Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-04-2011) 27-04-2011, n. 16490 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

E.C., attualmente sottoposto alla misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, ricorre, a mezzo del suo difensore, contro l’ordinanza 3 dicembre 2010 del Tribunale del riesame di Milano (che ha dichiarato inammissibile l’appello contro l’ordinanza 9 giugno 2010 del G.I.P. presso il Tribunale di Varese che aveva applicato la custodia cautelare in carcere per il reato ex art. 572 cod. pen.) deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

Risulta agli atti che con ordinanza 9 giugno 2010 il G.I.P. presso il Tribunale di Varese ha applicato a E.C. la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 572 c.p. e che con successiva ordinanza 16 luglio 2010 sono stati concessi gli arresti domiciliari.

Con istanza 20 ottobre 2010 la difesa ha chiesto, previo interrogatorio dell’indagato ex art. 299 c.p.p., comma 3 ter, la sostituzione di detta ultima misura con l’obbligo di presentazione alla PG, in subordine l’autorizzazione ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari per svolgere attività lavorativa.

Il Gup, con ordinanze 20 ottobre e 29 ottobre 2010, rigettava le due richieste.

Tale ultimo provvedimento è stato appellato con la richiesta di sostituzione degli arresti domiciliari con l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, oppure con la concessione dell’autorizzazione ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari per svolgere attività lavorativa.

Avanti al Tribunale del riesame, all’udienza di discussione, la difesa ha insistito nella richiesta di interrogatorio dell’imputato, cui il giudice non aveva provveduto prima di emettere l’ordinanza impugnata, ed ha precisato che, nelle more, il G.U.P. aveva interrogato l’ E. nell’udienza preliminare e gli aveva concesso il chiesto obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.

Il Tribunale della libertà, con il provvedimento oggi impugnato, ha dichiarato inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, posto che guanto richiesto nell’atto di appello era stato già concesso dal G.U.P. con conseguente superfluità del richiesto interrogatorio.
Motivi della decisione

Con un primo motivo di impugnazione, il ricorrente, premesso che il Tribunale del riesame non aveva assunto "alcuna statuizione con riferimento alla mancata valutazione delle indagini difensive" (dichiarazioni del fratello dell’ E.), deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge, sostenendo che era obbligo del giudice provvedere all’interrogatorio dell’imputato, che ne aveva fatto richiesta, basando la sua istanza su elementi nuovi rispetto a quelli considerati, e l’interesse dell’accusato non poteva essere escluso dal Tribunale del riesame.

Con un secondo motivo si lamenta mancata assunzione di prova decisiva tenuto conto che le indagini difensive avevano avuto un esito tale da porsi in evidente contrasto con le risultanze delle indagini espletata nei confronti dell’ E..

Tanto premesso, va subito rilevato che le indagini difensive erano finalizzate non tanto alla esclusione della fondatezza dell’imputazione, quanto invece al "ridimensionamento" dell’ampiezza dell’accusa.

Ciò posto si deve concludere per l’inammissibilità di entrambe le doglianze, non solo per le ragioni indicate dal Tribunale del riesame, in quanto l’istanza al G.I.P. 20 ottobre 2010, non ha contestato la sussistenza delle condizioni legittimanti la misura cautelare stessa, ma ha semplicemente concluso, in modo adesivo al titolo dell’atto ("istanza ex art. 299 cod. proc. pen. di sostituzione della misura coercitiva o di applicazione con modalità meno gravose"), con la richiesta di sostituzione della misura degli arresti domiciliari con l’obbligo di presentazione, previa assunzione dell’interrogatorio dell’accusato.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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