Cons. Stato Sez. V, Sent., 27-04-2011, n. 2508 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento prot. 18361 del 18 giugno 1994 il Sindaco del Comune di Orbetello disponeva di non accogliere la domanda di sanatoria edilizia presentata il 25 marzo 1986 dal signor. N. M. relativamente alle opere edilizie abusivamente realizzate in località Aunti di Polverosa di Orbetello, consistenti in ripostiglio e autorimessa: ciò sulla scorta del parere negativo reso dalla competente Commissione per la tutela dei Beni Ambientali (decisione n. 1570 del 3 novembre 1989), fatto proprio dalla Giunta Municipale con la delibera n. 77 del 4 febbraio 1993.

Tale diniego veniva notificato all’interessato in data 7 giugno 1996, unitamente all’ordinanza n. 335 del 28 maggio 1996 recante l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

2. Con rituale e tempestivo ricorso giurisdizionale i signori N. M. e C. V. chiedevano al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana l’annullamento di tutti i sopracitati atti, lamentandone l’illegittimità alla stregua di quattro motivi di censura, rubricati rispettivamente "Violazione di legge – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – Illogicità manifesta", "Difetto di motivazione – Disparità di trattamento e sproporzione tra il fatto e la sanzione"; "Violazione di legge ed eccesso di potere per ingiusto procedimento" e "Necessità di immediata sospensione della esecutività dell’ordinanza di demolizione e riduzione in pristino dello stato dei luoghi".

In sintesi, i ricorrenti, oltre a dedurre l’erroneità della procedura per la mancata preventiva comunicazione dell’atto di diniego della sanatoria e del parere negativo della Commissione per la tutela dei beni ambientali, notificati soltanto unitamente all’ordinanza di demolizione delle opere realizzate, lamentavano la genericità e l’illogicità della valutazione negativa delle opere da sanare, anche in relazione ai materiali utilizzati, priva di qualsiasi adeguato supporto istruttorio (quali ispezioni e sopralluoghi), tanto più che non risultava in alcun modo considerato che le predette opere ricadevano in zona agricola e che in ogni caso si sarebbe potuto loro imporre correttivi e rimedi per rendere sanabili le opere stesse; sotto altro profilo essi deducevano che l’amministrazione comunale si era inopinatamente limitata a recepire il parere negativo senza compiere alcuna ulteriore e doverosa attività istruttoria e senza tener conto della notevole risalenza nel tempo delle opere realizzate (oltre sedici anni), così che era macroscopica la sproporzione tra il fatto e la sanzione.

3. L’adito tribunale, sez. III, con la sentenza n. 270 del 24 novembre 1997, respingeva il ricorso, ritenendo infondati i motivi di censura sollevati.

4. Con atto di appello notificato l’8 gennaio 1999 i signori N. M. e Chiarina Virigili hanno chiesto la riforma della predetta statuizione, formulando un solo articolato motivo di gravame, rubricato "Violazione di legge – Errata e falsa applicazione della L. 431/1985 – Violazione degli artt. 7 e 15 L. 1437/1939 – Contraddittorietà della motivazione della sentenza – Illogicità manifesta".

Essi hanno innanzitutto rilevato che, poiché il vincolo incidente sull’area in cui erano state realizzate le opere asseritamente abusive, era stato imposto solo a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, lett. c), del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni con la legge 8 agosto 1985, n. 431 ed era quindi successivo alla stessa ultimazione delle opere, il parere della Commissione per la tutela dei beni ambientali non era neppure dovuto; per il resto hanno riproposto i motivi di censura sollevati in primo grado, a loro avviso superficialmente apprezzati ed ingiustamente respinti con motivazione lacunosa e contraddittoria.

Il Comune di Orbetello non si è costituito in giudizio.

5. All’udienza dell’8 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

6. L’appello è infondato.

6.1. Con la prima parte dell’unico mezzo di gravame gli appellanti hanno sostenuto che nel caso di specie il parere della Commissione per la tutela dei beni ambientali, oltre che illegittimo, non doveva neppure essere richiesto dall’amministrazione comunale, il vincolo sulla zona su cui insistono le opere essendo stato introdotto, per effetto dell’art. 1, lett. c), del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni con la legge 8 agosto 1985, n. 431, successivamente alla loro realizzazione.

Tale doglianza, oltre che inammissibile, trattandosi di censura nuova non proposta in primo grado, è anche priva di fondamento giuridico.

Invero, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi, ai fini della sanatoria, l’intervento abusivo deve essere sottoposto al parere preventivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo anche qualora le opere oggetto della domanda siano state realizzate prima dell’entrata in vigore della legge 8 agosto 1985, n. 431, che ha esteso alla zona il vincolo ambientale, in quanto in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si deve tener conto del vincolo esistente al momento in cui viene esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo stesso e quindi della sua vigenza al momento della commissione dell’abuso (C.d.S., sez. VI, 1° luglio 2009, n. 4238; 14 ottobre 2003, n. 6259; sez. V, 23 novembre 2006, n. 6875).

6.2. Ugualmente privi di fondamento sono gli ulteriori profili di doglianza, con i quali gli appellanti hanno sostanzialmente riproposto le censure sollevate in primo grado.

6.2.1. Occorre premettere che il parere negativo (decisione n. 1570 del 3 novembre 1989) reso dalla Commissione per la tutela dei beni ambientali sulla domanda di condono edilizio, parere negativo limitato alla sanatoria dei manufatti denominati "ripostiglio" e "autorimessa", è motivato sulla circostanza che "…essi, per forme e materiali, costituiscono elementi di degrado estetico, aggravano lo stato di disordine in cui già versa la superficie interessata e si pongono in contrasto con la bellezza dell’ambiente".

La puntuale indicazione degli elementi ostativi all’accoglimento della richiesta sanatoria esclude innanzitutto la sussistenza del dedotto vizio di difetto di motivazione, risultando in concreto assicurata la conoscenza delle ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato le scelte dell’amministrazione e garantita quindi la loro sindacabilità attraverso la ricostruzione dell’iter logico – giuridico ad esse sotteso.

Né può condividesi la pur suggestiva tesi, secondo cui l’onere motivazionale incombente sull’amministrazione sarebbe stato rispettato solo formalmente e non già sostanzialmente, a causa della concreta inidoneità e genericità delle ragioni esposte inidonee anche al fine di consentire l’adeguato sindacato giurisdizionale sulle contestata scelte amministrative: una simile ricostruzione è frutto di un evidente equivoco sulla natura giuridica della valutazione di compatibilità ambientale delle opere abusive e sui limiti del relativo sindacato giurisdizionale.

Invero il diniego di sanatoria delle opere abusive per incompatibilità ambientale è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, tipica manifestazione del potere autoritativo dell’amministrazione, che come tale si sottrae al sindacato di legittimità, tranne le ipotesi di manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità ovvero di macroscopico travisamento dei fatti (C.d.S., sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4823), che non si rinvengono nel caso di specie e che peraltro non sono state neppure dedotte e provate dagli appellanti.

Le contestazioni sulla pretesa genericità del parere della Commissione per la tutela dei beni ambientali, fatto proprio dall’amministrazione comunale di Orbetello, in ordine alla forma ed ai materiali delle opere realizzate, nonché sullo stato di degrado della zona e sull’insanabile contrasto con la bellezza dell’ambiente pertanto, lungi dall’evidenziare eventuali effettivi vizi di formazione del giudizio dell’amministrazione, si atteggiano a mere opinioni dissenzienti, volte a sovrapporre e/o sostituire alle valutazioni dell’amministrazione competente le proprie soggettive considerazioni, cosa che le rende gratuite ed apodittiche, prive di qualsiasi elemento obiettivo di riscontro.

6.2.2. Quanto al dedotto vizio di istruttoria per la denunciata circostanza che il parere negativo espresso dall’amministrazione preposta al vincolo ed il successivo diniego dell’amministrazione comunale non sarebbero stati supportati da un’ispezione dello stato dei luoghi ovvero da un apposito sopralluogi, volto ad appurare l’effettiva consistenza delle opere realizzate e il loro inserimento nell’ambiente specifico della zona interessata, peraltro di natura agricola e già segnata da altri insediamenti abusivi, esso è privo di qualsiasi fondamento.

Deve essere infatti rilevato, per un verso, che lo stato di degrado e disordine ambientale (riferito nell’impugnato parere della competente Commissione per la tutela dei beni ambientali e peraltro neppure contestato dagli appellanti) non può costituire motivo di giustificazione della costruzione abusiva (atteso che diversamente opinando non avrebbe senso neppure l’imposizione del relativo vincolo, finalizzato proprio a prevenire l’aggravamento della situazione e di perseguire il possibile recupero, C.d.S., sez. V, 27 marzo 2000, n. 1761; 27 aprile 2010, n. 2377), mentre per altro verso, è sufficiente ricordare che, in tema di rilascio di nulla – osta paesaggistico, l’attività di verifica della correttezza del giudizio espresso dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo e del conseguente provvedimento comunale non implica necessariamente il compimento di un effettivo sopralluogo, ben potendo limitarsi alla valutazione documentale della condotta tenuta dalle amministrazioni interessate (C.d.S., sez. VI, 27 aprile 2010, n. 2377), profilo quest’ultimo non contestato.

6.2.3. Neppure può trovare favorevole considerazione, ad avviso della Sezione, la tesi secondo cui l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo e/o l’amministrazione comunale avrebbero dovuto indicare gli eventuali accorgimenti ed interventi volti a rendere compatibile le opere abusivamente realizzate con l’ambiente circostante al fine di consentire la sanabilità delle stesse.

Un simile preteso dovere di soccorso, invero, non solo non trova alcun fondamento positivo specifico, ma neppure può trovare radicamento nei principi costituzionali ( art. 97 Cost.), cui deve improntarsi l’azione amministrativa, ciò in quanto in ogni caso l’amministrazione deve esercitare il potere conferitole dalla legge per il perseguimento dell’interesse pubblico, nel caso di specie quello della tutela della bellezza del paesaggio dell’area interessata, certamente prevalente rispetto a quello privato alla conservazione delle opere, pacificamente realizzate senza i necessari permessi richiesti dalla legge.

6.2.4. Quanto alla legittimità del provvedimento di demolizione, la Sezione osserva che esso, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (C.d.S., sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5049; 10 dicembre 2007, n. 6344; 31 agosto 2010, n. 3955; sez. V, 7 settembre 2009, n. 5229).

Ciò esclude qualsiasi rilevanza del vizio di eccesso di potere per asserita sproporzione tra l’abuso commesso e la sanzione, anche in ragione del tempo trascorso tra il primo ed il diniego di sanatoria.

6.2.5. E’ infine appena il caso di osservare come la denunciata circostanza che il diniego di sanatoria ed il parere della competente Commissione per la tutela dei beni ambientali siano stati notificati solo unitamente all’ordine di demolizione non solo costituisce causa di illegittimità degli stessi (e dell’ordine di demolizione), incidendo soltanto sull’esercizio della tutela giurisdizionale, sulla cui effettività non può assolutamente dubitarsi, avendo l’interessato tempestivamente adito l’autorità giudiziaria a tutela della propria posizione giuridica.

Né alcun vizio di legittimità si riscontra nel provvedimento comunale di diniego della sanatoria, fondato sul parere della competente Commissione per la tutela dei beni ambientali, essendo consentita la motivazione per relationem purchè gli atti cui essa si riferisce siano resi effettivamente disponibili, circostanza non contestata nel caso di specie (tanto più che gli stessi sono stati anche impugnati).

Nessuna vizio o contraddizione è dato in definitiva riscontrare nella pronuncia impugnata, atteso che del resto, in sede di valutazione della domanda di sanatoria di opere edilizie abusivamente realizzate, la necessità del parere dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo è giustificata proprio dal fatto che il vincolo non implica l’inedificabilità assoluta, situazione in presenza della quale alcun parere sarebbe logicamente, ancor prima che giuridicamente, ipotizzabile.

7. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione dell’appellata amministrazione comunale.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dai signori N. M. e C. V. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. III, n. 270 del 24 novembre 1997, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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