Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-03-2011) 26-04-2011, n. 16302 Sorveglianza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di sorveglianza di Firenze revocava la misura della detenzione domiciliare disposta per motivi di salute nei confronti di G.R., osservando nel merito che non sussistevano le condizioni per proseguire questo trattamento non avendo il condannato seguito le prescrizioni e non avendo mai partecipato al trattamento rieducativo, anzi avendo tenuto comportamenti violenti nei confronti della moglie con la quale i rapporti erano molto conflittuali.

Rilevava che nel procedimento instaurato per la decisione erano state presentate due istanze di ricusazione che però la corte territoriale aveva respinto e che tutte le richieste istruttorie avanzate dalla difesa dovevano essere respinte in quanto inconferenti. In particolare non era necessaria alcuna nuova relazione socio familiare, nè di natura psichiatrica, essendovene in atti molteplici tutte recenti, era irrilevante l’opportunità lavorativa in quanto la misura era quella per motivi di salute, non vi era necessità di sentire testimoni di fatti non rientranti nel periodo di valutazione.

Riteneva manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa in relazione al fatto che nel procedimento di sorveglianza non fosse consentita l’udienza pubblica, avanzata alla luce di recenti pronunce che avevano riconosciuto analogo diritto nel procedimento di prevenzione; osservava che nel procedimento di sorveglianza si discuteva solo delle modalità di esecuzione di una pena già irrogata, l’interessato poteva partecipare sia personalmente, se detenuto nel medesimo distretto, sia chiedendo di essere sentito da altro magistrato, sia tramite il suo difensore; il diritto di difesa era ampiamente garantito.

Avverso la decisione presentava ricorso il condannato e deduceva:

– violazione di legge in quanto il tribunale dopo che era stata presentata istanza di ricusazione e dopo aver sospeso la decisione, la aveva pronunciata senza riconvocare udienza e quindi senza consentire alle parti di concludere nel merito;

– abnormità delle decisioni assunte sulle richieste di istruttoria, decise fuori udienza;

– violazione di legge in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione sia all’impossibilità di richiedere udienza pubblica sia alla non possibilità di interloquire su atti depositati dopo la sua audizione;

– mancanza e illogicità della motivazione sui rigetti delle richieste istruttorie essendo fondamentale verificare perchè si erano verificati gli episodi che avevano portato alla revoca della misura, qual fossero le condizioni psichiche e familiari nelle quali viveva il condannato;

– violazione di legge non potendo il presidente ricusato assumere decisioni inerenti le prove richieste.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato.

Venendo all’esame della questione sollevata in merito alla pubblicità dell’udienza, si rileva che la Corte Costituzionale all’udienza del 12 gennaio 2010 ha deciso con la sentenza n. 93 la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dichiarando l’illegittimità costituzionale della L. n. 1423 del 1956, art. 4 e della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter per violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, e dell’art. 6, par.

1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale si svolga in tribunale e in corte d’appello nelle forme della udienza pubblica. La decisione non ha alcuna possibilità di essere estesa alle udienze relative alla applicazione delle misure alternative alla detenzione e al procedimento di sorveglianza, essendo limitata al procedimento di prevenzione che come è noto si fonda sulla pericolosità del soggetto e non su sentenze di condanna che debbono essere eseguite. Nel procedimento di sorveglianza si discute di diritti soggettivi, ma inerenti alla esecuzione della pena inflitta in modo definitivo a seguito di sentenza di condanna e la tutela dei diritti soggettivi è adeguatamente assicurata dalla partecipazione del condannato e del suo difensore al procedimento nel modo più ampio. Irrilevante e infondata è poi la questione inerente la violazione del diritto di difesa non essendo previsto che il condannato possa interloquire su atti depositati nel corso del procedimento, sia perchè nel caso di specie nulla era stato depositato di ulteriore e inerente al merito, sia perchè tutto era stato messo a disposizione delle parti nel corso della udienza di trattazione della richiesta.

Infondata deve ritenersi anche la questione inerente la nullità del procedimento dovuta al fatto che dopo la decisione sulla ricusazione non sarebbe stata fissata altra udienza. Tale udienza non è certo prevista non potendo più alcuno interloquire sulla decisione; nel caso di specie il tribunale ha svolto l’udienza fino al momento della decisione, l’unica che doveva essere rinviata prima della decisione sulla ricusazione, e quindi non appena intervenuta la decisione ha pronunciato l’ordinanza nella quale ha correttamente risposto a tutte le questioni sollevate dalla difesa, compresa quella inerente le richieste istruttorie. Deve infatti rilevarsi che il Presidente del collegio, dopo che era pervenuta la decisione sulla inammissibilità della istanza di ricusazione, aveva ripreso la camera di consiglio, dando atto che le parti avevano concluso nel verbale di udienza del 9/3/2010; dal verbale emerge che le parti erano state messe nelle condizioni di concludere, prima della sospensione per la decisione sulla ricusazione. In relazione al merito della questione la decisione appare del tutto congrua e conforme ai principi di diritto che regolano la materia della misura disposta per motivi di salute.

Nel caso di specie, da un lato le condizioni di salute del condannato erano stazionarie e fronteggiabili con terapia farmacologica, dall’altro era ormai provata la mancanza di ogni volontà da parte del condannato di ottemperare alle regole della misura alternativa, le cui violazioni erano state talmente tante e gravi da far emergere una situazione di evidente pericolosità sociale del soggetto, non altrimenti fronteggiabile se non con la detenzione in carcere.

Tutte le richieste istruttorie erano irrilevanti, essendo stati già acquisiti i pareri e le consulenze necessarie a decidere nel merito sulla possibilità di concedere la misura alternativa ed apparendo quindi come pretestuose; quel giudice ben poteva decidere sulle prove, essendo la decisione intervenuta dopo la dichiarazione di inammissibilità della ricusazione. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *