T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 26-04-2011, n. 693 Piano regolatore particolareggiato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I. spa (d’ora in poi, I.) è proprietaria, in comune di Vittorio Veneto, di un complesso immobiliare composto da un impianto estrattivo (denominato "Cava Nove" e sito, appunto, in frazione di Nove), da un impianto idroelettrico (in località Serravalle) e da una cementeria (nella medesima località di Serravalle) relativamente al quale l’Amministrazione comunale aveva introdotto, con la variante di sintesi qui impugnata "in parte qua" – effetto della riformulazione di una precedente variante adottata con deliberazione consiliare 13.7.1992 n. 42 che era stata disattesa perchè fatta oggetto di molteplici osservazioni (evidentemente) ritenute (quanto meno parzialmente) condivisibili -, una disciplina differenziata per i tre compendi che, poi, veniva approvata dalla Regione con modifiche d’ufficio ai sensi dell’art. 45 della LR n. 61/85 e nei cui confronti la ricorrente sollevava, con il gravame rubricato sub RG n. 2935/95, una serie di censure che la investivano sotto i profili della violazione di legge e dell’eccesso di potere.

Resisteva in giudizio il Comune di Vittorio Veneto rilevando l’infondatezza del ricorso, del quale conseguentemente chiedeva la reiezione.

Nelle more del giudizio il Comune di Vittorio Veneto adottava una variante volta a disciplinare gli interventi edilizi sugli insediamenti produttivi, commerciali ed alberghieri che fossero in difformità rispetto alle destinazioni urbanistiche dell’area ove erano situati, ovvero privi di ulteriore capacità edificatoria.

Al relativo bando, emanato dal Comune a tal fine, partecipava anche I., le cui istanze venivano però integralmente respinte dall’Amministrazione comunale, la quale, pertanto, trasmetteva la variante alla Regione che l’approvava definitivamente con DGR n. 2972/00.

Anche tali atti, siccome asseritamente illegittimi per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, venivano impugnati dall’interessata con ricorso RG n. 3589/00.

Si costituiva in giudizio la Regione Veneto evidenziando l’inconsistenza del gravame e chiedendone la reiezione.

Entrambi i ricorsi venivano chiamati all’udienza del 30 marzo 2011, ove venivano trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

1.- Va preliminarmente disposta la riunione degli epigrafati ricorsi in quanto, per la loro connessione soggettiva, ne è opportuna la trattazione congiunta.

2.- Con il ricorso RG n. 2935/95 la ricorrente censura anzitutto il fatto che il Comune, dopo aver adottato una variante (in data 13.7.1992), ne abbia adottata una nuova (in data 1.3.1993) senza previamente ritirare la prima.

La doglianza non ha pregio.

Nell’interpretazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942 (nel testo modificato dall’art. 3 della legge n. 765 del 1967) e nello sforzo di delineare il "giusto procedimento" di perfezionamento di un piano urbanistico, la giurisprudenza è costante nel ritenere necessaria la ripubblicazione del piano allorché, in un qualunque momento della procedura che porta alla sua approvazione (ed in particolare quando ciò avvenga a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate), vi sia stata una rielaborazione complessivamente innovativa del piano stesso, e cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che hanno presieduto alla sua impostazione (cfr., fra le tante, CdS, IV, 25.11.2003 n. 7782).

Quanto sopra è ciò che, appunto, è avvenuto nel caso di specie, ove il Comune, "preso atto dei pareri espressi in merito alla variante stessa (adottata con deliberazione n. 42/92: nota dell’estensore) dai competenti uffici del Genio Civile di Treviso;…dei pareri espressi dai comitati di quartiere;…dei pareri tecnici espressi sulle osservazioni da parte della commissione urbanistica" (cfr. la delibera consiliare n. 3/93, pag 3), ha introdotto nella variante in itinere, "sulla scorta di tutti i suddetti dibattiti e pareri nonché degli approfondimenti cui hanno dato occasione le osservazioni" (cfr. la delibera cit., pag. 4), una serie di modifiche sostanziali che, avendo inciso sulle caratteristiche essenziali del piano (di cui sono stati tenuti "fermi gli obiettivi generali", ma che ora "risponde più puntualmente alle esigenze della comunità locale"), ne hanno imposto la ripubblicazione (attuata, nella specie, con l’emanazione di una nuova delibera consiliare che richiama e fa propri i pareri obbligatori già acquisiti e che, essendo comunque parzialmente novativa sotto il profilo oggettivo – nel senso del mutamento del titolo -, abroga per ciò stesso quella precedente).

3.- Quanto appena argomentato risponde anche alla seconda ed alla terza censura con cui I. lamenta la mancata acquisizione dei pareri obbligatori e, rispettivamente, la mancata motivazione in ordine alla riadozione della variante: come si è appena detto, la riadozione della variante va intesa come mera ripubblicazione, necessaria in virtù degli approfondimenti che, seguiti ai giudizi espressi dagli organi, dagli enti e dai soggetti previsti dalla legge – giudizi che, ponendosi come motivi di riflessione e di conformazione da parte del consiglio comunale, proprio per ciò non dovevano essere riacquisiti -, hanno comportato la rivisitazione sostanziale della variante già emanata, i cui obiettivi sono stati interamente confermati ma che, nelle intenzioni dell’Amministrazione, è stata resa maggiormente confacente agli interessi della cittadinanza.

4.- Analogamente infondati sono gli ulteriori rilievi con cui la ricorrente osserva che, stante la tassatività dei casi in cui la Regione può introdurre modifiche d’ufficio allo strumento urbanistico adottato dal Comune, nella specie non ne sussistevano i presupposti con riguardo sia all’impianto estrattivo (classificato dal Comune "E3 BCO" e dalla Regione "E1 BCO"), sia alla centrale idroelettrica (relativamente alla quale è stata introdotta una specifica disciplina normativa), sia infine alla cementeria (la cui riqualificazione risulta subordinata, a seguito dell’intervento regionale, alla previa emanazione di una variante urbanistica): inoltre, secondo I. le attuate scelte pianificatorie sarebbero anche illogiche.

4.1.- La riclassificazione d’ufficio come "E1 BCO" (zona boscata) dell’area ove insiste "Cava Nove" riguarda, come si evince dalla planimetria in atti, l’intero versante montagnoso e non già il solo compendio estrattivo che, stante la sua modesta estensione, costituisce un elemento territoriale insuscettibile di qualificare la zona: sicchè la riclassificazione – del tutto ragionevole, in relazione all’obiettivo di recuperare zone degradate (la cava) inserite in un contesto naturalistico pregevole – trova puntuale giustificazione nell’esigenza di tutelare il paesaggio ai sensi della legge n. 431/85, così come consentito dall’art. 45, I comma, n. 4 della LR n. 61/85.

4.2.- Con riferimento alla regolamentazione introdotta dalla Regione circa la destinazione dell’impianto idroelettrico – non disciplinata dal Comune in ragione della ritenuta possibilità di operare comunque interventi funzionali all’esercizio dell’attività (cfr. le controdeduzioni del Comune all’osservazione n. 28) -, essa appare giustificata alla stregua della previsione contenuta nell’art. 45, n. 2 della LR n. 61/85, atteso che, come si è appena accennato, il Comune ha respinto l’osservazione della ricorrente sul presupposto che quanto richiesto dalla ricorrente stessa fosse comunque consentito. In tale contesto, peraltro – ove la mancanza della cartografia rappresenta una mera irregolarità, incapace di incidere sulla legittimità della previsione regolamentare -, sembra scarsamente ravvisabile un interesse di I. alla censura, visto il sostanziale accoglimento dell’osservazione originariamente formulata da quest’ultima.

4.3.- Quanto alla cementeria, la prescrizione regionale di subordinare un eventuale, diverso utilizzo di essa alla previa approvazione di una variante urbanistica (e non già ad uno strumento attuativo, come indicato dal Comune) trova puntuale copertura nell’art. 45, I comma, n. 5 della LR n. 61/85 in materia di "osservanza dei limiti e dei rapporti di dimensionamento ai sensi del Titolo III".

Né appare illogica la scelta dell’Amministrazione di attribuire alla cementeria la destinazione industriale "D2": è noto, infatti, che le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione dello strumento urbanistico costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, per cui non necessitano di apposita motivazione con riferimento alla destinazione delle aree, oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnicodiscrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso. Orbene, essendo indubbio che il plesso immobiliare in questione (oltre 220.000 mc) costituisce fattore di notevole impatto ambientale, non pare irrazionale la classificazione dell’impianto come da dismettere, consentendone comunque le migliorie coerenti con la sua attuale destinazione che non comportino potenziamento dell’attività.

Così come non può condividersi l’osservazione della ricorrente secondo cui l’Amministrazione avrebbe dovuto prevedere la destinazione dell’area successiva alla cessazione dell’attività: scopo dello strumento urbanistico è quello di indicare l’attuale destinazione delle aree, non quelle future e, peraltro, eventuali (in quanto condizionate dall’an e dal quando della cessazione dell’attività).

5.- Al riguardo del rilievo con cui si sottolinea la necessità di ripubblicare la variante a seguito delle modifiche introdotte dalla Regione al di fuori dello schema osservazioni/controdeduzioni, è sufficiente annotare che non si impone la riadozione o la ripubblicazione dello strumento pianificatorio quando le modifiche introdotte siano, come nel caso di specie, prive di carattere sostanziale.

6.- Da ultimo, infine, va osservato che la P.A. è tenuta a motivare in modo specifico solo nei casi in cui, in ipotesi, ritenga di non adeguarsi al parere dei suoi organi tecnici, ma non quando ritenga, invece, di condividerlo: adeguandosi al parere, infatti, si realizza un’ipotesi di motivazione "per relationem", con la conseguenza che non occorre che l’Amministrazione espliciti le ragioni che la inducono a non disattenderlo.

7.- Per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorso RG n. 2935 è infondato e va respinto.

8.- Può quindi passarsi all’esame dell’ulteriore gravame (RG n. 3589/00), con il primo motivo del quale si contesta l’omessa sottoposizione della delibera consiliare n. 79/98, di adozione della variante applicativa della LR n. 11/87, al controllo preventivo di legittimità di cui all’art. 17, XXXIII comma della legge n. 127/97 in quanto di natura asseritamente regolamentare.

Il motivo non pare condivisibile.

Ritiene il collegio che gli strumenti di programmazione e pianificazione urbanistica, pur mutuando alcuni aspetti dalla normazione secondaria regolamentare, di questa non ripetono la natura.

È vero che i suddetti strumenti, al pari dei regolamenti, introducono elementi di novità nell’assetto ordinamentale di governo del territorio, presentando in tal modo aspetti normativi. Deve osservarsi, però, che essi, diversamente dai regolamenti, non sono suscettibili di una pluralità, teoricamente infinita, di applicazioni effettive, giacché esauriscono la loro efficacia nel momento stesso della loro attuazione ovvero a seguito di un numero determinato di applicazioni concrete.

D’altra parte, la richiamata configurazione appare suffragata dalla legislazione primaria in materia, se si considera che l’art. 13, I comma della legge n. 241/90, nel prevedere le attività della pubblica amministrazione escluse dall’ambito della disciplina del procedimento amministrativo, annovera gli atti di pianificazione e programmazione in modo distinto dagli atti normativi; e se si pone mente all’art. 32 della legge n. 142/90 (ora art. 42 del DLgs n. 267/2000) che, nell’elencare le attribuzioni del Consiglio comunale, tiene distinti i piani territoriali ed urbanistici (II comma, lett. "b") dai regolamenti (II comma, lett. "a").

9.- Quanto alla dedotta incompetenza della Giunta, va osservato che nell’ambito dei procedimenti pianificatori non sussiste una riserva di competenza a favore del Consiglio comunale in materia di controdeduzione alle osservazioni dei privati, ben potendo al riguardo pronunciarsi la Giunta municipale trattandosi non già di attività provvedimentale, bensì di mera espressione di giudizi e di considerazioni logiche a sostegno dell’instaurato procedimento.

10.- Relativamente all’omessa acquisizione del parere di regolarità contabile e al mancato inserimento del parere tecnico nel corpo della delibera va osservato che tali pareri non costituiscono – per giurisprudenza costante condivisa da questo Collegio (cfr., da ultimo, TAR Molise Campobasso, I, 13.5.2010 n. 210; TAR Campania Napoli, I, 8.4.2010 n. 1830) – un requisito di legittimità della delibera: la disposizione posta dall’art. 53 della legge n. 142/90 ha, infatti, l’unico scopo di individuare i responsabili in via amministrativa e contabile delle deliberazioni, sicchè l’omissione del parere costituisce mera irregolarità, ma non incide sulla validità delle deliberazioni stesse.

11.- Le scelte effettuate in sede di strumento urbanistico costituiscono espressione di ampi poteri discrezionali e, come tali, sono insindacabili al di fuori delle ipotesi, non correnti nel caso di specie, di errore di fatto, irrazionalità o abnormità e, in ragione di tale discrezionalità – a prescindere dalla considerazione che, come atti generali, sono di regola sottratti all’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 13 della legge n. 241/90 -, l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione delle scelte operate se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione dello strumento urbanistico: né una precedente destinazione di un’area comporta che siano definitive ed immodificabili le relative posizioni, spettando per legge alle autorità urbanistiche il potere di mutare le previsioni ogni qual volta ritengano sussistere un interesse pubblico in tal senso (CdS, IV, 24.2.2011 n. 1222).

Donde l’infondatezza della censura di difetto di motivazione in riferimento alla circostanza che il Comune aveva adottato una variante di sintesi appena tre anni prima.

12.- Diversamente da quanto affermato da I., l’impugnata variante è stata adottata avvalendosi non già dell’art. 126, IV comma della LR n. 61/85, bensì del precedente art. 50, III comma, con conseguente correttezza della procedura ex art. 42 utilizzata.

13.- Inammissibile per genericità e, comunque, per difetto di interesse è, poi, la censura con cui si afferma che la Regione, in sede di approvazione della variante, avrebbe introdotto modifiche che esulano dal contenuto tassativo dell’art. 45 della LR n. 61/85: a prescindere, invero, dalla considerazione che la ricorrente omette di indicare quali sarebbero le modifiche d’ufficio illegittimamente formulate, tali modifiche non riguardano l’area oggetto del contenzioso.

15.- Va infine osservato – ribadendo quanto innanzi rappresentato (sopra, sub 6) – che la Regione avrebbe dovuto motivare non già per aver accolto e fatto proprie le indicazione della CTR, ma, invece, soltanto nell’opposto caso in cui le avesse ritenute incongrue e se ne fosse discostato.

16.- Anche il ricorso RG n. 3589/00 è, dunque, infondato e va respinto.

Le spese relative ad entrambi i giudizi possono, comunque, essere compensate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), previa riunione dei ricorsi in epigrafe, li respinge.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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