Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-03-2011) 26-04-2011, n. 16368 Falsità ideologica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Palermo in data 6.12.2007, con la quale D.P.A. veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione per il reato di cui all’art. 479 cod. pen. commesso in (OMISSIS) attestando falsamente quale medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, in concorso con L.V.G. che agiva quale istigatore, che N. I., moglie del L.V., era affetta da turbe comportamentali e psichiche tali da richiedere un trattamento sanitario obbligatorio.

Il ricorrente deduce:

1. violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla qualificazione soggettiva dell’imputato come pubblico ufficiale;

2. violazione di legge e mancanza o illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato;

3. carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla qualificazione soggettiva dell’imputato come pubblico ufficiale, è infondato.

Il ricorrente rileva che la qualità di pubblico ufficiale dell’imputato era affermata con il superficiale riferimento ad un datato orientamento giurisprudenziale, dovendosi invece considerare il medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale un libero professionista che opera quale esercente un servizio di pubblica necessità.

L’indirizzo interpretativo richiamato nella sentenza impugnata, ben lungi dall’essere datato, è stato anche di recente ribadito da questa Corte (Sez. 5, n. 12827 del 9.3.2005, Imp. Schwarz, Rv.

231700); ed esprime il principio della qualificazione come pubblico ufficiale del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale in quanto soggetto che concorre a formare la volontà della pubblica amministrazione in materia sanitaria esercitando per conto della stessa poteri certificativi. La sentenza impugnata motivava pertanto correttamente sul punto.

2. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato.

Il ricorrente, premesso essere accertato in atti il progetto del L. V. di far figurare come mentalmente disturbata la moglie, che egli sottoponeva a maltrattamenti, e richiamate le dichiarazioni spontanee dell’imputato per le quali il L.V. lo invitava ad attivarsi per un ricovero della N. mostrandogli un certificato in tal senso apparentemente rilasciato dallo psichiatra A.G., operante presso la clinica Villa (OMISSIS), lamenta che tali circostanze non siano state valutate nell’attribuire credibilità alla tesi difensiva dell’aver l’imputato agito in buona fede in quanto tratto in inganno dal L.V., tenuto conto che il teste Z.G. confermava di aver incontrato il D.P. nella sala d’aspetto della clinica di cui sopra nell’attesa di un incontro con l’ A.; aggiungendo che la decisione è altresì contraddittoria rispetto all’assoluzione del D.P. in primo grado dall’accusa di calunnia contestatagli nell’aver falsamente accusato il L.V. di aver falsificato il certificato emesso dall’ A..

La sentenza impugnata motivava tuttavia congruamente sugli elementi indicati dal ricorrente, valutando come inattendibili le dichiarazioni spontanee dell’imputato per il contrasto con quanto riferito dal D. sul mancato rilascio di attestazioni in ordine allo stato di salute della N., con il mancato riferimento a tale attestazione nel certificato di cui all’imputazione e con quanto dallo stesso imputato successivamente dichiarato in sede di interrogatorio, ed osservando come la prospettazione difensiva dell’essere stato il D.P. tratto in inganno dal L.V. non escludesse comunque il dolo dell’imputato laddove lo stesso redigeva il certificato senza visitare direttamente la N.. Nè sussistono i lamentati aspetti di contraddittorietà della decisione di condanna con quella di assoluzione dell’imputato dall’imputazione di calunnia in danno del L.V., considerato che quest’ultima veniva pronunciata in primo grado proprio in considerazione degli elementi di prova sul concorso fra il D.P. e lo stesso L. V.. I denunciati vizi motivazionali non sono pertanto ravvisabili.

3. Infondato è infine il terzo motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’insufficiente motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e la mancata indicazione del criterio di commisurazione della pena inflitta. Anche per questo aspetto la Corte territoriale forniva infatti adeguata giustificazione della decisione, osservando che la gravità del fatto, commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, evidenziava elevata capacità a delinquere, e che la pena era congrua rispetto all’aver l’imputato agito al fine di cagionare un grave danno ad una propria paziente, in spregio ad elementari regole deontologiche.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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