Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-03-2011) 27-04-2011, n. 16529 Associazioni mafiose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di assise di appello di Messina, in sede di esecuzione, ha disposto, su istanza della Procura generale, ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e L. n. 356 n. 1992, art. 12 sexies, il sequestro e la contestuale confisca di tre appezzamenti di terreno, una autovettura ed un conto corrente variamente intestati a P.G., alla moglie, M.M., ed ai due figli, A. e C., ma ritenuti essere nella effettiva disponibilità del capo famiglia, condannato con sentenza definitiva emessa il 26.7.2001 dalla Corte di appello di Reggio Calabria anche per il delitto di associazione di stampo mafioso (art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 5 e 6).

La Corte, dopo aver dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 12 sexies cit. e art. 666 c.p.p. in relazione all’art. 117 Cost., comma 1 e art. 111 Cost., comma 1, per non essere stato trattato il procedimento nelle forme della udienza pubblica, ha ritenuto l’esistenza di una sproporzione tra il valore dei beni riconducibili al nucleo familiare del condannato e la concreta, disponibilità economica limitatamente ai beni di cui ha disposto le predette misure coercitive reali.

-2- Contro questa ordinanza ricorrono per cassazione tutti e quattro gli intestatari dei beni, denunciando il travisamento dei dati processuali ricavabili dalle consulenze di parte le quali insieme al reddito complessivo dei fondi cointestati indicano anche il reddito da attribuirsi esclusivamente a P.G.: i giudici dell’esecuzione avrebbero considerato, per le loro determinazioni conclusive, come attribuito al prevenuto il reddito complessivo, e non anche quello, nei prospetti allegati alla consulenza, attribuito al solo ricorrente. Ne consegue che a fronte delle indicazioni generiche proprie dell’ordinanza impugnata, si dovrebbero riformulare i calcoli economici posti a base della decisione.

-3- Devono essere affrontate preliminarmente le questioni in rito. Su questo versante il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato il 21.12.2010 una requisitoria scritta con la quale ha concluso per la riqualificazione del ricorso come opposizione, con i conseguenti provvedimenti, ed in subordine ha richiesto che la Corte affronti il problema della illegittimità costituzionale delle norme in rito applicate per non essere stato celebrato il giudizio in udienza pubblica, ma in camera di Consiglio. Richiama in proposito in prima battuta la decisione della Corte di Strasburgo (Requete n. 399/02) 13.11.2007, Bocellari e Rizza, c. Italie, che ha affermato che il controllo pubblico dell’udienza di prevenzione, dove è in discussione la situazione patrimoniale dell’interessato, è condizione necessaria, pena la violazione dell’art. 6 comma 1 della CEDU, a garanzia del rispetto dei diritti dell’interessato. Richiama ancora la successiva, per derivazione, sentenza della Corte cost. n. 93/2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4 e della L. n. 575 del 1965, art. 2-ter nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione si svolga davanti al tribunale ed alla corte di appello, nelle forme dell’udienza pubblica. Chiede, in definitiva, che si faccia applicazione diretta della sentenza della corte Europea ed, in subordine, che venga sollevata, perchè rilevante, la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui agli artt. 676 e 667 nella parte in cui il giudizio de quo si è svolto nelle forme camerali e non in udienza pubblica. Ma, in risposta, non pare proprio che la questione sollevata n questa fase abbia il pregio della rilevanza, una volta che la decisione si risolve nella più corretta qualificazione del ricorso come opposizione da decidere nelle forme dovute ancora dal giudice della esecuzione. Solo in quella sede invero la questione potrà assumere carattere di rilevanza sempre che, una volta incardinato il processo nella camera di consiglio, gli interessati richiedano la celebrazione del rito in udienza pubblica.

Comunque non pare proprio che la questione sollevata in sede di incidente di esecuzione sia fondata, e per più ragioni: la Corte ha dichiarato sì l’incostituzionalità della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4 e L. 31 maggio 1965, n. 474, art. 2-ter, nella parte in cui non consentono che, a richiesta di parte, il procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione si svolga nelle forme dell’udienza pubblica, ma solo con riferimento alla fase cognitiva del procedimento di prevenzione, allorchè una misura ablatoria deve ancora stabilirsi dal giudice competente. Situazione ben diversa da quella de qua, costitutiva di un procedimento di esecuzione che presuppone già formata una statuizione in sede cognitiva e che segnala quindi una fattispecie diversa e non omologabile a quella considerata dal giudice delle leggi. Peraltro in fase esecutiva non si rinviene nell’ordinamento alcun caso dove la decisione debba essere assunta in pubblica udienza, proprio perchè l’esigenza del controllo del pubblico sull’esercizio della giurisdizione ha già avuto modo di esplicarsi in una fase precedente. (in termini, Sez. 1, 25.11.2010, Intesa San Paolo, inedita).

La violazione del rito obbligato nel caso di specie preclude, comunque, l’esame del contenuto del ricorso: invero va qualificato come opposizione, con conseguente trasmissione al giudice dell’esecuzione, il ricorso per cassazione proposto contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione, anche se emesso ai sensi dell’art. 666 c.p.p., anzichè "de plano", per non privare la parte impugnante della possibilità di far valere le doglianze di merito.

(Sez. 6, 22.9/1.10.2010, Mafrica, Rv 248633).
P.Q.M.

Qualificato il ricorso come opposizione, dispone la trasmissione degli atti alla Corte di assise di appello di Messina.

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