Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2011, n. 16439 Sentenze e atti giudiziari

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che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

La contribuente impugnava in sede giurisdizionale, l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, relativa a sentenza emessa dal Tribunale di Napoli. L’adita CTP di Napoli, opinando che il provvedimento dovesse scontare l’imposta fissa, accoglieva il ricorso, e la CTR, pronunciando sull’appello dell’Agenzia Entrate, lo rigettava, confermando la decisione di prime cure.

Con ricorso notificato il 24 gennaio 2007, l’Agenzia Entrate ha chiesto la cassazione della decisione di appello.

L’intimato Fallimento, giusto controricorso notificato il 20.02.2007, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, comunque, rigettato.
Motivi della decisione

Il ricorso, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 e dell’art. 8, lett. c) ed e) della Tariffa, Prima parte, allegata al detto decreto, nonchè per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 dle 1986, art. 37 ed art. 8, lett. b), c) ed e), e della nota 2^ al citato art. 8 della Tariffa – prima parte – allegata al citato decreto.

La decisione impugnata è pervenuta alle rassegnate conclusioni, sul presupposto che "In realtà, il credito in questione era stato già ammesso in via definitiva al passivo fallimentare", ragion per cui la successiva sentenza non conteneva alcun accertamento del diritto di credito, bensì si limitava a dichiarare la nullità della riserva apposta nel decreto di ammissione del credito del ricorrente".

Ciò stante, ritiene il Collegio, che la doglianza, svolta con il primo mezzo non sia fondata, basata, come è, sull’apodittica affermazione che la sentenza avrebbe avuto ad oggetto "l’accertamento del diritto del Banco Ambrosiano Veneto ad ottenere l’insinuazione del proprio credito, in via chirografaria e senza condizione alcuna, nel passivo fallimentare della impresa Angiolini Bortolotti spa".

Nessuna argomentazione, infatti, investe la circostanza, verificata dai Giudici di merito alla stregua della documentazione in atti, che il credito, nella sua interezza, era stato, in precedenza, riconosciuto ed ammesso al passivo fallimentare, giusto decreto del Giudice Delegato del 12.11.1997, e, neppure, la questione che, – oggetto del giudizio, al cui esito era stata emessa la sentenza in questione,-era la declaratoria di nullità della atipica condizione apposta al decreto e non certo l’accertamento del credito che era stato già riconosciuto ed ammesso. La questione posta dal primo mezzo, tenuto conto di ciò, del fatto che la sentenza non contiene alcuna affermazione di principio contraria al disposto delle denunciate norme, nonchè della correttezza logico-formale della motivazione, deve essere ritenuta infondata, fra l’altro, in base ai seguenti principi;

– "l’interpretazione della domanda giudiziale è operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera crongrua e adeguata, avendo riguardo all’intero contesto dell’atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione testuale nonchè del contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire" (Cass. n. 21208/2005, n. 27428/2005);

– "La valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento" (Cass. n. 23286/2005, n. 12014/2004, n. 322/2003).

Nel caso, la decisione di appello, che ha ritenuto la sentenza sottoposta a tassazione meramente dichiarativa della nullità della riserva e non già accertativa del credito, non giustifica, quindi, le formulate doglianze, che vanno disattese.

Il secondo mezzo resta assorbito.

Il ricorso va, conclusivamente, rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro tremilacento, di cui Euro tremila per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia al pagamento, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro tremilacento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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