T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 26-04-2011, n. 3590 Agricoltura e alimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Stato Venturini per l’amministrazione resistente;
Svolgimento del processo

Con regolamenti CE n. 1782/2003 e 2237/2003 (quest’ultimo abrogato e sostituito dal Reg. CE n. 1973/2004 del 29 ottobre 2004), la Commissione europea ha istituito il "Premio specifico alla qualità per il frumento duro" (pari a 40 euro per ettaro) quale aiuto per gli agricoltori che producono tale alimento di alta qualità.

La concessione del premio è subordinata all’utilizzazione di sementi certificate di varietà di alta qualità riconosciute tali dagli Stati membri.

La predetta normativa ha stabilito, altresì, una serie di norme comuni che disciplinano il metodo di esame delle varietà coltivate negli Stati membri e la procedura da seguire per redigere l’elenco delle varietà ammesse alla fruizione del Premio specifico alla qualità per il frumento duro.

L’attuazione, in ambito nazionale, della richiamata normativa comunitaria è avvenuta con decreto 29 ottobre 2004 del Capo del Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero resistente, con cui sono state disciplinate le modalità operative per l’esecuzione delle prove colturali per la verifica delle varietà di frumento duro da ammettere al premio comunitario.

In quella sede, il predetto Dicastero ha provveduto a redigere un apposito "protocollo operativo" per dettare disposizioni in merito al numero dei testimoni (ovvero di quelle varietà di alta qualità che avrebbero dovuto essere utilizzate come paragone per la verifica delle sementi), all’individuazione dei macroareali dove svolgere le prove in campo, al numero delle prove da effettuare, alle modalità di conduzione delle stesse e alla formazione della lista quinquennale delle varietà ammesse al premio.

Le prove sono state svolte nell’arco di un biennio (a partire dal mese di novembre 2004) al termine delle quali la Commissione preposta alla definizione della lista delle varietà di frumento duro, dopo varie sedute, ha sottoposto l’esito delle verifiche al Ministro delle Politiche agricole il quale, previa acquisizione del parere da parte della Conferenza Stato – Regioni, ha adottato il decreto ministeriale del 1° dicembre 2006 contenente l’elenco delle varietà di frumento duro ammesse a beneficiare, a partire dall’annata 2006/2007, del Premio specifico alla qualità per il frumento duro.

Nel predetto elenco non risultano inserite le varietà "Daunia", "Appulo" e "Arcangelo" (quest’ultima, utilizzata come varietà testimone), coltivate dalle ricorrenti F. S.a.s. e G. S.r.l., produttori delle predette varietà.

Avverso gli atti sopra richiamati e l’intera procedura che ha portato all’adozione dell’elenco delle varietà di frumento duro ammesse alla corresponsione del premio, insieme a tutti gli atti connessi, hanno proposto impugnativa le società ricorrenti chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per i seguenti motivi di seguito sintetizzati:

1) illegittimità dell’esclusione della varietà "Arcangelo" dalla lista delle varietà ammesse al premio comunitario di cui al D.M. 1° dicembre 2006, posto che la predetta varietà, nel biennio 2004/2005 e 2005/2006, ha costituito il metro di paragone qualitativo per le altre varietà sottoposte alla prova di qualità;

2) illegittimità dell’esclusione dalla lista delle varietà "Appulo" e "Daunia" che, essendo iscritte nel Registro nazionale delle varietà, avrebbero dovuto essere valutate d’ufficio, senza la necessità di un’apposita istanza della parte interessata;

3) omessa pubblicizzazione dell’avvio, nel 2004, delle prove colturali finalizzate all’accertamento delle caratteristiche qualitative delle varietà di frumento duro;

4) illegittima estensione delle prove a varietà che non risultavano iscritte nel registro nazionale;

5) mancanza di un valido atto di recepimento interno della normativa comunitaria e incompetenza del Capo del Dipartimento della Qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi MIPAF a dare esecuzione ai regolamenti comunitari;

6) illegittima partecipazione dell’istituto sperimentale della Cerealicoltura ad effettuare le prove agronomiche e le analisi qualitative delle varietà di fumento duro;

7) illegittimo coinvolgimento delle sole associazioni sementiere nelle procedure di verifica della qualità;

8) illegittimità dell’intera lista delle varietà ammesse ad usufruire del premio comunitario in quanto basata su indici di qualità ottenuti da valori inattendibili dal punto di vista scientifico;

9) illegittimità delle prove per violazione dei Reg. CE n. 2237/2004 e n. 1973/2004 in relazione alle irregolarità commesse nella valutazione delle varietà di frumento duro;

10) illegittima composizione della Commissione preposta alla valutazione; incompetenza del Capo Dipartimento ad istituire la predetta Commissione; illegittimità della partecipazione alla Commissione di soggetti in conflitto di interessi;

11) illegittimità del Reg. CE n. 1782/2003 per violazione dei principi di libertà di commercio e concorrenza di cui al Trattato CE (ora TFUE), per difetto di motivazione e per il mancato riconoscimento automatico delle "cultivar" già riconosciute di alta qualità a livello nazionale e inserite nei disciplinari di produzione DOP;

12) illegittimità del protocollo operativo nella parte in cui prevede la validità quinquennale dell’elenco della varietà ammesse al premio.

Si è costituito in giudizio il Ministero intimato eccependo dapprima l’inammissibilità del ricorso sotto vari profili (difetto di giurisdizione e carenza di interesse) e chiedendone comunque il rigetto perché infondato nel merito.

Con ordinanza n. 3570/2007, è stata respinta la domanda di sospensiva.

Con motivi aggiunti depositati in giudizio il 12 ottobre 2007, le ricorrenti hanno poi nuovamente dedotto l’illegittimità delle prove condotte dal Laboratorio della sezione di merceologia dei prodotti dell’Istituto sperimentale della Cerealicoltura (ISC) che, essendo privo della qualifica di laboratorio ufficiale di analisi, non avrebbe potuto eseguire le prove di qualità sulle sementi di frumento duro.

In vista della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie argomentando ulteriormente ed insistendo nelle loro rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 6 aprile 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Vanno, in via preliminare, disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Ministero resistente.

1.1 Con riferimento al difetto di Giurisdizione del giudice amministrativo, è sufficiente osservare che le ricorrenti si dolgono, in particolare, della legittimità di provvedimenti che, nel recepire la normativa comunitaria in materia di premi tesi ad incentivare la coltivazione del frumento duro di qualità, hanno disciplinato le modalità operative e, quindi, la procedura per l’individuazione delle tipologie di sementi da ammettere, per la loro qualità, al predetto premio. A ciò si aggiunga che le stesse ricorrenti hanno censurato anche le modalità di analisi svolte dagli enti preposti per l’individuazione delle tipologie di frumento duro di alta qualità.

In altre parole, la prospettazione delle ricorrenti non ha riguardato la correttezza della determinazione dei premi da corrispondere a coloro che ne avevano diritto al di fuori dell’esercizio di un potere autoritativo da parte dell’amministrazione interessata: l’impugnazione ha invece ad oggetto atti e comportamenti riconducibili all’esercizio di un tale potere e dunque appartenenti, ai sensi dell’articolo 7 c.p.a., alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. Civ., sez. un., 7 marzo 2011, n. 5353).

Nel caso di specie, invece, come peraltro riconosciuto nello stesso decreto del 29 ottobre 2004, l’amministrazione resistente ha esercitato il proprio potere discrezionale per individuare, con atto generale, le modalità di recepimento della normativa comunitaria che, peraltro, non è diretta a regolare rapporti interprivastici bensì pubblicistici, nel cui ambito è senz’altro riconducibile la finalità di promuovere, in ambito europeo e, di conseguenza, nazionale, l’eccellenza nella qualità del frumento duro (quindi un elemento di rilevante importanza nell’alimentazione umana) attraverso l’erogazione di risorse economiche comunque limitate.

L’utilizzo di poteri pubblicistici per recepire, con margini di discrezionalità, una normativa comunitaria di diritto pubblico radica la giurisdizione sugli atti impugnati in capo al giudice amministrativo.

1.2 Altrettanto infondata è l’eccezione di carenza di interesse secondo cui le ricorrenti non riceverebbero alcuna utilità dall’annullamento della lista dei prodotti ammessi al premio di che trattasi (D.M. 1° dicembre 2006).

È evidente che la prospettazione delle ricorrenti, nel dedurre l’illegittimità degli atti impugnati, mira a far valere, in via principale, l’interesse strumentale alla "riscrittura", conforme alla normativa, della procedura e delle stesse operazioni di analisi, nel tentativo di provare l’errore in cui sarebbe incorso il Ministero resistente quando non ha inserito nella lista dei beneficiari le varietà "Appulo, "Daunio" ed "Arcangelo".

Si tratta, invero, di un interesse strumentale finalizzato anche ad un ristoro di carattere economico che radica, in capo alle ricorrenti, l’interesse al ricorso che potrà essere soddisfatto dall’amministrazione attraverso l’attività di conformazione alle previsioni contenute nella pronuncia del giudice.

2. Passando al merito della controversia, il Collegio ritiene di dover mutare, per ragioni di consequenzialità logica, l’ordine di esame delle censure proposte dalle ricorrenti, avendo alcune di esse carattere assorbente in ragione della loro fondatezza.

3. Risulta, invero, fondato il quinto motivo con cui si deduce l’incompetenza del Capo del Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche Agricole nell’adottare il decreto del 29 ottobre 2004 con cui sono state disciplinate le modalità operative di esecuzione delle prove colturali per la verifica delle varietà di frumento duro da ammettere al premio comunitario.

3.1 Al riguardo, la difesa erariale sostiene che il Ministero resistente, con il decreto del 29 ottobre 2004, si è limitato a recepire le previsioni contenute nella normativa comunitaria (in particolare, il Reg. CE n. 2237/2003, poi sostituito dal Reg. CE n. 1973/2004). Le disposizioni comunitarie, di contenuto dettagliato, sarebbero state pedissequamente recepite dal citato Dicastero tanto da potersi parlare di disciplina adottata nell’esercizio di un’attività vincolata.

In ragione di ciò, la competenza ad adottare il citato decreto del 29 ottobre 2004 è stata riconosciuta in capo al Capo Dipartimento del Dicastero e non al Ministro in carica.

3.2 La prospettazione della difesa erariale risulta, invero, smentita dallo stesso contenuto del provvedimento impugnato dove, nell’individuare i criteri per la definizione della lista varietale, riconosce espressamente che, con il citato decreto, "verranno definiti alcuni elementi discrezionali contenuti nel Reg. CE n. 2237/2003" ed, in particolare, il numero dei testimoni, i criteri per l’inclusione nelle prove di valutazione delle varietà iscritte nel Registro nazionale, il numero dei macroareali e il numero e le modalità di conduzione delle prove di valutazione.

Del resto, che il citato Reg. CE n. 2237/2003 abbia lasciato margini di discrezionalità nel recepimento da parte degli Stati membri non risulta revocabile in dubbio: ad esempio, con riferimento al numero dei testimoni, la normativa comunitaria ha fissato un numero minimo di due varietà rimettendo, poi, alla scelta dei singoli Stati membri l’individuazione delle concrete modalità operative (con il decreto del 29 ottobre 2004, infatti, è stato deciso di utilizzare cinque testimoni, tra cui la varietà "Arcangelo").

3.3 Con il citato decreto, poi, si è deciso di ammettere alle prove di valutazione della qualità soltanto le varietà per le quali il costitutore ovvero il responsabile della conservazione in purezza avesse inoltrato apposita richiesta. Sul punto, va sin d’ora precisato che la scelta del Ministero resistente risulta in contrasto con la previsione contenuta nell’art. 7, comma 3, del Reg. CE n. 2237/2003 che non ammette tale impulso di parte bensì dispone che "le varietà da esaminare sono quelle registrate nel catalogo nazionale di ciascuno Stato membro, ad esclusione delle varietà per le quali non si dispone di dati analitici relativi agli ultimi tre anni, in quanto hanno cessato di essere utilizzate o certificate".

3.4 Sempre nell’ambito delle scelte rimesse allo Stato membro, il decreto dell’ottobre 2004, nel solco della citata normativa comunitaria, ha previsto che ogni varietà sarebbe stata oggetto di tre prove per ciascuno dei due macroareali individuati nel territorio nazionale (ovvero Centro – Sardegna e Sud – Sicilia). In questo caso, il Reg. CE n. 2237/2003 non fornisce indicazioni specifiche sul punto, limitandosi a prevedere che ogni Stato membro "raffronta, nell’arco di un periodo di almeno due anni, gli indici di qualità del frumento duro con quelli delle varietà rappresentative a livello regionale". Le modalità operative descritte nel decreto dell’ottobre 2004 completano, al riguardo, la scarna disciplina contenuta nella normativa comunitaria, a riprova della sussistenza di elementi da colmare attraverso l’esercizio del potere riconosciuto all’amministrazione resistente.

3.5 Lo stesso vale con riferimento al metodo di analisi delle prove di qualità (ovvero tenore di proteine, peso specifico, bianco natura, indice di giallo e qualità del glutine) per il quale il decreto in argomento ha previsto metodologie, in alcuni casi, diverse da quelle indicate nei Regolamenti CE n. 2237/2003 e n. 824/2000. In questo caso, le scelte effettuate dal Ministero resistente risultano eccedere le indicazioni fornite dalla normativa comunitaria in ordine alla metodologia di analisi tanto che l’esercizio del potere non risulta conforme alle previsioni ivi contenute.

3.6 In sintesi, con il decreto dell’ottobre 2004, il Ministero resistente, da un lato, ha dettato disposizioni che hanno specificato modalità operative rimesse dalla normativa comunitaria alle scelte dei singoli Stati membri, dall’altro, ha indicato adempimenti che risultano addirittura in contrasto con alcune disposizioni contenute nei Reg. CE n. 2237/2003 e 1973/2004 (come la sottoposizione agli esami di qualità delle sole "cultivar" per le quali sia stata presentata una domanda di parte ovvero la scelta di metodologie di analisi che non rispecchiano quelle indicate nella normativa comunitaria), a riprova del fatto che, in tale occasione, l’amministrazione non si è limitata ad eseguire chiare e dettagliate disposizioni contenute nella normativa comunitaria, ma ha proceduto a darne completa attuazione, specificando laddove era consentito attraverso l’esercizio di un potere autoritativo ed, in alcuni casi, anche derogandovi.

3.7 Da ciò emerge che, nella fattispecie in esame, deve trovare applicazione l’art. 4, comma 3, della legge 29 dicembre 1990 n. 428 secondo cui "il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, nell’ambito della sua competenza, adotta, con proprio decreto, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedimenti amministrativi relativi alle modalità tecniche e applicative, e secondo criteri obiettivi in modo da garantire la parità di trattamento tra gli agricoltori ed evitare distorsioni del mercato e della concorrenza, direttamente conseguenti alle disposizioni dei regolamenti e delle decisioni emanati dalla Comunità economica europea in materia di politica comune agricola e forestale, al fine di assicurarne l’applicazione nel territorio nazionale".

Ora, il decreto applicativo del 29 ottobre 2004 (di attuazione del Reg. CE n. 2237/2003, dettato per disciplinare le modalità operative per l’esecuzione delle prove colturali necessarie per accertare le caratteristiche delle varietà di fumento duro) non è stato adottato dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali bensì dal Capo del Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi, ovvero da un organo che, ai sensi del citato art. 4 della legge n. 428 del 1990, deve ritenersi incompetente come, peraltro, riconosciuto, in un caso analogo, dalla stessa giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. VI, 18 aprile 2007, n. 1784) la quale ha, al riguardo, avuto modo di affermare che "l’adozione del decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali del 5 agosto 2004, che ha disposto l’immediata entrata in vigore del nuovo regime di aiuti comunitari di cui al regolamento CE n. 1782/2003, compete all’organo ministeriale, vertendosi, nella specie, in tema di decreti da adottarsi (ai sensi dell’art. 4, comma 3, della L. n. 428/1990) dal Ministro dell’agricoltura e delle foreste, nell’ambito della sua competenza, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, relativi alle modalità tecniche e applicative, e secondo criteri obiettivi, in modo da garantire la parità di trattamento tra gli agricoltori ed evitare distorsioni del mercato e della concorrenza, direttamente conseguenti alle disposizioni dei regolamenti e delle decisioni emanati dalla Comunità economica europea in materia di politica comune agricola e forestale, al fine di assicurarne l’applicazione nel territorio nazionale".

3.8 Né può ritenersi che l’art. 4 della legge 428 del dicembre 1990 sia stato superato dall’introduzione del regime di separazione tra atti di indirizzo politico e atti di gestione, introdotto negli anni "90, in quanto trattasi di una normativa speciale (la legge n. 428 del 1990) che riconosce espressamente la competenza del Ministro ad adottare atti che non possono essere considerati di mera gestione in quanto, come riconosciuto dalla giurisprudenza citata, richiedono la conclusione di intese con organismi di raccordo e tendono a garantire la parità di trattamento tra gli agricoltori e ad evitare distorsioni del mercato e della concorrenza, tanto da rendere necessario l’intervento dell’alto vertice politico.

3.9 Non può, invece, ritenersi, come prospettato dalle ricorrenti, che le disposizioni di attuazione del Reg. CE n. 2237/2003 avrebbero dovuto essere adottate con la procedura prevista dall’art. 17 della legge n. 400 del 1988 (regolamento di competenza del Consiglio del Ministri, adottato con DPR) in quanto le modalità operative di cui al decreto del 29 ottobre 2004 non hanno carattere normativo poiché mancano dell’elemento dell’astrattezza e non vanno ad innovare l’ordinamento giuridico bensì costituiscono esercizio di un potere autoritativo riconosciuto dalla normativa comunitaria, la cui attuazione è stata demandata all’adozione di un atto amministrativo generale.

4. Allo stesso modo fondate risultano le censure contenute nel secondo, terzo e quarto motivo, con le quali si deduce l’illegittimità della mancata valutazione delle varietà "Appulo e Daunia", sebbene iscritte nel Registro nazionale e l’illegittimità della valutazione di altre varietà invece non iscritte nel predetto Registro.

Come si è avuto modo di accennare nel punto precedente, con il decreto 29 ottobre 2004, si è deciso di ammettere alle prove di valutazione della qualità soltanto le varietà per le quali il costitutore ovvero il responsabile della conservazione in purezza avessero inoltrato apposita richiesta.

4.1 La scelta del Ministero resistente risulta in contrasto con la previsione contenuta nell’art. 7, comma 3, del Reg. CE n. 2237/2003, che non prevede tale impulso di parte bensì dispone che "le varietà da esaminare sono quelle registrate nel catalogo nazionale di ciascuno Stato membro, ad esclusione delle varietà per le quali non si dispone di dati analitici relativi agli ultimi tre anni, in quanto hanno cessato di essere utilizzate o certificate".

Ciò ha determinato che, rimettendo la scelta della sottoposizione delle "cultivar" all’impulso di parte, per l’annata 2004/2005, le varietà "Appulo e Daunia", anche in ragione della mancanza di adeguata pubblicità dell’inizio delle operazioni di valutazione (comunicate con nota del MIPAF del 29 ottobre 2004 alle sole associazioni sementiere, con obbligo di invio dei campioni di sementi entro il 10 novembre 2004), non sono state sottoposte a valutazione sebbene iscritte nel Registro nazionale della varietà.

Ciò ha determinato che, in assenza di una valutazione degli indici di qualità nell’arco di un biennio come richiesto dall’art. 7 del Reg. CE n. 2237/2003 (ovvero per le annate 2004/2005 e 2005/2006), le predette varietà (analizzate solo per l’annata 2005/2006) non hanno completato il ciclo biennale di valutazione necessario ai fini dell’ammissione al premio di che trattasi.

Ed invero, sebbene per l’anno 2005/2006, sempre con l’impulso di parte, i costitutori delle varietà erano a conoscenza dei tempi e delle modalità di valutazione essendo contenuti nel decreto 29 ottobre 2004, pubblicato sulla G.U.R.I. (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana) del 24 dicembre 2003, per l’annata precedente (anno 2004/2005), la pubblicità dell’inizio delle operazioni di valutazione è stata garantita con la predetta nota del 29 ottobre 2004 inviata alle associazioni sementiere, che però non ha assicurato la conoscibilità (presunta) da parte di tutti gli operatori interessati.

A ciò si aggiunga che non risulta altresì smentito che, in ragione della richiesta di parte, sono state oggetto di valutazione anche varietà non iscritte nel Registro nazionale (K26) e che, dopo essere state analizzate, sono state, infine, ammesse alla fruizione del premio specifico con il DM 1° dicembre 2006.

4.2 La contrarietà della previsione contenuta nel decreto 29 ottobre 2004 con l’art. 7, comma 3, del Reg. CE n. 2237/2003 e la mancanza di adeguata pubblicità dell’inizio delle operazioni di valutazione per l’annata 2004/2005 convincono il Collegio della fondatezza delle censure dedotte al riguardo dalle ricorrenti.

5. Anche il primo motivo (con cui viene dedotta l’illegittimità dell’esclusione della varietà "Arcangelo" dalla lista delle varietà ammesse al premio comunitario di cui al D.M. 1° dicembre 2006 posto che la predetta varietà, nel biennio 2004/2005 e 2005/2006, ha costituito il metro di paragone qualitativo per le altre varietà sottoposte alla prova di qualità) si rivela fondato.

Risulta invero contraddittorio che, da un lato, la varietà "Arcangelo" viene assunta a rango di testimone (ovvero di varietà da utilizzare come parametro di riferimento – pari a 100 – per valutare la qualità delle altre varietà di frumento duro) e, poi, all’esito delle prove di valutazione, lo stesso "cultivar" non ha raggiunto i requisiti minimi (pari a 98) per essere ammesso al premio di che trattasi.

Ed invero, la normativa comunitaria basa le modalità di valutazione su operazioni di raffronto tra le varietà più rappresentative e certificate (c.d. "testimoni" a cui assegna un indice pari a 100) e le altre "cultivar" che, rapportate alle prime, devono raggiungere un indice di qualità non inferiore a 98, al di sotto del quale non possono essere ammesse al premio di qualità.

Ora, non è revocabile in dubbio che la validità delle valutazioni effettuate dagli organismi di certificazione individuati dal Ministero resistente è subordinata al fatto che l’indice di qualità (100) delle varietà "testimone" non sia smentito da successive analisi in quanto, in caso contrario, tutti i parametri di qualità basati sul confronto con il "testimone" (che, successivamente, non si è rivelato tale) perdono di ogni attendibilità.

Da ciò derivano due sole alternative possibili: o la varietà "Arcangelo" conserva l’indice di qualità pari a 100 tanto da essere ammessa al premio con conseguente validità degli esiti delle altre "cultivar" derivanti dai confronti con il predetto "testimone", ovvero l’attività di raffronto non è attendibile perché basata su un parametro (la varietà "Arcangelo") che non possedeva i requisiti imposti dalla normativa comunitaria.

Né può ritenersi che le predette valutazioni conservino la loro validità in ragione del fatto che il protocollo operativo di cui al decreto 29 ottobre 2004, nel prevedere l’utilizzazione di cinque "testimoni" (e non due), ha poi disposto che "nella lista….saranno incluse le varietà che hanno fatto registrare indici di qualità (IGQ), riferito alla media dei testimoni, uguali o superiori a 98, in almeno la metà dei campi realizzati nel biennio".

Anche in questo caso, non può non rilevarsi un’incongruenza nell’attuazione della normativa comunitaria posto che la citata disposizione, riferendosi alla media dei testimoni, sembra ammettere che l’indice di qualità di quelle varietà possa essere inferiore a 100.

Ora, sebbene il decreto del 2004 abbia scelto di utilizzare cinque varietà di testimoni, in linea con la normativa comunitaria, ciò che non risulta sostenibile è che sia possibile fare riferimento a "testimoni" che non si attestino sull’indice massimo di qualità (100), il che presuppone che tutte le varietà utilizzate a tal fine devono possedere quel parametro.

L’art. 7, comma 3 (ultimo cpv), del Reg. CE n. 2237/2003 fissa l’indice medio di qualità delle varietà rappresentative in punti 100, a prescindere dal numero di quelle individuate come tali.

Da ciò deriva che ogni "testimone" individuato dallo Stato membro deve avere un indice di qualità pari a 100 e, come tale, non può essere escluso dal premio di che trattasi, pena l’inattendibilità di tutte le operazioni di valutazione basate sul confronto con un testimone privo di quelle caratteristiche.

6. La riconosciuta fondatezza delle censure esaminate consente di ritenere assorbite le ulteriori doglianze proposte dalle ricorrenti e ciò è sufficiente per l’adozione di una pronuncia di accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio.

Tuttavia, il Collegio, nell’ottica di chiarire i confini dell’attività conformativa dell’amministrazione, ritiene di doversi pronunciare sul motivo (il sesto) con cui le ricorrenti deducono l’illegittimità della partecipazione dell’Istituto sperimentale della Cerealicoltura (ICR) ad effettuare le prove agronomiche e le analisi qualitative delle varietà di grano duro, ciò per un presunto conflitto di interessi essendo anch’esso costitutore di alcune "cultivar".

6.1 In questo caso, la censura si rivela infondata in quanto non è il semplice dubbio di parzialità dell’azione che determina l’illegittimità della partecipazione dell’organismo all’effettuazione delle analisi di qualità.

La valutazione di parzialità va, invero, condotta in concreto ed, al riguardo, si ritiene che le modalità operative dettate dall’amministrazione resistente fossero in grado di escludere i rischi contemplati dalle ricorrenti.

Ed invero, risulta che le varietà sono state trasmesse dall’ENSE (Ente nazionale sementi elette) al CRAISC in forma anonima ed, in questo modo, sono state sottoposte alle prove di valutazione della qualità.

L’esito delle predette prove di qualità sono state, poi, trasmesse al Ministero resistente per essere sottoposte alla valutazione finale della Commissione a ciò preposta.

Ora, a fronte di tali modalità operative, non è sostenibile che l’ISC abbia condotto le analisi con parzialità e, comunque, le ricorrenti non hanno apportato concreti elementi in grado di supportare quanto affermato nella censura in esame.

6.2 Tali argomentazioni sono sufficienti anche per respingere le censure dedotte nei motivi aggiunti dell’ottobre 2007, anche perché il Reg. CE 29 aprile 2004, n. 882/2004 – richiamato dalle ricorrenti a supporto della propria tesi – non risulta applicabile alla fattispecie in esame in quanto "relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali".

7. In conclusione, il ricorso introduttivo del giudizio va accolto nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, va annullato il decreto 29 ottobre 2004, e gli atti adottati in via consequenziale, pure oggetto di impugnazione. I motivi aggiunti vanno invece respinti.

8. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando, così dispone:

– accoglie il ricorso introduttivo del giudizio nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;

– respinge i motivi aggiunti.

Condanna il Ministero resistente al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese processuali che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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