Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-04-2011) 27-04-2011, n. 16460

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

mmissibilità dei ricorsi.
Svolgimento del processo

E.G.A.E., A.M.A.R.W., e S.M.A.I., ricorrono, a mezzo del loro difensore avverso la sentenza 17 maggio 2010 della Corte d’Appello di Milano, che ha confermato la sentenza 5 ottobre 2009 del Tribunale Milano, di condanna: del primo, alla pena di anni 1 mesi 11 di reclusione (pena sospesa), del secondo e del terzo alla pena di anni 2 mesi 5 di reclusione, per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone e di sequestro di persona aggravato e di lesioni aggravate, in danno del concittadino R. N., liberato dopo il pagamento della somma di Euro 600 ad opera di M.A. amico della vittima.
Motivi della decisione

Quanto alla posizione di E.G.A.E., con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 393, 605, 582 e 585 c.p., atteso il difetto di indizi gravi, precisi e concordanti e di riscontri esterni.

In particolare si lamenta "l’estrema sintesi" con la quale il Collegio ha motivato in merito alla mancata assoluzione per le condotte di cui agli artt. 393 e 605 c.p. e la palese insufficienza della motivazione che è stata espressa, considerata la carenza di elementi decisivi ed univoci, in grado di far ritenere che l’E. G. abbia effettivamente ricevuto i documenti della parte offesa.

Circostanza questa negata dalla persona offesa che ha riferito di averli consegnati a M. e non potendo in proposito essere valorizzato il verbale di sequestro, inidoneo a fornire la prova della disponibilità dei documenti in capo al ricorrente, attesa la confusione nella quale si sono svolti i fatti e tenuto conto: che i documenti in questione sono stati rinvenuti a terra; che l’E. G. era casualmente presente nell’appartamento e che non poteva certo considerarsi "il concorrente nel delitto incaricato nella custodia dei beni della parte offesa".

Con riferimento alla posizione del S. e del W., con un secondo motivo, si lamenta ancora inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

Anche per questi ricorrenti si sostiene che gli elementi raccolti, di natura indiziaria, sarebbero privi della gravità, precisione e concordanza richieste dalla legge sul punto dell’attribuzione ai due accusati della condotta materiale attinente al sequestro ed alle lesioni.

I motivi, per come formulati, non superano la soglia dell’ammissibilità in quanto prospettano alla Corte di legittimità un giudizio – critico ed alternativo – sulle considerazioni e valutazioni probatorie, formulate dai giudici di merito, le quali risultano peraltro condotte ed ottenute nel rigoroso rispetto delle regole, stabilite in punto di formazione e peso del materiale probatorio d’accusa.

L’argomentazione risulta infatti sui punti lamentati priva di incoerenze o salti logici, "apprezzabili ed idonei ad invalidare il costrutto delle argomentazione di responsabilità", tali non potendosi considerare le diverse conclusioni e considerazioni, più volte profilate nel ricorso, le quali finiscono con delineare una diversa e più favorevole interpretazione dei dati probatori, tuttavia non praticabile in sede di legittimità e, tanto meno, con esiti di annullamento della pronuncia gravata.

In conclusione: considerato che l’argomentare del provvedimento impugnato risulta privo di illogicità di sorta e si mantiene ragionevolmente contenuto entro i margini accettabili della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione, esso si sottrae a ogni sindacato in sede di scrutinio di legittimità, dal momento che i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dai ricorrenti, benchè formulati sotto la prospettazione di vizi della motivazione, si sviluppano tutti negli ambiti delle censure di merito, in tal modo integrando motivi, diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, da dichiararsi pertanto inammissibili a sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3 (cfr. ex plurimis: Cass. Pen. sezione. 1, 46997/2007; Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, r.v. 105775; Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, rv 229369).

Con un terzo motivo si prospetta insufficienza di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche al S. e al W., nonchè in ordine al giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche per E.G..

I motivi, del tutto generici, sono ancor più inammissibili a fronte della analitica e puntuale motivazione della Corte di appello che ha indicato per ciascuno dei ricorrenti le ragioni della negazione delle attenuanti e l’esito del giudizio di equivalenza per E.G..

In ogni caso, è noto che il riconoscimento delle attenuanti generiche risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Cass pen. Sez. 1, 6992/1992, rv. 190645; cass. Pen. Sez. 1, 6992/1992 rv. 190645).

I ricorsi pertanto, nella palese verificata coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, vanno dichiarati inammissibili.

All’inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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