulsione era stato impugnato in sede giurisdizionale, e che l’impugnazione era stata respinta dal giudice di pace con decisione passata in giudicato. In ogni caso secondo la Questura il provvedimento di espulsione era effettivamente legittimo in quanto l’interessato non aveva titolo per soggiornare nel territorio dello Stato (nel momento in cui venne espulso il ricorrente disponeva di un permesso di soggiorno della Grecia, che però non lo legittimava a venire a lavorare in Italia, e comunque lo obbligava a convalidarlo in Italia entro 60 gg., adempimento cui il ricorrente non aveva ottemperato).

Nel ricorso non sono formulati dei veri e propri motivi in diritto in cui vengano spiegati gli asseriti motivi di illegittimità del provvedimento impugnato, ma è riportata solo una narrativa dei fatti (in una versione di parte che l’amministrazione contesta), cui è aggiunta di volta in volta la critica della difesa al comportamento dell’amministrazione, critiche da cui occorrerà desumere i motivi.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 6. 4. 2011, nel corso della quale il Tribunale avvertiva ex art. 73, co. 3, c.p.a. della possibilità che potesse essere rilevato d’ufficio il difetto di giurisdizione, ed all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il Tribunale ritiene che il ricorso sia inammissibile per difetto di giurisdizione.

Il provvedimento impugnato è il diniego della Questura di provvedere in autotutela alla cancellazione dell’espulsione.

La difesa del ricorrente la chiama cancellazione dell’espulsione usando un sostantivo atecnico (provvedimenti di cancellazione non esistono; esistono operazioni materiali di cancellazione, che seguono ad un provvedimento, cui occorre dare un nome e che occorre incasellare in uno schema giuridico).

Nella sostanza il ricorrente ha formulato (e si è visto respingere) una richiesta di annullamento in autotutela del provvedimento di espulsione. I motivi che ha svolto la difesa nella istanza che le è stata rigettata (e che adesso ripropone in giudizio) sono infatti tutti volti a dimostrare che il provvedimento era illegittimo.

Una istanza volta ad ottenere un provvedimento in autotutela, che elimini un precedente provvedimento che si ritiene illegittimo, è una istanza di annullamento.

Chiarito quindi che non è stata chiesta la mera materiale cancellazione da una banca dati, ma l’eliminazione dal mondo giuridico del provvedimento di espulsione asseritamente illegittimo, eliminazione denegata dalla Questura con provvedimento che è stato impugnato in questa sede, occorre concludere che il Tribunale amministrativo non ha giurisdizione a conoscere di questa vicenda.

E’ noto che il giudice di pace conosce della legittimità dei provvedimenti di espulsione (art. 13 t.u.). La sua giurisdizione attrae inevitabilmente anche i provvedimenti in autotutela che hanno ad oggetto il provvedimento di espulsione.

In questo senso nella giurisprudenza amministrativa:

– CdS, VI, 2828/09: L’art. 13 del d.lg. n. 286 del 1998 assegna al giudice di pace la giurisdizione in merito alle espulsioni in via amministrativa, salvi i casi in cui la stessa venga disposta per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Detta giurisdizione sussiste anche nei casi di reiezione della domanda di revoca del decreto di espulsione che investe, ancorché ai fini dell’adozione del " contrarius actus ", i medesimi presupposti sull’opportunità o meno della permanenza dello straniero in Italia.

– Tar Toscana, I, 831/09: Sussiste il difetto di giurisdizione sulla domanda relativa al diniego di revoca del decreto di espulsione di uno straniero in quanto in materia sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 13, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286.

– Tar Napoli, VI, 6006/08: La controversia avente ad oggetto la revoca del provvedimento di espulsione di uno straniero rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, sicché il ricorso giurisdizionale proposto dinanzi al Tar va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.

D’altronde, consentire alla parte di scegliersi il giudice (e quindi di eludere la giurisdizione del giudice di pace) semplicemente transitando attraverso una istanza di revoca o annullamento in autotutela, sarebbe irrazionale.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione (art. 9 c.p.a.) con indicazione della giurisdizione del giudice ordinario (art. 11, co. 1, c.p.a.).

In ordine al meccanismo della c.d. translatio opera ex lege il termine di cui all’art. 11, co. 2, c.p.a.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

DICHIARA INAMMISSIBILE il ricorso per difetto di giurisdizione.

INDICA la giurisdizione del giudice ordinario.

CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 500, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovuti).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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