T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 26-04-2011, n. 3586 Fondi e casse di previdenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Premettono, in fatto, i ricorrenti di essere tutti ex dipendenti delle passate gestioni sanitarie ENPAS ed ENPDEP, ENPALS, ENPAM, Casse Mutue Coltivatori e Casse Mutue Artigiani, ed optanti ex art. 75, d.P.R. 761/79 per il mantenimento della posizione assicurativa costituita presso l’Inps e presso i Fondi integrativi di Previdenza esistenti negli Enti di provenienza, e di avere continuato a versare i contributi ai fondi optati, al fine del godimento del trattamento pensionistico come risultante dalla funzione integrativa del F.I.P..

Precisano, quindi, che l’adesione al Fondo Pensionistico Integrativo consente la maturazione di taluni benefici di carattere previdenziale, avendo lo specifico fine d’integrazione del trattamento A.G.O. – INPS, attraverso il conseguimento per ciascun ex dipendente di un trattamento globale (A.G.O. + l’importo del Fondo) equiparato la massimo dell’anzianità prevista (40 anni di servizio utile) pari al 100% dell’ultima retribuzione goduta all’atto del collocamento in quiescenza, e del successivo adeguamento della pensione così attribuita alla retribuzione del pari grado ed anzianità in servizio, nonché aggiornamento del conteggio integrativo per ogni rinnovo contrattuale applicato ai dipendenti in servizio.

Espongono, ancora, i ricorrenti che la somma dei due trattamenti pensionistici (trattamento base erogato all’atto del collocamento a riposo secondo le regole del Fondo Lavoratori Dipendenti e pensione integrativa erogata dal Fondo Previdenziale come gestito oggi all’interno dell’INPDAP) avrebbe dovuto assicurare loro un importo di pensione pari all’integralità della ultima retribuzione percepita in costanza di servizio, ovvero pari a quella del parigrado ancora in servizio.

Lamentano come, invece, l’art. 15, legge n. 724/1994, varato per porre rimedio alla distorsione creatasi nel tempo nei confronti dei c. d. optanti che venivano a percepire, all’atto del pensionamento una doppia indennità integrativa speciale, ha creato una sperequazione tra i dipendenti andati in pensione entro il 31/12/1994, per i quali è rimasto in vigore il doppio trattamento e quelli collocati a riposo dall’1/1/1995, per i quali è stato introdotto un nuovo sistema di calcolo.

Dunque, con l’art. 39, CCNL dei dipendenti del comparto Enti pubblici non economici, è stata prevista una revisione della normativa dei Fondi integrativi, da cui sono stati esclusi i pensionati con decorrenza anteriore al 1/1/1995.

Con il ricorso in epigrafe, reclamano, pertanto, l’annullamento della delibera INPDAP n. 325/1996, avente ad oggetto "Modifiche ai regolamenti dei Fondi di previdenza del personale a rapporto d’impiego delle ex gestioni ENPAS ed ENPDEP", nella parte in cui non viene prevista l’applicazione delle modifiche intervenute nella regolamentazione dei Fondi integrativi, per effetto dell’art. 15 comma 6 della legge n. 724/94 e dell’art. 39 del CCNL 1995, anche ai pensionati c.d. optanti ex art. 75, d.P.R., n. 761/79, ante 1.1.1995,

Deducono, al riguardo, i seguenti motivi di censura:

A) Violazione di legge in senso formale e sostanziale; eccesso di potere; nullità assoluta.

B) Violazione di legge in senso formale e sostanziale; eccesso di potere anche in relazione all’art. 15, legge 724/94; travisamento dei fatti.

C) Violazione di legge in senso formale e sostanziale; violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi costituzionali del buon andamento, imparzialità, logicità dei provvedimenti; manifesta ingiustizia, illogicità e infondatezza; eccesso di potere.

D) Violazione di legge in senso sostanziale; eccesso di potere; sviamento del procedimento; violazione del contrarius actus in tema di assunzione del provvedimento; eccesso di potere.

E) Sviamento di potere; difetto di funzionalità del criterio; illogicità; manifesta infondatezza; eccesso di potere.

Chiedono, in conclusione, l’annullamento della impugnata delibera, nella parte in cui non ne è prevista l’applicazione anche nei propri confronti; in via subordinata, chiedono la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale sulla base della sollevata questione di costituzionalità dell’art. 15, legge n. 724/1994, in relazione agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione; in via ulteriormente subordinata, chiedono l’accertamento della nullità della delibera impugnata, con ogni effetto anche di natura ripristinatoria.

Si è costituito l’intimato Ente previdenziale per resistere al ricorso, e, con memoria difensiva, ne ha evidenziato l’infondatezza, e ne ha chiesto, pertanto, l’integrale rigetto.

Alla pubblica udienza del 7 aprile 2011 il difensore di parte ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso, limitatamente al ricorrente A., non sussistendo più interesse per gli altri ricorrenti, mentre il Collegio ha indicato, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., che avrebbe posto a fondamento della decisone la questione, rilevata d’ufficio, della giurisdizione; quindi ha trattenuto la causa a sentenza.

Il Collegio deve rilevare, in via preliminare, l’improcedibilità del ricorso quanto ai ricorrenti sigg. T.L., P.S., S.L., T.U..

Tanto premesso, ritiene il Collegio che difetti, quanto alla odierna vicenda contenziosa, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Sulla questione si è pronunciata reiteratamente la Corte di cassazione che ha osservato come, a seguito della costituzione presso l’Inps, ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell’art. 75 d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 (emanato in virtù della delega di cui all’art. 47 l. 23 dicembre 1978 n. 833), di una gestione speciale ad esaurimento, per l’erogazione dei trattamenti, a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, dovuti al personale dei soppressi enti mutualistici trasferito alle unità sanitarie locali ed avvalsosi dell’opzione (prevista dallo stesso art. 75 del citato d.P.R.) per il mantenimento della posizione assicurativa anteriormente costituita nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria e degli eventuali fondi integrativi di previdenza presso gli enti di provenienza, le controversie aventi ad oggetto i trattamenti integrativi prima a carico del relativo fondo aziendale – traendo titolo, non più dal rapporto di pubblico impiego con l’ente ormai soppresso, nel quale il fondo speciale si inseriva, ma dal distinto rapporto previdenziale instauratosi con l’Inps – sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (quale giudice delle controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria non affidate espressamente ad altro giudice), anziché a quella esclusiva del giudice amministrativo (cfr. ex multis, Cassazione civile, sez. un., 18 giugno 1991, n. 6875; 28 ottobre 1993, n. 10706; 28 marzo 1998, n. 3303; 7 maggio 2002, n. 6491).

Ha osservato, invero, la Corte regolatrice che "l’elemento costitutivo della natura previdenziale di una determinata prestazione pecuniaria è desumibile non già esclusivamente dall’omologa funzione di quest’ultima, bensì dalla sussistenza del dato strutturale costituito dalla sua inerenza ad un rapporto giuridico distinto da quello di lavoro, ancorché connesso, sicché i trattamenti correlati appunto alla cessazione del rapporto di lavoro hanno, ciò nonostante, natura di retribuzione differita solo fino a quando la loro erogazione sia riferibile ad adempimento di obbligazioni proprie di tale rapporto, mentre dismettono la natura retributiva, per assumere quella previdenziale, conforme alla loro funzione, quando divengano – come è accaduto nel caso di specie, per effetto della descritta vicenda estintiva degli enti mutualistici – riferibili ad un centro autonomo di imputazione di un distinto rapporto."

Le superiori considerazioni possono essere spese anche con riferimento alla vicenda contenziosa che ne occupa, essendo controversa la disciplina dei Fondi integrativi in materia di forme di previdenza volontarie finalizzate alla erogazione di trattamenti pensionistici integrativi,

come gestiti, ormai, all’interno dell’INPDAP.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con riferimento ai ricorrenti: T.L., P.S., S.L., T.U., mentre, con riferimento al solo ricorrente sig. A., per le ragioni che precedono, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, in quanto riservato alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile, ed in parte, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e dichiara la giurisdizione della giudice ordinario, davanti alla quale il processo può essere proseguito con le modalità e i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).

Condanna il ricorrente Sig. A. al pagamento in favore dell’I.N.P.D.A.P. delle spese di giudizio che liquida in complessivi Euro 500,00 (Euro cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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