Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-03-2011) 26-04-2011, n. 16299

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 cod. proc. pen. dalla richiesta di riesame dell’indagato G.F., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 16.7.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., commi 6, 3, 4, 5 e 6, considerato transnazionale ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 3, lett. b) e c).

Stando all’impostazione accusatoria accolta nel provvedimento impugnato G.F. era personaggio di alto livello della "società maggiore" della ndrangheta, con il ruolo di direttore e organizzatore delle organizzazioni locali di Oliveto e di Croce Valanidi, da data non precisata e sino all’attualità. A suo carico stavano una cospicua serie di conversazioni intercettate, alcune da lui direttamente intrattenute, altre intercorse tra diversi sodali, anche di spicco.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo dei difensori avvocati Francesco Abenavoli e Pietro Catanoso, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deduce carenza e illogicità della motivazione osservando:

– il provvedimento impugnato ripercorreva 30 anni di processi di mafia nel circondario di Reggio Calabria; il ricorrente non era mai stato implicato in nessuno degli importanti processi citati; già questo dato dimostrava che non era plausibile che egli, a quasi ottantanni, fosse giunto a ricoprire il ruolo apicale che l’accusa gli attribuiva, senza mai di essere stato coinvolto prima in indagini per fatti di partecipazione mafiosa; inoltre, nessuno, nel corso delle conversazioni intercettate, gli aveva attribuito la commissione di alcun reato, e nessun pentito aveva mai dichiarato di conoscerlo;

– in assenza di specifici episodi delittuosi a lui attribuibili e di prove di una sua partecipazione alla guerra di mafia che negli anni 80 e 90 aveva interessato il clan della provincia di Reggio Calabria, particolarmente rigorosa avrebbe dovuto essere la prova dell’affectio societatis e la dimostrazione del suo ruolo di organo di vertice;

– al contrario, dagli elementi richiamati e in particolare dalla vicenda del Tribunale, come chiamata nell’ordinanza, il ricorrente appariva più come uno sprovveduto che come un capo, mostrando addirittura di non conoscere le basilari regole dell’ambiente (ovverosia che alle riunioni possono partecipare solo coloro che appartengono all’associazione, per una infrazione a tale regola essendo stato asseritamente "processato " dall’apparato);

– quanto poi alle conversazioni intercettate il 20 agosto 2009 (in cui si riferiva che il ricorrente avrebbe caldeggiato la candidatura di tale O.M. quale capo crimine) nonchè il 28 febbraio e il 10 marzo 2010 (relative a un interessamento del ricorrente nella vicenda relativa la designazione del nuovo capo locale di (OMISSIS)), esse erano intercorse tra terze persone, assente il ricorrente, e dunque avrebbero dovuto essere confortate, per rivestire valore probatorio, da opportuni elementi di riscontro.

2. Con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura applicata denunzia analoghi vizi, sostenendo che il Tribunale avrebbe omesso di considerare la previsione dell’art. 275 c.p.p., comma 4. Il ricorrente era persona ottantenne e affetta da patologie croniche, occorreva dunque per la restrizione carceraria la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Era inoltre da confutare l’affermazione che il G. avesse dolosamente simulato una situazione sanitaria grave in vista dell’imminente arresto, del quale avrebbe avuto notizia da una "talpa": le parole pronunciate da F.G. il 16 marzo 2010 costituivano al più supposizioni del dialogante, neppure lontano conoscente del ricorrente; la documentazione sanitaria prodotta dimostrava, poi, che i ricoveri risalivano a periodi non sospetti, quali, ad esempio, il (OMISSIS); sarebbe spettato in ogni caso agli inquirenti verificare le reali condizioni di salute del G., come attestate da due perizie allegate al ricorso.

3. Con memoria depositata il 15 febbraio, il difensore del ricorrente ha depositato quindi: perizia del dott. R.N., direttore dell’ospedale psichiatrico di (OMISSIS), redatta su incarico del giudice per le indagini preliminari, che avrebbe concluso per l’incompatibilità delle condizioni di salute con lo stato di detenzione (datata (OMISSIS)); consulenza tecnica specialistica del dott. C.F., redatta su incarico del procuratore della Repubblica del Tribunale di Reggio Calabria (datata (OMISSIS)); relazione del responsabile sanitario del carcere dell'(OMISSIS), dott. M. (datata (OMISSIS)).
Motivi della decisione

1. – Le censure in punto di gravità indiziaria inammissibili.

I giudici del riesame, dopo aver premesso la storia e la struttura dell’organizzazione criminale di cui si stavano occupando, la ‘ndrangheta, e dell’organismo di vertice, la "Provincia", reggente i rapporti tra le varie sotto strutture, hanno ineccepibilmente osservato che gravi indizi della partecipazione con ruolo di vertice capo del ricorrente, potevano trarsi:

– da conversazioni alle quali aveva direttamente partecipato il ricorrente e aveva lui stesso parlato del proprio ruolo, e così, in particolare, dalle conversazioni del 24 gennaio 2008 e del 13 febbraio 2008, tra F. e G.N. la prima, tra gli stessi e M.D. la seconda, nelle quali era proprio il ricorrente a parlare della "Provincia", delle formule di giuramento e della detenzione di armi da parte di N.(conv. del 24.1), e nelle quali si parlava altresì (conv. del 13.2) delle zone di influenza del M., al quale G.F. raccomandava di seguire i suoi consigli per non andare fuori "regola", rivendicando quindi a sè la nomina di S.A. responsabile di C. e del valore di tale nomina di fronte alla "Provincia";

– da ulteriori conversazioni intercorse tra altri sodali, e in particolare dalle conversazioni, registrate a bordo della vettura in uso a G.N., del (OMISSIS), nel corso delle quale i colloquianti raccontavano che il ricorrente era ritenuto responsabile di mancanza per avere portato a una riunione di mafia il geometra della sua ditta, e avrebbe dovuto essere posto sotto accusa dinanzi a un "tribunale" della "Provincia" il 3 luglio;

dalle conversazioni intercorse tra il 28 febbraio e il 10 marzo 2010 nell’abitazione di P.G., relative alla designazione della nomina del capo locale di (OMISSIS), e in particolare dalla conversazione del 28 febbraio, nella quale si parlava dell’interessamento del ricorrente alla controversia su tale nomina, e del 10 marzo, in cui si riferiva della precedente riunione sul tema con G.F.; dalle conversazioni intercettate il giorno 11 luglio 2008 in cui si parlava della sponsorizzazione, ad opera del ricorrente, di M.D. a carica di "capo locale", e della circostanza che era stato proprio lui, nel corso del "summit" del (OMISSIS), a proporre quale capo crimine O.D., conformemente a quanto già riferito nel corso della conversazione del 20 agosto 2009; dalle conversazioni intercettate presso la casa circondariale di (OMISSIS) tra O.P. i suoi familiari, nelle quali si parlava del ricorrente quale rappresentante del mandamento di Reggio città e titolare di una carica al livello di "Provincia" (colloqui del 27 novembre 2008, 31 luglio 2009, 4 settembre 2009); dalle conversazioni intercettate (il 1 ottobre 2008 e il 4 settembre 2009, in carcere, tra O.P. e un suo nipote), nelle quali si parlava del potere del ricorrente di formare nuove locali; dalla conversazione del 31 luglio 2009, nella quale ancora una volta veniva fatto il nome del ricorrente quale responsabile per il mandamento di Reggio Calabria per il conferimento del grado della "stella";

– dalla presenza (documentata) del ricorrente, assieme a G. N., il (OMISSIS) alla cerimonia rituale tenutasi presso il santuario di (OMISSIS), nel corso della quale erano state ufficializzate cariche di ndrangheta già attribuite nell’incontro preliminare del (OMISSIS), secondo quanto riferito nella conversazione ambientale del 24 agosto.

Sicchè a fronte della motivazione del Tribunale, esaustiva e plausibile, le doglianze con le quali si sostiene la carenza indiziaria appaiono, oltre che manifestamente infondate, in definitiva anche generiche e tendenti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti esclusivamente attinenti all’apprezzamento, che risulta correttamente operato, del materiale probatorio.

Nè a fronte della messe di dati raccolti a carico dell’indagato nel presente procedimento può ritenersi rilevante che in altre sentenze di merito, conclusive di differenti indagini, non risultasse fatto il suo nome.

2. Quanto alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, è vero che la presunzione di pericolosità attenuata istituita dall’art. 275 c.p.p., comma 4, escludendo l’applicabilità della custodia in carcere nei confronti di chi ha superato l’età di settanta anni prevale su quella opposta del medesimo art. 275, comma 3 sicchè il mantenimento dello stato di custodia carceraria di ultrasettantenne presuppone la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza (Sez. 1, n. 1438 del 27/11/2008, Froncillo).

Tuttavia, il provvedimento impugnato ha appunto in concreto valutato in termini di eccezionale rilevanza le esigenze cautelari che sostenevano la necessità della custodia cautelare in carcere per G.F., osservando che siffatta particolare ed elevatissima condizione di pericolosità, non altrimenti contenibile, emergeva:

– dalla sua qualità di soggetto di vertice elevato della ‘ndrangheta reggina e di capo di più locali;

– dal dinamismo non comune che caratterizzava le sue condotte; dalla sua costante partecipazione ad incontri di rilievo, quali quelli tenutisi il (OMISSIS), in occasione del matrimonio della figlia di P.G.; il (OMISSIS), in cui era stata ratificata la nomina di un capo crimine; il (OMISSIS), in cui era stato designato un nuovo capo locale di (OMISSIS);

– dai costanti contatti tenuti dal G. col capo crimine O.D., da lui stesso proposto, presso l’agrumeto di quello;

– dalla sua capacità, per grado e autorevolezza, di conferire cariche e di "formare" e "sformare" le "locali" di ndrangheta, coerente con il particolare valore decisionale collegato, nell’organizzazione mafiosa, al suo ruolo di "anziano" (il valore della anzianità essendo d’altronde riconosciuto espressamente nel summit (OMISSIS)).

Quanto alla documentazione sanitaria prodotta dalla difesa nel corso dell’udienza, la valutazione del Tribunale, secondo cui dalla stessa non emergeva alcun serio profilo di incompatibilità con il regime detentivo, è sostenuta da considerazioni squisitamente di merito incensurabili in questa sede. Tanto più a fronte del rilievo, altrettanto corretto e plausibile e perciò incensurabile, che dalle conversazioni intercettate emergeva come, essendo emersa la notizia di imminenti arresti a causa della presenza di una talpa, il ricorrente avesse fatto reiterato ricorso strumentale a ricoveri ospedalieri per precostituirsi, appunto, la disponibilità di una documentazione clinica recente (si cita in particolare la conversazione del 16 marzo 2010, nel corso della quale F. G., parlando della preoccupazione di molti per la notizia degli imminenti arresti, affermava che vi erano personaggi, quali M.C. e G.C. che si stavano facendo ricoverare per ostentare appunto pessime condizioni di salute).

Mentre i documenti prodotti, in vista della presente udienza, come allegati alla memoria a sostegno del ricorso, sono tutti successivi alla decisione del Tribunale del riesame oggetto di ricorso, e non possono in alcun modo dunque essere presi in esame da questa Corte che deve limitare il suo esame al provvedimento impugnato e non può leggere gli atti probatori, nè preesistenti nè, tantomeno, sopravvenuti.

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato per ogni aspetto inammissibile.

All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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