Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-04-2011) 27-04-2011, n. 16513 associazione mafiose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o.
Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza emessa in data 30.1.2009 dal Tribunale di Palermo, che aveva condannato C.T. alla pena di sette mesi di arresto per il reato di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 3- bis relativamente a fatto commesso omettendo di versare, entro trenta giorni a far data dal giorno (OMISSIS), data d’inizio dell’esecuzione delle misura di prevenzione, la cauzione impostagli con decreto del Tribunale di Palermo del 29.4.2006.

Osservava, a ragione, che non v’era prova in atti dell’adempimento tardivo allegato dall’imputato, che asseritamente avrebbe dovuto provare le momentanee difficoltà incontrate per il tempestivo assolvimento dell’obbligo; che in ogni caso le sopravvenute gravi necessità economiche addotte non equivalevano ad impossibilità assoluta; che la pena era adeguata e che la personalità dell’imputato, pluripregiudicato per reati in materia di stupefacenti anche in forma attenuata, non consentiva riduzioni.

2. Ricorre l’imputato a mezzo del difensore, avvocato Giuseppe Duminico, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunziando:

2.1.a. erroneamente la Corte d’appello aveva affermato che non v’era prova del versamento tardivo della cauzione, lo stesso risultando invece dagli atti, e, in specie, dal verbale d’udienza 30.1.2009 e dalla produzione, in quella sede, della ricevuta in data 28.5.2008 (documenti entrambi allegati al ricorso), oltre che dalla sentenza di primo grado che di esso dava atto pur ritenendolo ininfluente;

2.1.b. erroneamente, quindi, i giudici del merito avevano omesso di considerare le difficoltà economiche che avevano impedito all’imputato di adempiere tempestivamente, così obliterando l’insegnamento della Corte costituzionale che aveva rimarcato come la mancanza di disponibilità economiche non preordinata o colposamente determinata determinava l’esenzione da responsabilità e come l’accertamento di tale condizione fosse appannaggio anche del giudice penale (la Corte d’appello aveva omesso di valutare le deduzioni difensive sul punto nonostante il Tribunale si fosse rifatto a giurisprudenza oramai superata sulla indeducibilità di tale aspetto dinanzi al giudice penale);

2.1-c. spettava d’altra parte ai giudici del merito verificare le allegazioni difensive;

2.2. per altro verso, l’entità della cauzione e il suo, seppur tardivo, versamento, avrebbero imposto quantomeno la determinazione della pena nei minimi edittali e il riconoscimento della circostanze attenuanti generiche.
Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

Dagli atti (verbale d’udienza e attestati di pagamento allegati al ricorso, conforme riconoscimento del primo giudice) risulta difatti la prova che l’imputato aveva tardivamente versato la cauzione impostagli.

Tale circostanza, il pagamento avvenuto, sebbene tardivo, non poteva dunque essere ignorata dai giudici di merito: anzitutto quale elemento che, a contrario, sosteneva la tesi difensiva che l’imputato s’era prima trovato in difficoltà economiche tali che gli avevano impedito di adempiere tempestivamente; quindi, e in ogni caso, quantomeno ai fini del trattamento sanzionatorio.

2. In relazione al primo aspetto, deve ad ogni buon conto essere precisato che l’inesigibilità è categoria generale del diritto penale, che direttamente discende dai precetti dell’art. 27 Cost..

Non può difetti predicarsi colpevolezza senza rimproverabilità, e la impossibilità ad adempiere al precetto, che dipenda da errore incolpevole o da fatto impeditivo o da assenza di mezzi, renderebbe la punizione dell’inosservanza in concreto non compatibile con il principio di personalità della responsabilità penale e con la funzione rieducativa della pena.

L’impossibilità va quindi parametrata all’obbligo imposto e alla situazione concreta rispetto alla quale occorre valutare la rimproverabilità dell’omissione: parlare di impossibilità "assoluta", come ha fatto la Corte d’appello, è un non senso perchè il giudice penale deve fare del precetto regola per il caso al suo esame. Deve perciò considerare una persona reale, qual’è l’imputato, le sue condizioni, quanto gli è richiesto, eventuali insopperibili esigenze di vita; tutto quanto, insomma, concorra a verificare se l’adempimento di una specifica imposizione era possibile in relazione, ovverosia "relativamente", alla, altrettanto specifica, situazione di fatto.

D’altronde già C. cost. n. 218 del 2008, correttamente citata dal ricorrente, avvertiva che "dalla disciplina dei criteri di imputazione soggettiva del reato contenuta nell’art. 42 cod. pen. discende che anche il reato contravvenzionale in questione presuppone quantomeno la colpa. Perciò la materiale impossibilità di provvedere al versamento della cauzione, causata da mancanza di disponibilità economiche evidentemente non preordinata o colposamente determinata, comporta non una forma di responsabilità oggettiva ma l’esenzione da responsabilità". E la giurisprudenza di questa Corte s’è largamente adeguata a tale insegnamento (tra molte:

sez. 1, sent. 13521 del 03/03/2010, Corso; sez. 5, sent. 39025 del 11/07/2008, laffaldano; sez. 1 sent. 34019 del 22/09/2006, Ursino, rv. 234861, e conformi riv. 215346, riv. 218785 riv. 219725 riv.

220075 riv. 220453 riv. 223157 riv. 221221 riv. 222468 riv. 224412 riv. 226123).

3. E’ vero, inoltre, spetta all’imputato allegare l’esistenza delle condizioni impeditive, tanto rispondendo ad esigenze logico- empiriche, prima ancora che giuridiche. Ma quando l’allegazione, che si risolve nella indicazione delle condizioni impeditive, è stata fatta ed è verosimile e sufficientemente specifica, l’onere di effettuare i dovuti accertamenti risorge in capo all’accusa, che ha ogni strumento per indagare su tenore di vita, per verificare redditi o introiti leciti, per allegare a sua volta ragionevoli presunzioni di illecita accumulazione di proventi di reato, senza perdere di vista tempi e modalità delle condotte o, come nel caso in esame, periodi di detenzione, con le ovvie connesse conseguenze in tema di possibilità lavorative.

4. Nessuno dei giudici di merito s’è invece peritato di esaminare nello specifico le allegazioni difensive e l’effettiva situazione del ricorrente: il Tribunale essendosi rifatto a datata e non condivisibile giurisprudenza che sosteneva la non deducibilità dell’impossibilità ad adempiere in sede penale; la Corte d’appello avendo genericamente affermato che l’impossibilità doveva essere assoluta, apparentemente ed erroneamente equiparandola quindi a una condizione di completa indigenza.

5. La sentenza impugnata, che non ha visto gli atti prodotti dall’imputato e che ha omesso di valutarne seriamente le allegazioni, e che neppure può essere surrogata dalla motivazione della sentenza di primo grado, deve per conseguenza essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi: (a) che la mancanza di disponibilità economiche sufficienti ad adempiere senza compromettere insopprimibili esigenze di vita, non preordinata o colposamente determinata, comporta l’esenzione da responsabilità;

(b) che a fronte di allegazioni difensive non inverosimili e specifiche quanto basta per procedere ai dovuti accertamenti, spetta all’accusa l’onere di verificarle o di addurre convincenti elementi contrari.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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