Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-03-2011) 26-04-2011, n. 16297 abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ato Taddei Giovanni, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 cod. proc. pen. dalla richiesta di riesame dell’indagato I.V., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 28.5.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per quattro delitti di concussione continuata commessi in qualità di ufficiale della Guardia di Finanza (capo 3, fatti commessi in concorso in epoca prossima al (OMISSIS); capo 5, fatto commesso in concorso con il C. tra il (OMISSIS); capo 7, fatto commesso in concorso con il C. tra il (OMISSIS); capo 8, fatto commesso il (OMISSIS)); un reato di corruzione aggravata dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7 (capo 10, fatto commesso in concorso con il C. tra il (OMISSIS) ricevendo somme di denaro da T.A. e al fine di avvantaggiare la cosca Cordi); un’ipotesi si istigazione continuata alla corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio (capo 2, fatto commesso dal (OMISSIS)); un’ipotesi di tentata falsità materiale (capo 11, fatto commesso il (OMISSIS));

il reato di truffa continuata ai danni dello Stato (capo 12, fatto commesso nel (OMISSIS)).

Respinte le eccezioni procedurali, nel merito il Tribunale ha osservato – per quanto interessa ai fini del ricorso – che gravi elementi a carico del ricorrente emergevano dalle conversazioni intercettate, tutte assolutamente eloquenti ed autoevidenti e dettagliatamente riportate, dagli accertamenti eseguiti dagli inquirenti e dai controlli effettuati su taluni spostamenti e incontri, dalle dichiarazioni accusatorie di alcune delle persone contattate. In relazione al capo 9) sussisteva inoltre l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 perchè l’"avere edulcorato, dietro illecito compenso, una verifica fiscale su una delle imprese di T.A.", controllata dalla cosca Cordi, significava avere contribuito "in termini significativi, a favorire una impresa funzionale agli scopi e alle cointeressenze economiche della cosca" stessa.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Giovanni Taddei, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata per violazioni di legge processuale e sostanziale e per vizi di motivazione.

2.1. Con il primo motivo denunzia violazioni di legge in relazione agli artt. 203, 273, 267 e 271 cod. proc. pen., D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 132, D.L. n. 152 del 1991, art. 13 e art. 15 Cost..

Afferma che l’ordinanza aveva illegittimamente fondato il giudizio di colpevolezza sulle conversazioni intercettate sull’utenza (OMISSIS), effettuate in base a decreto autorizzativo d’urgenza e convalida emessi in violazione dell’art. 267, comma 1-bis, in quanto basati su informazione proveniente da fonte anonima e su tabulati di tale utenza acquisiti a seguito di detta notizia confidenziale e in relazione al quale mancava agli atti valido decreto acquisitivo.

2.2. Con il secondo motivo denunzia violazioni di legge in relazione agli artt. 203, 273, 267, 271 e 291 cod. proc. pen. e art. 15 Cost..

Si sostiene che anche le intercettazioni ambientali captate a seguito di D.P.M. 22 aprile 2008, sulla cui base era pure motivata l’ordinanza impugnata, sarebbero inutilizzabili perchè a giustificazione dello stesso venivano assunte una serie di conversazioni dal contenuto assolutamente neutro e conversazioni captate con Decreto 19.2.2008 n. 424/08, non convalidato dal Giudice per le indagini preliminari e quindi in nessun modo utilizzabili, neppure al fine di disporre nuova intercettazione.

2.3. Con il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 125, comma 3, artt. 191, 203 e 271 c.p.p., art. 267 c.p.p., comma 3, e D.L. n. 152 del 1991, art. 13 lamentando la nullità dei decreti autorizzativi delle intercettazioni ambientali e telefoniche per mancanza o difetto di motivazione: tutti i decreti presentavano difatti la medesima dicitura, ripetendo pedissequamente formule di stile già in precedenza utilizzate; inoltre la motivazione poteva ritenersi apparente perchè, tolti i riferimenti ad elementi indiziari frutto di acquisizioni inutilizzabili, sia i prime due decreti, che i successivi su quelli basati, restavano sguarniti di contenuto motivazionale.

2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al D.L. n. 152 del 1991, artt. 319 e 7.

Afferma che il Tribunale aveva confermato l’aggravante dell’agevolazione mafiosa in assenza degli elementi di fatto e di diritto che la caratterizzavano, in quanto: difettava la conoscibilità della circostanza che il corruttore era indagato di partecipazione ad associazione mafiosa in altro procedimento, il corruttore risultava accusato per reati di mafia per la prima volta nel settembre 2009, tale suo status non risultava provato perchè la Corte di cassazione aveva annullato con rinvio l’ordinanza cautelare.

Mancava inoltre la dimostrazione del dolo specifico oltre che quel quid pluris che distingueva l’agevolazione del partecipe dall’agevolazione dell’associazione.

2.5. Con il quinto motivo denunzia vizi di motivazione e violazione di legge per assenza di autonomo giudizio sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, sull’assunto che il Tribunale aveva erroneamente omesso di censurare l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che si era appiattita sul contenuto dell’atto di accusa.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso riproduce in parte eccezioni già svolte dinanzi al Tribunale del riesame, affatto analoghe alle questioni sollevate nel parallelo ricorso del coimputato C..

Può dunque ripetersi che il Tribunale ha correttamente risposto osservando che nè il Pubblico ministero il Giudice per le indagini preliminari avevano fondato la valutazione sulla esistenza di gravi indizi di reato idonei a legittimare le intercettazioni non sulla fonte confidenziale, bensì sugli esiti delle indagini svolte dalla Guardia di finanza di Locri, puntualmente richiamate, a seguito dello stimolo ricevuto costituito dalla notizia proveniente dalla fonte confidenziale.

Gli argomenti del Tribunale trovano conferma negli atti, dai quali risulta infatti che a base del primo dei provvedimenti con cui vennero effettuate le intercettazioni utilizzate a carico del ricorrente erano stati posti i dati dei tabulati telefonici che attestavano una eccezionale e di per sè indiziante continuità di contatti tra il titolare di una certa utenza, ex Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Locri, e A.R., esponente dell’omonimo clan mafioso, indagato per l’esecuzione di furti e rapine al fine di reperire denaro da impiegare nel traffico illecito di stupefacenti e di armi.

I tabulati risultano inoltre, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, acquisiti in forza di D.P.M. 26 ottobre 2007, che si riferiva al traffico trattenuto dal 1 gennaio al 26 ottobre 2007, ovverosia nei precedenti 10 mesi, legittimamente emesso in base al testo del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 132 vigente a quella data.

2. Infondate sono, per conseguenza, le doglianze sviluppate nel secondo e nel terzo motivo, in punto di violazione dell’art. 267 cod. proc. pen. e le tesi relative alla mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi e dei provvedimenti di convalida, che risultano invece , come detto, adeguatamente giustificati. Potendosi solo aggiungere da un lato, che anche i successivi decreti risultano congruamente e adeguatamente motivati su i medesimi atti posti a fondamento dei primi e inoltre su molte delle conversazioni nel frattempo legittimamente intercettate; dall’altro che le censure s’appuntano su pretese carenze piuttosto che sulla assenza della motivazione dei decreti censurati. Occorre dunque ricordare che sin da S.U., n. 17 del 21/6/2000, Primavera (nello stesso senso S.U. n, 45189 del 17.11.2004, Esposito e le successive) è principio consolidato che solo la mancanza – tale dovendosi intendere anche la mera apparenza o l’assoluta incongruità – della motivazione dei decreti che autorizzano o prorogano le operazioni di intercettazioni comporta l’inutilizzabilità dei risultati delle operazioni captative.

3. Le censure in punto di gravità indiziaria oggetto del quinto motivo sono in relazione ai fatti di concussione, corruzione e truffa ai danni dello Stato, assolutamente generiche, oltrechè manifestamente infondate alla luce della vasta e articolata esposizione degli elementi indiziari raccolti.

Deve invece essere rilevata, d’ufficio, l’illegittimità della custodia cautelare in carcere in relazione all’ipotesi dell’art. 322 cod. proc. pen. (capo 2), nonchè l’evidente l’insussistenza, in base alla stessa descrizione della condotta e alle scarne considerazioni riservate a tale fatto nell’ordinanza impugnata, della fattispecie di tentata falsità materiale (capo 11).

In relazione al primo è sufficiente notare che si tratta di delitto punito con pena edittale che non consente la misura custodiate applicata.

In relazione al secondo difetta il requisito dell’idoneità della condotta, realizzatasi con una mera richiesta a soggetto che immediatamente la respingeva.

Limitatamente ai reati di cui all’art. 322 c.p. (capo 2) e artt. 56 e 476 cod. pen. (capo 11) l’ordinanza impugnata deve essere di conseguenza annullata senza rinvio.

4. Sono infine fondate le doglianze sviluppate nel quarto motivo, relative all’aggravante del D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

Come si è già osservato a proposito del coimputato C., il provvedimento impugnato non ha affatto considerato l’annullamento con rinvio ad opera di questa Corte del provvedimento cautelare a carico del corruttore T., mentre della sentenza di assoluzione dello stesso, prodotta per dispositivo in udienza, in relazione alle contestazioni di partecipazione o agevolazione mafiosa, il Tribunale non poteva obiettivamente tenere conto, perchè successiva alla sua decisione.

Ma anche prescindendo dall’esito delle vicende giudiziarie del T., il provvedimento impugnato è comunque viziato allorchè afferma l’esistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa sul solo presupposto che l’indagato aveva accettato l’offerta corruttiva di un soggetto più tardi indagato di mafia, senza fare il benchè minimo riferimento alla evidenza, all’epoca del fatto, della sua asserita veste di gestore di una società controllata dalla mafia e senza indicare nessun altro elemento che potesse dimostrare la consapevole volontà di almeno uno degli indiziati (e correlativamente ex art. 59 cod. pen. quantomeno la colpevole ignoranza dell’altro), di agevolare, mediante la corruzione in favore dell’imprenditore, la stessa consorteria mafiosa.

La totale assenza di base probatoria in relazione i profili soggettivi della condotta comporta l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente all’aggravante del D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

Sul punto l’ordinanza impugnata non può pertanto che essere annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, perchè proceda a nuovo esame.

5. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alle imputazioni di cui agli artt. 322, 56 e 476 cod. pen., nonchè all’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7. Rigetta nel resto il ricorso.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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