Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-03-2011) 26-04-2011, n. 16298

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 cod. proc. pen. dalla richiesta di riesame dell’indagato M.D., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 16.7.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., commi 1, 3, 4, 5 e 6, considerato transnazionale ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 3, lett. b) e c) commesso quale partecipe delle organizzazioni locali di Trunca – Aliai, da data non precisata e sino all’attualità.

Stando all’impostazione accusatoria accolta nel provvedimento impugnato M.D. partecipava alla ndrangheta, con il ruolo di direttore e organizzatore delle organizzazioni locali di Oliveto e di Croce Valanidi, da data non precisata e sino all’attualità. A suo carico stavano una cospicua serie di conversazioni intercettate, alcune da lui direttamente intrattenute, altre intercorse tra diversi sodali.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Giulia Dieni, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Denunzia con unico motivo mancanza e illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deduce osservando:

– il provvedimento impugnato nasceva da una congerie eterogenea di indagini, riferibili a posizioni estremamente variegate arbitrariamente accomunate sulla base di elementi estremamente labili;

– vizio fondamentale era la pedissequa riproposizione degli argomenti utilizzati dal giudice per le indagini preliminari che sua volta si era limitato a ripetere acriticamente il decreto di fermo;

– il Tribunale di riesame al fine di avvalorare le sue conclusioni aveva preteso di ricostruire il fenomeno mafioso nella provincia di Reggio Calabria riconducendolo ad unità, ma tali conclusioni erano smentite dalle stesse sentenze Olimpia, prima, e Armonia, poi, citate nell’antefatto "storico", le quali avevano chiaramente escluso che si fosse mai realizzato un organismo sovrastrutturato con poteri di controllo e di raccordo delle varie famiglie;

– al ricorrente, in particolare, era contestata l’appartenenza alla "locale" di Trunca Aliai, ma era inimmaginabile e contrario dati comune esperienza che una "locale" potessi riferirsi e radicarsi su una piccola frazione, di un centinaio di abitanti;

– dagli elementi acquisiti non emergeva inoltre alcuno dei connotati tipici della fattispecie delittuosa contestata;

Per altro verso, si sostiene, il materiale acquisito era comunque inidoneo a dimostrare un coinvolgimento del ricorrente nell’associazione ipotizzata; le conversazioni intercettate, tutt’altro che "numerosissime", non dimostravano alcunchè e si prestavano a diversa interpretazione, puntualmente illustrata dalla difesa che aveva corredato le proprie affermazioni con precise prove documentali; arbitrariamente tali elementi erano stati tacciati dal Tribunale alla stregua di disperati o goffi tentativi difensivi;

assolutamente ingiustificata era l’affermazione che quanto evidenziato nella memoria depositata il 28 luglio, al Tribunale del riesame, costituiva "una fiera degli equivoci", anche perchè, a dispetto di tale opinione, vi era assoluta incertezza sulla riunione del "tribunale" di ndrangheta ad (OMISSIS), sia quanto a sua effettiva verificazione sia quanto a partecipazione del ricorrente, che non aveva mai avuto contatti con gli altri presunti partecipanti nè con il soggetto da accusare; la circostanza che il ricorrente non avesse saputo spiegare perchè si era recato o (OMISSIS) dipendeva infine semplicemente dal fatto che non si era mai recato colà, non risultando che avesse seguito C. e G..

Neppure era stato spiegato nell’ordinanza impugnata perchè il riferimento al consorzio irriguo, proposto la difesa a giustificazione dei fatti, non costituisse valida giustificazione delle frasi riportate nelle conversazioni intercettate, la distinzione lessicale richiamata dal Tribunale non bastando a dimostrare perchè l’imputato avrebbe dovuto usare una precisa nomenclatura giuridica.

Del pari inconsistente era il riferimento all’argomento "montagna" riunione rituale della montagna perchè da documentazione acquisita sicuramente il ricorrente non era presente alla cerimonia di Polsi.

Era arbitraria l’affermazione che risultava indimostrato che l’annata irrigua si chiudesse a settembre, essendo al contrario fatto notorio che al sopraggiungere dell’autunno i campi non abbisognano più di irrigazioni regolari. La circostanza che nella riunione del (OMISSIS) non fossero registrate lamentele all’ordine del giorno poteva quindi benissimo dipendere dalla circostanza che nessuno aveva avanzato reclami scritti. Meri modi di erano i riferimenti a (OMISSIS). Si era omesso persino di verificare il riferimento della difesa ai procedimenti pendenti relativi ai dissapori in seno al consorzio. Era stata immotivatamente accantonata la prospettazione difensiva secondo cui i contatti tra il ricorrente e G.F. trovavano esclusiva spiegazione nei rapporti di lavori edili, di cui si occupava entrambi.
Motivi della decisione

1. Il ricorso, come appare evidente dalla sola lettura degli argomenti prima riassunti, si diffonde in considerazioni che sono per la gran parte di merito, spesso addirittura ipotetiche.

Prive di fondamento sono in ogni caso le censure di vizi della motivazione e d’inconsistenza indiziaria, così come quelle d’omessa risposta alle deduzioni difensive.

Il Tribunale, dopo avere riassunto i temi delle indagini in relazione alle strutture associative predicate nei capi d’imputazione e al coinvolgimento in esse di alcuni personaggi chiave, quali i G., rilevante anche per le strette relazioni tenute tra di loro e il M., venendo più nel dettaglio all’esame della specifica posizione del ricorrente, afferma che gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti emergevano dalle conversazioni intercettate, riscontrate dagli incontri registrati nell’informativa dei Carabinieri.

Stavano a suo carico in specie le molte conversazioni che dimostravano gli stretti contatti intrattenuti dal M. con G.N., personaggio chiave delle indagini e della locale di Oliveto (che per sua stessa affermazione aveva "la ndrangheta nel DNA", cui il ricorrente s’era accompagnato tra l’altro in occasione della trasferta a (OMISSIS), che aveva lo scopo di informare e di convocare i soggetti che avrebbero dovuto partecipare alla riunione del (OMISSIS), nella quale occorreva porre sotto accusa dinanzi al tribunale della Provincia F.), e con G.F., avente ruolo di importanza "provinciale". Si ricordavano a tal fine in particolare le conversazioni:

– del (OMISSIS), tra il ricorrente e G.N., nella quale espressamente si discuteva del coordinamento a livello di Provincia e quindi di coindagati, loro posizione e organizzazione della ‘ndrangheta, e si parlava, ad esempio, della necessità che uno di loro, se intendeva portare avanti le sue posizioni, doveva andare a dire di avere ragione a settembre alla "Montagna" (ovverosia alla riunione che ogni anno si celebrava presso il santuario della (OMISSIS) e alla quale partecipavano i rappresentanti di tutte le "locali"); del fatto che la situazione era "imbrogliata" pure a livello di "Provincia" e che si correva il rischio che tutto si riducesse un’altra volta a "sgarro", "locali" e territori; del fatto, parlandosi della cosca tirrenica, delle vicende di tale P. e della sua locale, che M.D. (chiamato costantemente dai suoi interlocutori "(OMISSIS)") era attivo, ovverosia organico, serio e affidabile; di "società" e "regola": il tutto, secondo i giudici di merito, in un contesto che rendeva assolutamente evidente che i discorsi intrattenuti provenivano da ndranghetisti vertevano e su fatti di ndrangheta e sodali;

– del (OMISSIS), in cui G.N. e F. facevano riferimento alla "locale "di Aliai e al ricorrente, in un ambito discorsivo in cui si parlava anche di armi e di formule di giuramento per il conferimento delle cariche della "società maggiore" (e del fatto che O.D. non aveva conservato con la dovuta cautela il foglio su cui aveva appuntato dette formule, con evidente rischio);

– del (OMISSIS), nella quale gli interlocutori che si recavano a un incontro con il ricorrente, dopo averlo fatto salire sull’auto, prendevano a discutere di questioni relative alla "locale" di sua appartenenza, facendo riferimenti al fatto che M. doveva stare fermo e che nessuno di loro si era distaccato, ad alcune persone che si erano rivolte al "capo giovane", alla impossibilità di costituire un "Banco Nuovo"; G.F. raccomandando quindi al M. di non parlare a nessuno del loro incontro e che il ricorrente seguisse i suoi consigli per non andare fuori da "regola";

– del (OMISSIS), in cui tornava l’argomento della paventata creazione di un’altra "società di ndrangheta" ad Aliai;

– del giorno (OMISSIS), nella quale G.F. sponsorizzava con il suo interlocutore la nomina a "capo locale" del M., a scapito di altri;

– del (OMISSIS), nella quale si parlava di una "dote "di ndrangheta (un "fiore", ovverosia un grado) da dare a tale Pa. e al ricorrente;

– delle molte conversazioni svoltesi a partire dalla sera del (OMISSIS) e attestanti il coinvolgimento del M. nella vicenda relativa al deferimento, per il (OMISSIS) successivo, di G. F. al Tribunale della Provincia, e dalle quali emergeva tra l’altro il ruolo di portatore di ambasciate del ricorrente, oltre che la sua partecipazione a detta riunione.

Quanto alle spiegazioni offerte dal M., secondo il Tribunale le stesse, come aveva già rilevato il Giudice per le indagini preliminari, oltre ad essere prive di riscontri erano smentite dal tenore obiettivo e complessivo dei dialoghi, in relazione ai quali l’indagato aveva persino cercato di smentire di essere chiamato con il nome "(OMISSIS)", pur essendo stato accertato che era esattamente lui la persona cui si rivolgevano gli interlocutori che usavano tale appellativo, e aveva implausibilmente negato di conoscere il significato di "capo giovane", tentando di far credere che G. N. era abituato ad ubriacarsi a parlare a sproposito, che il termine Banco Nuovo e gli altri riferimenti a gruppi o riunioni si riferivano a consorzi irrigui, frammentando le conversazioni e attribuendo a singole proposizioni significati incompatibili da un lato con una piana lettura d’insieme, dall’altro con il tenore inequivoco di alcuni dei termini usati.

Dal provvedimento impugnato emerge in conclusione un quadro di scrupolosa e addirittura alle volte puntigliosa, ma sempre perfettamente logica e saldamente ancorata a dati fattuali, confutazione delle prospettazioni difensive. Certo è che nessuno dei tentativi di spiegazione alternativa del ricorrente è rimasto senza risposta, e le osservazioni del Tribunale, oltre ad essere intrinsecamente plausibili sono, come detto, ogni volta supportate da precisi riferimenti a dati e frasi ritenuti di indubbio valore contrario sulla base di argomentazioni fondate di volta a volta sul tenore inequivoco di altre espressioni contestualmente usate ovvero sulla inconciliabilità delle osservazioni difensive con il contesto risultante dagli atti, che non sono censurabili nè sotto il profilo della tenuta logica nè dal punto di vista della completezza e della adeguatezza.

E’ vero che il Tribunale si è lasciato a tratti andare a commenti incontinenti sul pregio delle deduzioni difensive, non consoni alla materia. Tali accenti, perchè solo di questo si tratta, non intaccano tuttavia la intima coerenza e l’ampia giustificazione della decisione adottata, potendo al più comportare il rigetto, anzichè la declaratoria d’inammissibilità, di motivi di ricorso che reiterano considerazioni che attengono all’apprezzamento, correttamente operato, del materiale probatorio e neppure considerano appieno gli argomenti di sostanza spesi, in risposta, dal provvedimento impugnato.

3. Il ricorso non può pertanto che essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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