T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 22-04-2011, n. 1043 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso l’esponente impugna il permesso in epigrafe specificato, recante l’autorizzazione ad installare sui mappali nn. 328 e 923 del Catasto Terreni dell’intimato Comune, di proprietà del controinteressato sig. B., una Stazione Radio Base (S.R.B.) per telefonia cellulare, a servizio del gestore telefonico W..

I profili di illegittimità denunciati fanno essenzialmente leva sulla violazione di legge (art. 8 della L. 22.02.2001 n. 36) e l’eccesso di potere sotto più profili (difetto di istruttoria, contraddittorietà, difetto di motivazione).

Ciò di cui, in sostanza, l’esponente si duole è che, pur risultando l’antenna per cui è causa collocata a ridosso del confine col Comune di Verderio Superiore e, quindi, a ridosso della Parrocchia e dell’annesso oratorio, con le ulteriori strutture parrocchiali site nel predetto Comune, non si sarebbe tenuto in alcun conto il Regolamento adottato dal predetto ente in attuazione dell’art. 8 cit., né sarebbe stato richiesto alcun parere al Parco Adda Nord, nel cui perimetro ricadrebbe la Parrocchia in questione.

Si è costituito il Comune di Verderio Inferiore, controdeducendo alle censure avversarie e sollevando, altresì, un’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse (stante l’omessa dimostrazione, da parte ricorrente, del pregiudizio attuale ad essa derivante dall’impianto oggetto del provvedimento impugnato).

Si è costituita, altresì, con controricorso la S.M.C. spa.

Il 20.01.2011 la difesa dell’ente resistente ha prodotto documenti.

Il 27.01.2011 la medesima difesa ha depositato ulteriore memoria.

Alla pubblica udienza del 10.02.2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

Il Collegio ritiene di poter soprassedere dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità, stante l’infondatezza nel merito del gravame.

Al riguardo, il Collegio ritiene di poter esaminare congiuntamente i due motivi di ricorso, vertendo il secondo su questioni già dedotte anche nel primo o, comunque, su questioni connesse.

In sostanza, l’esponente si duole della localizzazione della S.R.B. nelle vicinanze della Parrocchia, deducendo la violazione dell’art. 8 della legge n. 36/2001 e l’eccesso di potere per straripamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, illogicità e perplessità dell’operato dell’amministrazione, violazione della potestà regolamentare del Comune di Verderio Superiore, elusione dell’obbligo di contemperare il pubblico interesse con situazioni oggettive consolidate, violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 80/1983 di istituzione del Parco Adda Nord.

Sennonché, osserva il Collegio, come il Comune resistente muova dall’erroneo presupposto che la procedura seguita per il rilascio del permesso qui contestato avrebbe dovuto includere pareri e nulla osta da parte sia del Comune di Verderio Superiore, che da parte dell’ente Parco.

In verità, come già accennato, trattasi di supposizione erronea, atteso che la S.R.B. oggetto di autorizzazione, stando alla documentazione agli atti di causa, non risulta ubicata né all’interno del territorio del Comune di Verderio Superiore e, neppure, all’interno del perimetro del Parco Adda Nord.

Detta stazione, infatti, insiste unicamente nel territorio del Comune di Verderio Inferiore, a cui compete, pertanto, il rilascio del titolo ampliativo di cui all’art. 87 del D.Lgs. 182003 n. 259

(Codice delle comunicazioni elettroniche).

La norma da ultimo citata, come noto, ha improntato il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione all’installazione degli impianti radioelettrici al rispetto del principio di semplificazione, stabilendo, tra l’altro, che:

"l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radiotrasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonché per reti radio a larga banda puntomultipunto nelle bande di frequenza all’uopo assegnate, viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell’Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione" (primo comma).

Detta norma, quindi, ha individuato nell’"ente locale" il soggetto legittimato a ricevere la domanda di autorizzazione, che deve essere corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione. Nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, poi, la stessa norma ha stabilito che, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità sopra indicati, è sufficiente la denuncia di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali.

Infine, ma di fondamentale importanza, il terzo comma della medesima norma ha disposto l’assimilazione delle predette infrastrutture "ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380".

In Regione Lombardia, per completare il quadro, va altresì richiamata la previsione di cui all’art. 4, comma 7, della legge regionale n. 11 del.R. 1152001 n. 11 (recante: "Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione"), secondo cui:

" Viste le caratteristiche tecniche delle reti per la telefonia mobile e la natura di pubblico servizio dell’attività svolta, che motivano una diffusione capillare delle stazioni impiegate a tale scopo, gli impianti radiobase per la telefonia mobile di potenza totale ai connettori di antenna non superiore a 300 W non richiedono una specifica regolamentazione urbanistica".

In attuazione della suesposta disciplina questo Tribunale, in più occasioni, ha già espresso il proprio avviso in ordine all’illegittimità di eventuali disposizioni pianificatorie comunali che introducano in termini assoluti divieti di installazione per impianti analoghi quello per cui è causa, anche solo su porzioni del territorio comunale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II^, 21.10.2010, n. 7030; T.A.R. Lombardia, Milano, IV^, 23.01.2009, n. 210; id. 2.7.2008, n. 2845; 29.5.2008, n. 1872; 20.5.2008, n. 1815; 12.11.2007, n. 6260, 7.9.2007, n. 5777 e 23.11.2006, n. 2833, costituenti precedenti conformi ai quali si rinvia; Consiglio di Stato, sez. VI, 6.9.2010, n. 6473; 5.6.2006, n. 3332 e 15.6.2006, n. 3534; TAR Lazio, sez. IIbis, 17.1.2007, n. 323).

Ebbene, in relazione all’impianto qui in contestazione, sulla base del parere espresso dalla competente A.R.P.A. e versato in atti, emergono valori di esposizione sensibilmente inferiori a quello limite di riferimento di 6 V/m ricavabile dal D.P.C.M. 872003 (recante la "Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti"), in attuazione dell’art. 4 comma 2 lett a) della legge 22 febbraio 2001, n. 36.

Né il Comune di Verderio Inferiore avrebbe potuto inibire l’impianto in questione sulla base di ragioni diverse e ulteriori rispetto a quelle derivanti da eventuali contrasti della localizzazione de qua con la disciplina dettata dalla strumentazione urbanistica vigente, tenuto conto che l’intimato comune non si è avvalso della potestà regolamentare prevista in subiecta materia dall’art. 8 della L. 2222001 n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), che, a proposito delle "Competenze delle regioni, delle province e dei comuni", al sesto e ultimo comma, ha stabilito che:

" I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".

Consegue da ciò che, se da un lato non è censurabile il comportamento del Comune di Verderio Inferiore per non avere adottato il predetto regolamento, dall’altro non si può pretendere di assoggettare alla disciplina posta dal Regolamento adottato da un Comune confinante (nel caso, quello di Verderio Superiore), l’impianto ubicato in tutto e per tutto nel distinto Comune di Verderio Inferiore, che quel regolamento ha legittimamente scelto di non adottare.

In tal senso, si può ben comprendere e non denota alcun vizio di eccesso di potere la condotta del resistente Comune che, consultato il limitrofo comune di Verderio Superiore e conseguito da quest’ultimo il parere negativo, espresso sulla base del regolamento adottato dal ridetto comune ai sensi dell’art. 8 u.co. cit., ha poi adottato la determinazione assentiva qui gravata.

Tale scelta, infatti, non può essere censurata atteso che, ove l’amministrazione comunale non si sia avvalsa della facoltà di cui all’art. 8 cit., non avendo adottato alcun regolamento per disciplinare la localizzazione degli impianti de quibus, deve essere ribadita l’illegittimità di un diniego del prescritto titolo edilizio ove l’intervento sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti (cfr. in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1767 del 21042008, per cui: "Nel caso in cui non sia stata dettata la normativa regolamentare di cui all’art. 8, comma 6, L. n. 36/2001, l’intervento edilizio relativo alla installazione di impianti di telefonia rimane soggetto, dal punto di vista urbanistico, ai principi di carattere generale, che vedono, da un lato, tralicci ed antenne di rilevanti dimensioni valutabili come strutture edilizie soggette a permesso di costruire (ora assenso autorizzativo), con la conseguenza che non sono collocabili in zone di rispetto, o comunque soggette a vincolo di inedificabilità assoluta, ma che dall’altra, impongono di considerare tali manufatti, in quanto parte di una rete di infrastrutture, qualificate come opere di urbanizzazione primaria, nonchè in quanto impianti tecnologici, compatibili con qualsiasi destinazione di P.R.G. delle aree interessate e non soggetti, in linea di massima, ai limiti di altezza e cubatura delle costruzioni circostanti"; analogamente Cons. St., sez. VI, 29.5.2006, n. 3243 e 7.6.2006, n. 3425).

Nel caso di specie, quindi, non avendo il Comune di Verderio Inferiore adottato il Regolamento di cui al cit. art. 8 ed essendo stata riscontrata la conformità dell’intervento in questione con la strumentazione urbanistica vigente e con le prescrizioni dell’Autorità ambientale competente in materia (A.R.P.A.), non v’erano ulteriori legittimi impedimenti al rilascio del ridetto titolo edilizio.

A proposito, poi, di tale ultimo titolo, va chiarito come la giurisprudenza si sia attestata nel senso di ritenere che, per la installazione degli impianti in questione, non è affatto necessario il permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, lett e) del T.U. 6.6.2001 n.380, essendo sufficiente l’autorizzazione prevista dall’art.87 del T.U. 1.10. 2003, n.259 (c.d. codice delle comunicazioni. Cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 2436 del 28042010, per cui:"La realizzazione di impianti di telecomunicazione è subordinata soltanto all’autorizzazione prevista dall’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, che pone una normativa speciale ed esaustiva che include anche la valutazione della compatibilità ediliziourbanistica dell’intervento, non occorrendo perciò il permesso di costruire di cui agli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001 (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sez. I n. 19380/2004); nonché, Cons. St, Sez. VI, 21.1.2005 n.100).

La disciplina dettata, al riguardo, dal d.lgs. n. 259/2003 cit., costituisce, in definitiva, per la più recente giurisprudenza, normativa speciale e compiuta, per cui prevale sulla disciplina generale dettata dal T.u. dell’edilizia approvato nel 2001, che, per gli interventi in questione, richiedeva il permesso di costruire.

La compiutezza della disciplina di cui al ridetto d.lgs fa ritenere, dunque, che i titoli abilitativi da esso previsti (autorizzazione e denuncia di inizio attività), malgrado la identità del nomen con gli istituti previsti dal T.U dell’edilizia, siano provvedimenti del tutto autonomi che assolvono integralmente le esigenze proprie delle telecomunicazioni e le esigenze territoriali affidate alla cura degli enti locali; il che è desumibile, d’altronde, dalla singolarità del procedimento, dalla qualificazione di opere di urbanizzazione primaria, nonché dalla necessità cui è finalizzata la disciplina del D.Lgs 259/2003, di semplificare l’attività edilizia relativa alle infrastrutture di comunicazione elettronica (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15 luglio 2010 n. 4557).

In verità, come correttamente rilevato da parte resistente, per la localizzazione delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, assume portata determinante la già citata previsione recata dall’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259 cit., che ha disposto l’assimilazione delle predette infrastrutture "ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori…".

Ne consegue che, mentre la collocazione di tali S.R.B. deve ritenersi consentita nell’intero territorio comunale, nel rispetto dell’eventuale disciplina regolamentare approvata ad hoc dai Comuni ai sensi dell’art. 8 cit., è poi necessario e sufficiente un titolo edilizio per verificare la conformità dell’intervento alla strumentazione urbanistica ed edilizia locale.

Né può essere ravvisata alcuna contraddittorietà nell’operato dell’intimato Comune, per non avere perorato una diversa soluzione allocativa dell’antenna in questione, atteso che, come risulta dalla documentazione agli atti di causa (missiva Siemens 15.12.2004 prot. 9607, all. n. 13 fascicolo di parte ricorrente) erano state riscontrate problematiche di natura radioelettrica, da interferenze con altre SS.R.B., nei siti in un primo tempo suggeriti dalla stessa amministrazione comunale.

Nessuna valutazione di impatto ambientale, infine, doveva essere svolta in riferimento all’impianto in questione, posto che, come anche di recente osservato dal Consiglio di Stato: "solo l’art. 2 bis, secondo comma, del D.L. 1 maggio 1997, n. 115, convertito dalla legge 1 luglio 1997, n. 189, ed ora abrogato dispone genericamente che "la installazione di infrastrutture dovrà essere sottoposta ad opportune procedure di valutazione di impatto ambientale", senza affatto disporre di sottoporre tutti i progetti di strutture per la telefonia mobile a valutazione d’impatto ambientale. Il contenuto del richiamato art. 2 bis non è stato riprodotto nella legislazione successiva. In tale quadro, non sussiste l’obbligo di sottoporre il progetto di cui ora si discute alla VIA" (così, Cons. di Stato, Sez. VI, 01.12.2010 n. 8377).

Quanto alla vicinanza dell’impianto al centro storico del Comune limitrofo, è sufficiente, anche in tal caso, richiamare l’avviso espresso, al riguardo, dal Consiglio di Stato, secondo cui, proprio l’assimilazione, per effetto dell’art. 86, d.lg. n. 259 del 2003, delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria "implica che le stesse debbano collegarsi ed essere poste al servizio dell’insediamento abitativo e non essere dalle stesso avulse (così, Consiglio Stato, sez. VI, 27 dicembre 2010, n. 9404; nonché, Consiglio Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7588).

Per le considerazioni che precedono, pertanto, i motivi di ricorso si appalesano infondati.

Conseguentemente, il ricorso in epigrafe specificato deve essere respinto.

Sussistono, nondimeno, valide ragioni, in considerazione della natura giuridica e degli scopi altruistici avuti di mira dalla ricorrente, per compensare integralmente tra le parti costituite le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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