Cons. Stato Sez. V, Sent., 27-04-2011, n. 2520 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento prot. 3750 del 18 febbraio 1993 il Sindaco del Comune di Orbetello disponeva di non accogliere la domanda di sanatoria edilizia presentata il 29 marzo 1986 dalla signora M. B. relativamente alle opere edilizie abusivamente realizzate in località Saline Breschi di Orbetello, consistenti in unità residenziale ed opere esterne (casa prefabbricata, pozzo norton, bagno, ripostiglio, doccia, deposito acqua, tettoia, n. 2 fosse biologiche a tenuta e cancello): ciò sulla scorta del parere negativo reso dalla competente Commissione per la tutela dei Beni Ambientali (decisione n. 605 del 5 giugno 1990), fatto proprio dalla Giunta Municipale con la delibera n. 905 del 21 ottobre 1992.

2. Con rituale e tempestivo ricorso giurisdizionale la signora M. B. chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana l’annullamento di tutti i sopracitati atti, lamentandone l’illegittimità alla stregua di tre motivi di censura, rubricati rispettivamente "Violazione di legge – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – Illogicità manifesta", "Difetto di motivazione – Disparità di trattamento e sproporzione tra il fatto e la sanzione" e "Violazione di legge ed eccesso di potere per ingiusto procedimento".

In sintesi, la ricorrente, oltre a dedurre l’erroneità della procedura per la mancata preventiva comunicazione del parere negativo della Commissione per la tutela dei beni ambientali e della consequenziale delibera della giunta municipale, notificati soltanto unitamente al diniego di sanatoria delle opere realizzate, lamentava la genericità e l’illogicità della valutazione negativa delle opere da sanare, anche in relazione ai materiali utilizzati, priva di qualsiasi adeguato supporto istruttorio (quali ispezioni e sopralluoghi), tanto più che, per un verso, si trattava di un immobile di modesta entità inidonea ad esporre a rischio o a pericolo la zona, mentre, per altro verso, non risultava in alcun modo considerato che le predette opere ricadevano in zona interessata da un’ampia e notoria urbanizzazione e antropizzazione; ciò senza contare ancora che in ogni caso si sarebbe potuto loro imporre correttivi e rimedi per rendere sanabili le opere stesse; laddove l’amministrazione comunale si era inopinatamente limitata a recepire il parere negativo senza compiere alcuna ulteriore e doverosa attività istruttoria e senza tener conto della notevole risalenza nel tempo delle opere realizzate (oltre sedici anni), così che era macroscopica la sproporzione tra il fatto e la sanzione.

Il ricorso veniva iscritto al NRG. 1527 dell’anno 1993.

3. Con altro ricorso giurisdizionale le signore M. e V. B. impugnavano anche la successiva ordinanza n. 149 del 26 marzo/3 aprile 1996, recante l’ordine di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi, notificata unitamente al diniego di sanatoria ed ai ricordati atti ad esso presupposti.

L’impugnativa, oltre a riprodurre i motivi di censura già sollevati col primo ricorso, deduceva l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione sia in quanto non notificata ai loro consorti comproprietari, sia perché notificata per la prima volta alla signora V. B. (senza la previa notifica degli atti presupposti), sia perché inopinatamente emessa ancor prima della decisione dell’adito tribunale sulla legittimità del diniego di sanatoria.

Il ricorso veniva iscritto al NRG. 2505 dell’anno 1996.

4. L’adito tribunale, sez. III, con la sentenza n. 241 del 24 novembre 1997, riuniti i ricorsi, respingeva il primo, ritenendo infondati i motivi di censura sollevati e, quanto al secondo, in parte lo respingeva ed in parte lo dichiarava inammissibile, nella parte in cui erano stati riproposti i motivi già spiegati con il primo ricorso.

5. Con atto di appello notificato il 7 gennaio 1999 le signori M. e V. B. hanno chiesto la riforma della predetta statuizione, formulando un solo articolato motivo di gravame, rubricato "Violazione degli artt. 7 e 15 L. 1437/1939 – Contraddittorietà della motivazione della sentenza – Illogicità manifesta", con cui sono stati sostanzialmente riproposti i motivi di censura sollevati in primo grado, a suo avviso superficialmente apprezzati ed ingiustamente respinti con motivazione lacunosa e contraddittoria.

Il Comune di Orbetello non si è costituito in giudizio.

6. All’udienza dell’8 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

7. L’appello è infondato.

7.1. Occorre premettere che il parere negativo (decisione n. 605 del 5 giugno 1990) reso dalla Commissione per la tutela dei beni ambientali sulla domanda di condono edilizio, è motivato sulla circostanza che "…i manufatti e le opere riguardano un punto di elevatissimo interesse ambientale e paesistico, nei confronti del quale costituiscono una presenza di degrado estetico per la natura e la forma dei manufatti, e costituiscono altresì una presenza preoccupante per i rischi derivanti all’ambiente da un incontrollato aumento del carico antropico".

La puntuale indicazione degli elementi ostativi all’accoglimento della richiesta sanatoria esclude innanzitutto la sussistenza del dedotto vizio di difetto di motivazione, risultando in concreto assicurata la conoscenza delle ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato le scelte dell’amministrazione e garantita quindi la loro sindacabilità attraverso la ricostruzione dell’iter logico – giuridico ad esse sotteso.

Né può condividesi la pur suggestiva tesi, secondo cui l’onere motivazionale incombente sull’amministrazione sarebbe stato rispettato solo formalmente, e non già sostanzialmente, a causa della concreta inidoneità e genericità delle ragioni esposte (anche al fine di consentire l’adeguato sindacato giurisdizionale sulle contestata scelte amministrative): una simile ricostruzione è frutto di un evidente equivoco sulla natura giuridica della valutazione di compatibilità ambientale delle opere abusive e sui limiti del relativo sindacato giurisdizionale.

Invero il diniego di sanatoria delle opere abusive per incompatibilità ambientale è espressione di una valutazione tecnica ampiamente discrezionale, tipica manifestazione del potere autoritativo dell’amministrazione, che come tale si sottrae al sindacato di legittimità, tranne le ipotesi di manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità ovvero di macroscopico travisamento dei fatti (C.d.S., sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4823), che non si rinvengono nel caso di specie e che peraltro non sono state neppure dedotte e provate dagli appellanti.

Le contestazioni di genericità del parere della Commissione per la tutela dei beni ambientali, fatto proprio dall’amministrazione comunale di Orbetello, in ordine alla forma ed ai materiali delle opere realizzate (degrado estetico), nonché sullo stato di degrado della zona, sull’insanabile contrasto con la bellezza dell’ambiente e sull’incontrollato aumento del carico antropico pertanto, lungi dall’evidenziare eventuali effettivi vizi di formazione del giudizio dell’amministrazione, si atteggiano a mere opinioni dissenzienti, volte a sovrapporre e/o sostituire alle valutazioni dell’amministrazione competente le proprie soggettive considerazioni, cosa che le rende gratuite ed apodittiche, prive di qualsiasi elemento obiettivo di riscontro.

7.2. Quanto al dedotto vizio di istruttoria per la denunciata circostanza che il parere negativo espresso dall’amministrazione preposta al vincolo ed il successivo diniego dell’amministrazione comunale, che non sarebbero stati supportati da un’ispezione dello stato dei luoghi ovvero da un apposito sopralluogo, volto ad appurare l’effettiva consistenza delle opere realizzate e il loro inserimento nell’ambiente specifico della zona interessata, peraltro già antropizzata ed urbanizzata e già segnata dall’insediamento di una struttura ricettivo – turistica, esso è privo di qualsiasi fondamento.

Deve essere infatti rilevato, per un verso, che lo stato di degrado e disordine ambientale (riferito nell’impugnato parere della competente Commissione per la tutela dei beni ambientali e peraltro neppure contestato, anzi sostanzialmente confermato, dagli appellanti) non può costituire motivo di giustificazione della costruzione abusiva (atteso che diversamente opinando non avrebbe senso neppure l’imposizione del relativo vincolo, finalizzato proprio a prevenire l’aggravamento della situazione e di perseguire il possibile recupero, C.d.S., sez. V, 27 marzo 2000, n. 1761; 27 aprile 2010, n. 2377), mentre per altro verso, è sufficiente ricordare che, in tema di rilascio di nulla – osta paesaggistico, l’attività di verifica della correttezza del giudizio espresso dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo e del conseguente provvedimento comunale non implica necessariamente il compimento di un effettivo sopralluogo, ben potendo limitarsi alla valutazione documentale della condotta tenuta dalle amministrazioni interessate (C.d.S., sez. VI, 27 aprile 2010, n. 2377).

7.3. Neppure può trovare favorevole considerazione, ad avviso della Sezione, la tesi secondo cui l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo e/o l’amministrazione comunale avrebbero dovuto indicare gli eventuali accorgimenti ed interventi volti a rendere compatibile le opere abusivamente realizzate con l’ambiente circostante al fine di consentire la sanabilità delle stesse.

Un simile dovere di soccorso, invero, non solo non trova alcun fondamento positivo specifico, ma neppure può trovare radicamento nei principi costituzionali ( art. 97 Cost.) cui deve improntarsi l’azione amministrativa, ciò in quanto in ogni caso l’amministrazione deve esercitare il potere conferitole dalla legge per il perseguimento dell’interesse pubblico, nel caso di specie quello della tutela della bellezza del paesaggio dell’area interessata, certamente prevalente rispetto a quello privato alla conservazione delle opere, pacificamente realizzate abusivamente senza i necessari permessi richiesti dalla legge.

7.4. Quanto alla legittimità del provvedimento di demolizione, la Sezione osserva che esso, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (C.d.S., sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5049; 10 dicembre 2007, n. 6344; 31 agosto 2010, n. 3955; sez. V, 7 settembre 2009, n. 5229).

Ciò esclude qualsiasi rilevanza del vizio di eccesso di potere per asserita sproporzione tra l’abuso commesso e la sanzione, anche in ragione del tempo trascorso tra il primo ed il diniego di sanatoria.

7.5. E’ infine appena il caso di osservare come la denunciata circostanza che il parere della competente Commissione per la tutela dei beni ambientali e della conseguente delibera della giunta municipale siano stati notificati unitamente al diniego di sanatoria non solo costituisce causa di illegittimità degli stessi (e dell’ordine di demolizione), incidendo soltanto sull’esercizio della tutela giurisdizionale, sulla cui effettività non può assolutamente dubitarsi, avendo l’interessato tempestivamente adito l’autorità giudiziaria a tutela della propria posizione giuridica.

Né alcun vizio di legittimità si riscontra nel provvedimento comunale di diniego della sanatoria, fondato sul parere della competente Commissione per la tutela dei beni ambientali, essendo consentita la motivazione per relationem purchè gli atti cui essa si riferisce siano resi effettivamente disponibili, circostanza non contestata nel caso di specie (tanto più che gli stessi sono stati anche impugnati).

Nessuna vizio o contraddizione è dato in definitiva riscontrare nella pronuncia impugnata, atteso che del resto, in sede di valutazione della domanda di sanatoria di opere edilizie abusivamente realizzate, la necessità del parere dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo è giustificata proprio dal fatto che il vincolo non implica l’inedificabilità assoluta, situazione in presenza della quale alcun parere sarebbe logicamente, ancor prima che giuridicamente, ipotizzabile.

Per completezza è appena il caso di rilevare che sono inammissibili come motivi di gravame gli eventuali ulteriori motivi di censura sollevati in primo grado, meramente richiamati in sede di appello, senza alcuna puntuale contestazione in ordine al loro rigetto da parte dei primi giudici.

8. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione dell’appellata amministrazione comunale.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalle signore M. e V. B. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. III, n. 241 del 24 novembre 1997, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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