Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-04-2011) 27-04-2011, n. 16485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di D.S.P. e C.F. propone ricorso avverso l’ordinanza del 24/11/2011 con la quale il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il provvedimento del Gip di applicazione della misura di divieto di avvicinamento dei ricorrenti a D.L.C. e B.L., nonchè di allontanamento dalla dimora familiare, imposta in relazione ai reati di cui agli art. 572 e 612 bis c.p..

Si è giunti all’applicazione della misura a seguito della denuncia per maltrattamenti proposta dalle parti lese, su cui avevano riferito anche i fratelli dell’odierna ricorrente, D.S..

Si eccepisce nel ricorso violazione dell’art. 199 c.p.p. e art. 362 c.p., rilevando che le due persone informate sui fatti, sulle cui dichiarazioni la misura è stata fondata, fratelli di D.S. P. e figli di D.L.C., dovevano essere avvertiti della facoltà di astenersi, considerato che una delle parti lese, B., era a loro estranea in quanto non legato da rapporto di coniugio con la D.L., sicchè per tale parte della dichiarazione doveva prevalere la facoltà di astensione in riferimento alle accuse mosse nei confronti dei loro fratelli.

L’eccezione è fondata sul presupposto della necessaria considerazione della funzione preventiva, attribuita all’art. 199 c.p., comma 1, rispetto a situazioni nelle quali la possibile falsa testimonianza sarebbe scriminata dall’art. 384 c.p.. Ove voglia ritenersi, in senso contrario, prevalente l’obbligo di deporre nelle situazioni nelle quali è coinvolta quale parte offesa la madre, si ritiene doveroso procedere a diversa e separata deposizione quanto agli episodi delittuosi realizzati in danno del terzo estraneo B., dovendo in questo secondo caso prevalere la possibilità di astensione per preservare i familiari denunciati.

Poichè nella specie è stato formato un unico verbale, privo della, sia pure parziale, prospettazione della facoltà di astensione, tali atti dovevano ritenersi nulli, con la conseguenza della loro esclusione dal quadro accusatorio, che risulta così privo di qualsiasi conferma.

2. Con il secondo motivo si lamenta carenza ed illogicità della motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi, nella parte in cui, valorizzando le risultanze dell’intervento dei CC presso l’abitazione ove convivevano le parti in causa, si è attribuito rilievo alla situazione di aggressione dell’odierna ricorrente ai danni della madre, senza adeguatamente valorizzare la circostanza che la stessa D.S. presentava un vasto ematoma sulla mano, ed omettendo di esaminare le risultanze dei referti medici prodotti dagli interessati in allegato alle querele da loro presentate ai danni delle odierne parti offese.

Si contesta la correttezza dell’operazione svolta dal Tribunale, che ha ritenuto più gravi le lesioni riportate dalla madre, con valutazione fondata solo sui giorni di prognosi, escludendo in maniera illogica per tale motivo la reciprocità delle aggressioni, che invece consente di concludere per l’esclusione del delitto di maltrattamenti ritenuto, che non può concorrere con l’ipotizzato reato di cui all’art. 612 bis c.p., stante in rapporto di sussidiarietà dal quale le fattispecie risultano collegate.

Conseguentemente si sollecita l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

L’eccepita violazione di legge, fondata sull’inutilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate dai fratelli della D.S. non tiene conto, sotto un primo profilo, della specifica eccezione alla facoltà di astensione prevista dall’ultima parte dell’art. 199 c.p.p., comma 1, che prevede l’obbligo di deporre quando persona offesa sia un prossimo congiunto, come si è verificato nella specie, posto che parte lesa è la madre dei dichiaranti; nè la sanzione processuale può riguardare la parte della deposizione attinente le aggressioni ai danni del solo B., non legato ai dichiaranti da rapporto di parentela, non essendo dimostrata l’autonomia degli episodi, peraltro difficilmente prospettabile nell’ipotesi di un reato abituale, che non attiene attività mirate verso un unico soggetto passivo, ma denotano in senso contrario un complessivo regime di vita inevitabilmente condiviso dai due conviventi.

In ogni caso, presupponendo la fondatezza del rilievo una specifica deduzione in fatto relativa a singoli episodi di cui sia stato vittima il solo B. rispetto a tale argomentazione deve concludersi per la genericità della deduzione, non avendo la parte adempiuto allo specifico onere di allegazione degli atti dai quali desumere la qualità di parte offesa del solo B., e la rilevanza di tale delimitazione rispetto alla prospettabilità dei reati posti a base della misura.

Per completezza si osserva che, in ogni caso, pur accedendo a tale non condivisibile lettura, rimarrebbe intatta la valenza probatoria degli elementi offerti circa le aggressioni alla madre, sufficienti da soli a giustificare la misura.

2. Analogamente inammissibile è la contestazione dell’esistenza dei gravi indizi; l’esame del provvedimento consente di accertare che il Tribunale ha ampiamente dato conto della sussistenza di tali elementi, valorizzando non solo quanto emergente dalle certificazioni mediche, e ritenuto insufficiente o contraddittorio dai ricorrenti, ma anche quanto dichiarato dalle parti lese, dai figli della D. L., nonchè accertato dagli stessi verbalizzanti intervenuti nell’ultima occasione di scontro, con valutazione in fatto coerente, esaustiva, e non affetta dai vizi rilevabili in sede di legittimità, come è reso evidente dalla circostanza che la pretesa carenza di motivazione è argomentata nel ricorso solo in ordine ad una parte della motivazione del provvedimento, omettendo di considerare le ulteriori argomentazioni che attestano, in senso contrario, la piena conformità dell’atto impugnato al modello legale.

Analogamente risulta compiutamente motivata la valutazione di sussistenza di indizi del reato di cui all’art. 612 bis c.p., evidenziandosi la presenza in atti di elementi di conferma dell’alterazione delle abitudini di vita delle vittime, per effetto delle condotte aggressive realizzate, che costituisce l’elemento caratterizzante di tale ipotesi di reato rispetto al delitto di maltrattamenti e che, con sufficienza rispetto alla valutazione cautelare, sorregge il provvedimento adottato.

3. All’accertata inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese e della somma che si determina nella misura indicata in dispositivo in favore della cassa delle ammende, in forza dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quelle della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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