Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-04-2011) 27-04-2011, n. 16544

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ei ricorsi.
Svolgimento del processo

1. L’ordinanza impugnata è stata emessa il 21.7.2010 dalla Corte d’appello di Catania a seguito dell’opposizione proposta da M.S., dalla moglie Me.Ca., e dalle figlie, V. e M.L., avverso il decreto con cui il 7.7.2009 la stessa Corte d’appello aveva disposto – ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies in relazione alle condanne riportate da M.S. per associazione di stampo mafioso ed estorsioni continuate aggravate (commesse sino a (OMISSIS)) – la confisca: di un appartamento intestato a Me.Ca.; di un appartamento intestato a M.L.; di altro appartamento intestato a M.V.; di due autovetture intestate l’una a V. e l’altra a M.L..

Si premetteva, in fatto, che:

– M.S., detenuto da tempo in regime di 41-bis ord. pen., non aveva mai lavorato (salvo, brevemente, nel 1999) nè percepito redditi leciti;

– la moglie – formalmente separata dal 1996 ma che aveva continuato a visitare periodicamente in carcere il marito, il quale a sua volta aveva mantenuto la sua residenza nel domicilio coniugale – aveva percepito un reddito solo nel 2005, per 11.584 Euro, e risultava, ciò nonostante, acquirente nel 2005 del primo appartamento per la somma di 36.200,00 Euro;

– M.L. – nata nel (OMISSIS) e sposata con tale C.F., condannato e detenuto per reati di criminalità organizzata, dal quale si era formalmente separata nel (OMISSIS), e che aveva svolto attività lavorativa solo negli anni 2002 e 2003 ricavandone redditi modestissimi – aveva acquistato nel 2005 il secondo appartamento al prezzo di 52.000 Euro in contanti (un muto risultava acceso, secondo la Corte d’appello strumentalmente, soltanto due anni dopo) e nel 2007 l’auto al prezzo di 9.700 Euro;

– M.V., nata nel (OMISSIS), aveva acquistato nel gennaio 2007 (appena diciottenne) il terzo appartamento per 82.000 Euro senza ricorrere a mutui e altra vettura al prezzo di 10.700 Euro.

Si osservava quindi che, a fronte delle pressochè inesistenti fonti lecite di guadagno del M. e dei suoi familiari, i beni indicati dovevano senz’altro ritenersi acquistati dal M. e fittiziamente intestati alla moglie e alle figlie, con i proventi delle sue pregresse attività criminali. Nè gli atti di opposizione offrivano argomenti capaci di giustificare, con una qualche plausibilità, in termini di accumulazione patrimoniale legittima la provenienza del denaro impiegato per gli acquisti, considerate altresì gli impegni economici che dovevano essere sostenuti per le elementari esigenze di vita. La natura dei delitti per i quali il M. era stato condannato, l’accertata sua lunga militanza nel clan mafioso Ursaro – Bottaro – Attanasio, la notevole sua caratura criminale e il ruolo di rilievo svolto nella consorteria quale "faccendiere economico" e consigliere dei capi, specie nel settore delle estorsione ai danni di operatori commerciali, consentivano infine di ritenere che l’intervallo temporale intercorso tra i delitti e gli acquisti era affatto compatibile con la riconducibilità di questi alla accumulazione dei proventi illeciti.

2. M.S. e P.C., M.L., M.V. hanno proposto ricorso con atti distinti, redatti dallo stesso difensore e letteralmente identici, con i quali denunziano violazione di legge e vizi di motivazione, deducendo:

2.1. che non poteva ritenersi legittima la confisca su beni dei familiari acquistati dopo oltre dieci anni dai reati commessi dal congiunto, la presunzione di illecita accumulazione non potendo in ogni caso che essere riferita alla attività delittuosa precedente la condanna e non essendo ammissibile che ai familiari di un condannato per associazione di stampo mafioso venisse impedito a vita l’acquisto di beni;

2.2. che ai fini della prova dell’interposizione fittizia non era sufficiente l’asserita formale intestazione a prossimi congiunti, occorrendo la dimostrazione, nel caso in esame non raggiunta, della perdurante disponibilità e signoria dell’ipotizzato interponente su i beni; che nessuna prova era stata in realtà raggiunta neppure in ordine alla riconducibilità degli acquisti ad un patrimonio illecitamente accumulato dal M.; che nessuna risposta era stata data alle deduzione difensive con le quali si contestava l’ipotesi investigativa in ordine ad una perdurante, dopo la condanna, attività illecita del M.; che a fronte della dimostrata provenienza del denaro impiegato per l’acquisto dell’abitazione di P.C. la Corte d’appello aveva opposto elementi di solo sospetto; che i beni acquistati da L. potevano essere ricondotti agli aiuti offertile dal marito C.F., e anche un’ipotesi di un’accumulazione illecita ad opera di costui non avrebbe consentito comunque la confisca in esame; che ai precisi dati contabili e temporali addotti dalla difesa per giustificare gli acquisti di V., la Corte d’appello aveva opposto affermazioni apodittiche e indimostrate (su condizioni economiche nel territorio, sull’assunta indigenza del nonno).
Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che i ricorsi appaiono inammissibili.

2. La tesi secondo cui potrebbero essere legittimamente confiscati ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies soltanto i beni acquistati da componenti del nucleo familiare del condannato per fatti di mafia prima della sentenza di condanna, è manifestamente infondata.

Quello che la norma prevede, e consente, è la confisca di beni dei quali si possa ragionevolmente presumere l’acquisizione con denaro di provenienza illecita. La data di acquisto poco importa, dunque, se manca qualsivoglia plausibile giustificazione lecita del denaro accumulato, la cui esistenza è venuta alla luce soltanto grazie al successivo impiego per l’acquisto di un bene di valore assolutamente sproporzionato rispetto a redditi o a proventi legali, sia precedenti o coevi sia successivi all’attività delittuosa.

Quanto poi alla "dannazione" che inseguirebbe i familiari del condannato impedendo loro di acquistare alcunchè, la deduzione è tanto suggestiva quanto astrusa, bastando al contrario, per la tranquillità dei loro investimenti, che svolgano lecitamente un’attività lavorativa idonea a produrre redditi capaci di giustificare, oltre la sopravvivenza, un congruo accumulo di ricchezza.

2. Manifestamente infondate e generiche sono quindi le doglianze con le quali si sostiene che il provvedimento impugnato non avrebbe fornito spiegazioni adeguate circa l’impossibilità di ricondurre ad attività lecite i beni confiscati.

Le entrate economiche di ciascun membro della famiglia sono state puntualmente analizzate e se ne è del tutto plausibilmente evidenziata la modestissima entità, incapace di giustificare non solo l’accumulazione del denaro impiegato per acquistare i beni, ma addirittura il tenore di vita e le spese ordinarie e straordinarie sostenute.

Il riferimento difensivo all’accensione, in un caso, di un mutuo non basta quindi a colmare il vuoto di giustificazione in ordine alle fonti di reddito impiegate per pagarne i ratei.

Le confutazioni articolate in ricorso oltre ad essere nella sostanza aspecifiche, sono per altro (ad esempio quando si parla del nonno che avrebbe fatto donazioni a V.) del tutto prive di autosufficienza, e spesso anche ipotetiche o prive di concreta rilevanza (laddove si sostiene che i beni di L. deriverebbero semmai dall’accumulazione illecita del marito, anch’egli condannato per fatti di mafia).

3. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare per ciascuno in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *