Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-04-2011) 27-04-2011, n. 16492 Arresto Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Torino ha disposto la consegna di G.M. all’autorità giudiziaria della Romania, dando seguito al mandato di arresto europeo (m.a.e.) emesso dal Tribunale di Adjud il 20.5.2010, per l’esecuzione della sentenza irrevocabile pronunciata dallo stesso Tribunale in data 22.9.2008, con cui G. è stato condannato alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione per cinque episodi di furto aggravato.

2. L’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione contestando la decisione della Corte d’appello che, escludendo il suo radicamento in Italia, ha disposto la consegna all’autorità giudiziaria rumena. Il ricorrente ha evidenziato che è in Italia da due anni, che risiede presso la sorella R.E., che in questo periodo ha sempre lavorato con contratti a tempo determinato, versando regolarmente i contributi previdenziali.

Sotto un distinto profilo assume che la consegna non andava disposta in considerazione dell’entità della pena applicata e del trattamento detentivo riservato in Romania, in cui peraltro non sono previste misure alternative alla detenzione.

Inoltre, ha rilevato di essere stato giudicato in contumacia e di non avere mai avuto notizia del processo.

Infine, rappresenta che le modifiche al codice penale in corso di approvazione nel suo Paese potrebbero consentirgli di poter beneficiare della sospensione condizionale della pena, in quanto incensurato.
Motivi della decisione

3. – Con il primo motivo il ricorrente invoca, seppure in maniera implicita, l’applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r) che, a seguito della sentenza costituzionale n. 227 del 2010, consente il rifiuto di consegna anche del cittadino di altro Paese membro dell’U.E. che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano; tuttavia, il ricorso ripropone le identiche questioni già esaminate dalla Corte d’appello, che ha escluso la sussistenza di elementi che dimostrino l’effettivo radicamento in Italia del ricorrente. La sentenza impugnata, sulla base di un attenta considerazione della documentazione prodotta dalla difesa, ha ritenuto che la presenza di G. sul territorio italiano da due anni, con un lavoro saltuario non consentisse di riconoscere un effettivo e stabile radicamento, aggiungendo che il fatto che sia giunto in Italia dopo aver commesso i reati per cui oggi è richiesta la sua consegna, è sintomatico della sua volontà di trovare una dimora temporaneamente all’estero per sottrarsi all’esecuzione della pena.

Rispetto a tale valutazione il ricorrente non ha aggiunto altri elementi, ma si è limitato a ribadire la sua tesi: la mera riproposizione, sotto forma di motivo di ricorso, della identica questione già esaminata e valutata, con una motivazione che appare logica e coerente, non può che essere ritenuta generica e come tale inammissibile.

Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte il rifiuto della consegna deve trovare la sua ragione in una situazione che abbia connotati di stabilità tali che se rimossa avrebbe come conseguenza quella di annullare le opportunità in atto di reinserimento sociale della persona da consegnare: in altri termini, il rifiuto deve trovare giustificazione oggettiva in una situazione di effettivo inserimento sociale nel territorio. Solo per il cittadino comunitario che abbia acquisito il diritto di soggiorno in conseguenza di una permanenza ininterrotta di cinque anni è possibile prescindere dalla valutazione di tali elementi, così come indicato dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (Sez. 6, 9 aprile 2010, n. 14710, S.).

Nella specie, tali condizioni non si sono verificate, sicchè correttamente il primo giudice ha disposto la consegna.

4. – Gli altri motivi sono manifestamente infondati, nonchè generici.

Innanzitutto, in tema di mandato d’arresto europeo, ai fini dell’esecuzione di un mandato esecutivo non è ostativa la circostanza della mancata previsione nella legislazione dello Stato d’emissione di misure alternative o comunque di risposte giudiziarie ai profili di risocializzazione e rieducazione del condannato (Sez. 6, 10 dicembre 2008, n. 46296, Hantig). Peraltro, il ricorrente non ha neppure dimostrato che nell’ordinamento penitenziario rumeno non vi siano strumenti di risocializzazione analoghi alle misure alternative alla detenzione conosciute nel nostro sistema.

Del tutto generico è il motivo con cui lamenta di non avere mai avuto notizia del processo.

Infine, irrilevante è la doglianza con cui rappresenta la possibilità che possa beneficiare di una revisione della condanna ovvero di una modifica del trattamento sanzionatorio.

5. – In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *