Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2491 Agricoltura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con cinque distinti ricorsi proposti innanzi al TAR del Lazio e recanti i numm.13981, 13998, 14015, 14094 e 14893 del 1999, alcune aziende agricole operanti nel settore della produzione lattierocasearia chiedevano l’annullamento delle comunicazioni con cui l’AIMA (in seguito: AGEA) aveva comunicato gli esiti della compensazione nazionale per la campagna lattiera 1995/96 e 1996/97, nonché agli atti connessi, presupposti e conseguenti.

I motivi di censura, come correttamente osservato sul punto dai primi Giudici, possono essere così sintetizzati:

1) i quantitativi di riferimento individuali assegnati ai singoli produttori (d’ora innanzi: "i QRI’) sarebbero stati assegnati in violazione della normativa e dei principi comunitari, in via retroattiva e senza far riferimento a dati certi di produzione e commercializzazione del latte;

2) le assegnazioni dei QRI ai produttori sarebbero state effettuate dopo l’inizio della campagna lattiera di riferimento e, peraltro, in forma provvisoria;

3) gli organismi competenti avrebbero effettuato le compensazioni nazionali di cui al d.l. 1° marzo 1999, n. 43 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 1999, n 118) senza essere posti a conoscenza dei dati della produzione nazionale, in violazione della normativa comunitaria;

4) le assegnazioni dei QRI sarebbero state anch’esse effettuate senza essere in possesso di dati certi sulla produzione e le verifiche imposte dalla legge n. 118 del 1999 e dal D.M. 17 febbraio 1999, prima, e dal D.M. n. 159 del 1999 poi, avrebbero limitato l’accertamento alle sole situazioni anomale segnalate dall’allora AIMA;

5) le assegnazioni dei QRI si baserebbero, inoltre, sui dati storici delle quote assegnate per le annate 1995/96 e 1996/97 le quali, peraltro, sono state sospese, in via cautelare, dal giudice amministrativo;

6) con riferimento alla compensazione nazionale, a partire da quella effettuata dalla annata lattiera 1995/96, il legislatore ha previsto, con il comma 8 dell’articolo 1 del d.l. 43 del 1999, che tale operazione vada prima svolta nei confronti delle categorie prioritarie ivi previste. Tale modalità di compensazione si porrebbe in contrasto con l’art. 2 del Reg. CE n. 3950/1992 (Regolamento del Consiglio che istituisce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattierocaseari) e l’art. 3, comma 3, del Reg. CE n. 536/1993 (Regolamento della Commissione che stabilisce le modalità di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattierocaseari) che, invece, prevedrebbero che la compensazione debba essere effettuata tra tutti i produttori, senza privilegio per alcuna categoria, residuando allo Stato membro la sola scelta tra effettuare o meno la compensazione;

7) AGEA avrebbe richiesto il pagamento del prelievo supplementare comprensivo degli interessi a partire dal 1° settembre successivo al termine delle rispettive campagne lattiere quando la stessa Agenzia, per le annate dal 1995/96 al 1998/99, ne ha intimato la corresponsione a notevole distanza di tempo da quello previsto dalla normativa comunitaria (anche anni);

8) le comunicazioni impugnate conterrebbero, poi, una serie di vizi formali (mancanza di sottoscrizione, difetto di comunicazione) che ne determinerebbero l’illegittimità.

Con le pronunce oggetto del presente gravame, il T.A.R. del Lazio respingeva la massima parte delle richiamate censure, mentre accoglieva il motivo di ricorso dinanzi sintetizzato sub 6, e conseguentemente – previa disapplicazione della previsione di cui al comma 8 dell’art. 1, d.l. 43 del 1999, annullava in parte i provvedimenti oggetto di impugnativa.

Al riguardo, il Tribunale osservava:

– che la disposizione in questione, nella parte in cui privilegia alcune categorie di produttori a scapito di altre nelle operazioni di compensazione, si ponga in contrasto con la pertinente normativa comunitaria (e, in particolare, con il paragrafo 4 dell’art. 2 del Reg(CE) n. 3950/92 e con il paragrafo 3 dell’art. 3, Reg(CE) n. 536/93);

– che la disposizione nazionale in questione non presentava problemi di compatibilità comunitaria per la parte in cui prevedeva un meccanismo di compensazione (e di successiva riassegnazione) al livello nazionale fra il totale cumulato dei quantitativi di latte prodotto in eccesso dai singoli operatori rispetto al QRI assegnato e il totale dei quantitativi di riferimento assegnati ma non utilizzati da altri produttori;

– che tale opzione, in via di principio, fosse resa legittima dalla previsione di cui al comma 4 dell’art. 2, Reg(CE) 3950/92, a tenore del quale "qualora il prelievo sia dovuto e l’importo riscosso sia superiore, lo Stato membro può destinare l’eccedenza riscossa al finanziamento delle misure di cui all’articolo 8, primo trattino, e/o rimborsarlo ai produttori che rientrano in categorie prioritarie stabilite dallo Stato membro in base a criteri obiettivi da determinarsi o confrontati ad una situazione eccezionale risultante da una disposizione nazionale non avente alcun nesso con il presente regime";

– che, tuttavia, le modalità concrete individuate dal legislatore nazionale per procedere alla compensazione nazionale e alle conseguenti operazioni sarebbero illegittime de jure communitario per almeno due ragioni;

a) in primo luogo, il meccanismo di cui al comma 8 dell’art. 1, cit. (e la conseguente redistribuzione delle somme riscosse in eccedenza in favore delle categorie privilegiate ivi contemplate) risulterebbe compatibile solo con il sopravvenuto meccanismo di cui al Reg(CE) 1788/2003, mentre non sarebbe stato possibile sulla base della normativa comunitaria ratione temporis applicabile (i.e.: il richiamato regolamento n. 3950/92 e il relativo regolamento di applicazione, n. 536/93);

b) in secondo luogo, il medesimo meccanismo risulterebbe comunitariamente illegittimo in quanto, consentendo alle categorie privilegiate di poter aspirare alla compensazione con le quote non utilizzate, si sarebbe altresì consentito a tali categorie "di produrre senza rispettare, in pratica, il QRI di riferimento e determinando, quindi, che gran parte del carico del prelievo dovuto alla CE gravasse su una cerchia limitata di produttori";

– in definitiva, il Tribunale riteneva illegittimo il più volte richiamato comma 8 dell’art. 1, d.l. 43 del 1999 per contrasto con l’art. 2, comma 4, del Reg. CE n. 3950/1992 e l’art. 3, comma 3, del Reg. CE n. 536/1993 "nella parte in cui non prevede che la riassegnazione dei QRI in tutto o in parte inutilizzati avvenga in favore di tutti i produttori, senza privilegio per alcuna categoria".

Le pronunce in questione venivano gravate in sede di appello dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’AGEA(ricorsi numm. 7151/2010, 7961/2010, 7863/2010 e 7964/2010) e dalla sola AGEA (ricorso num. 7355/2010), i quali ne chiedevano la riforma nei soli limiti della soccombenza in primo grado.

Con cinque distinte ordinanze (recanti i numeri 4225/2010, 4207/2010, 4705/2010, 4706/2010 e 4707/2010) questo Consiglio di Stato disponeva la sospensione degli effetti delle pronunce gravate, ritenendo in particolare la sussistenza del fumus boni juris.

All’udienza pubblica del 15 marzo 2011, presenti i Difensori come da verbale di udienza, i ricorsi venivano trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

1.Giungono alla decisione del Collegio cinque ricorsi in appello proposti dall’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso altrettante sentenze con cui il T.A.R. del Lazio ha accolto in parte i ricorsi proposti da alcune aziende attive nel settore della produzione lattierocasearia e per l’effetto ha annullato in parte gli atti con cui l’AIMA (in seguito: AGEA) ha comunicato l’esito della compensazione nazionale di cui al d.l. 1° marzo 1999, n. 43, previa disapplicazione della previsione di cui al comma 8 dell’art. 1 del medesimo decreto per presunta illegittimità comunitaria.

2. Deve in primo luogo essere disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, sussistendo evidenti ragioni di connessione di carattere soggettivo ed oggettivo (art. 70, c.p.a.).

3. Con il primo motivo di gravame, le amministrazioni appellanti lamentano che la pronuncia in epigrafe sarebbe erronea e meritevole di riforma per la parte in cui (discostandosi da un consolidato orientamento dei Giudici nazionali e comunitari) ha ritenuto l’illegittimità de jure communitario dei particolari criteri di compensazione di cui al comma 8 dell’art 1, d.l. 43 del 1999.

In particolare, la pronuncia in questione avrebbe erroneamente affermato che il particolare sistema modellato dal Legislatore nazionale nel 1999 non risultasse conforme al modello normativo delineato dal Reg. (CE) 3950/1992, ma solo con il sopravvenuto modello di cui al Reg. (CE) 1788/2003.

Al contrario, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che già il regolamento del 1992, laddove consentiva agli Stati di procedere a due alternative modalità per perequare il superamento dei QRI (tramite riassegnazione delle quote inutilizzate, ovvero rimborso dell’importo riscosso in eccedenza) risultasse compatibile con la ratio di tutela e salvaguardia dei produttori in condizioni oggettivamente svantaggiate che caratterizza il sistema normativo del 1999.

In particolare, il sistema delineato dal più volte richiamato comma 8 dell’art. 1 risulterebbe pienamente compatibile con le previsioni di cui al comma 4 dell’art. 2, Reg (CE) 3950, cit.

In definitiva, la scelta operata dal Legislatore italiano del 1992 di assicurare una particolare preferenza, in sede di compensazione, a determinate categorie di produttori in oggettive situazioni di svantaggio, risulterebbe certamente compatibile con un’impostazione concettuale non solo non esclusa, ma anzi espressamente richiamata dalle pertinenti disposizioni comunitarie. Ed infatti, il richiamato regolamento del 1992 non imponeva in alcun modo agli Stati membri di svolgere le operazioni di compensazione in modo tale da riattribuire in modo inderogabile le quote individuali inutilizzate attraverso un meccanismo di redistribuzione "a pioggià fra tutti i produttori.

Ed ancora, la sentenza sarebbe erronea laddove afferma che il particolare meccanismo di compensazione delineato dal più volte richiamato comma 8 dell’art. 1, d.l. 43, cit., nell’avvantaggiare talune categorie di produttori c.d. privilegiate, avrebbe fatto gravare la maggior parte del carico del prelievo supplementare su poche e residuali categorie di produttori.

Sotto tale aspetto, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che il meccanismo in contestazione non alterava in alcun modo il sistema del prelievo in quanto tale (il quale gravava sui singoli produttori in ragione del superamento che ciascuno di essi aveva effettuato delle QRI di rispettiva assegnazione), con la conseguenza che a nessun allevatore potesse essere addebitato un onere ulteriore e diverso rispetto a quanto determinato come conseguenza del proprio comportamento.

In definitiva, la sentenza risulterebbe erronea per non aver considerato che la compensazione prioritaria in favore di talune categorie svantaggiate non è finalizzata a far sostenere un costo aggiuntivo alle altre categorie di produttori; ma è volta – al contrario – a sostenere (sulla base di scelte distributive in se non irragionevoli) talune aziende in relazione alle obiettive condizioni di difficoltà che ne caratterizzano l’attività.

3.1. L’appello è meritevole di accoglimento.

Il fulcro del thema decidendum è rappresentato dallo stabilire se sia conforme con il pertinente paradigma normativo comunitario (in specie: articolo 2, paragrafo 1, secondo comma e articolo 2, paragrafo 4 del Reg. (CE)3950/92; art. 3, paragrafo, 3 del Reg. (CE)536/93) una disciplina nazionale in tema di effettuazione della compensazione nazionale la quale àncori l’operatività del meccanismo all’individuazione di alcune categorie di operatori nei cui confronti le operazioni di compensazione sono effettuate in base a criteri preferenziali e sequenziali.

3.2. Ad avviso del Collegio, è innegabile che il meccanismo delineato dal legislatore del 1999 (si tratta del comma 8 dell’art. 1, d.l. 1° marzo 1999, n. 43 convertito, con modificazioni, dalla l. 17 aprile 1999, n. 118) sia tale per cui le conseguenze favorevoli della determinazione della compensazione nazionale (da un lato) e le conseguenze sfavorevoli in sede di allocazione degli oneri derivanti dall’effettiva determinazione del prelievo economico dovuto (dall’altro) siano distribuite in modo differenziato fra le varie categorie di produttori.

E’, altresì, innegabile che l’effetto concreto del richiamato interveto normativo sia tale per cui, a parità di quantitativo di riferimento individuale (QRI) e a parità di eccedenza produttiva rispetto alla quota assegnata, due diversi produttori potranno risultare assoggettati a prelievi supplementari di ammontare diverso in quanto potranno beneficiare in modo differenziato degli esiti delle operazioni di compensazione (a seconda, cioè, che essi appartengano o meno a una delle categorie privilegiate e a seconda che la categoria cui essi appartengano presenti o meno "capienzà ai fini del favorevole esito delle operazioni di compensazione e della conseguente determinazione del prelievo supplementare).

3.3. Occorre, a questo punto, domandarsi se le obiettive differenziazioni nel trattamento in tal modo riservato dal Legislatore nazionale alle diverse categorie di produttori risultino (caeteris paribus) violative dei principi generali del diritto comunitario, ovvero delle norme di diritto comunitario derivato.

3.3.1. Ad avviso del Collegio, la risposta al quesito è in senso negativo.

3.4. Si ritiene che il modello normativo dinanzi sinteticamente descritto non risulti in alcun modo violativo del pertinente paradigma comunitario (nella formulazione ratione temporis rilevante) in quanto la scelta di operare la compensazione nazionale privilegiando in sede di computo alcune categorie di produttori rispetto ad altri non risulta vietata dalle previsioni del Reg. (CE)3950/92; ovvero dal Reg. (CE)536/93 e si colloca, al più, in un ambito – per così dire – "interstizialè della disciplina comunitaria, senza in alcun modo determinare aspetti con essa confliggenti.

Sotto tale aspetto, il Collegio ritiene di richiamare l’orientamento della Corte di giustizia delle CE secondo cui, conformemente ai principi generali su cui è fondata la Comunità e che disciplinano i rapporti fra quest’ultima e gli Stati membri, spetta a questi ultimi, in forza dell’art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE a seguito del Trattato di Amsterdam e, successivamente, art. 4 del TFUE a seguito del Trattato di Lisbona), garantire nel loro territorio l’attuazione della normativa comunitaria (si tratta di una regola particolarmente pregnante nel caso – che qui rileva – delle disposizioni direttamente applicabili negli Stati membri, come i regolamenti comunitari). Qualora il diritto comunitario, ivi compresi i principi generali di quest’ultimo, non contenga in proposito regole comuni, le autorità nazionali procedono, nell’attuazione di tale normativa, applicando i criteri formali e sostanziali del loro diritto nazionale (v., segnatamente, sentenza 23 novembre 1995, causa C 285/93, DominikanerinnenKloster Altenhohenau).

La giurisprudenza della Corte ha chiarito al riguardo che, nell’adottare provvedimenti di attuazione di una regolamentazione comunitaria (e pure in assenza di puntuali vincoli – per così dire – "in positivo’), le autorità nazionali sono tenute ad esercitare il proprio potere discrezionale nel rispetto dei principi generali del diritto comunitario, tra i quali si annoverano i principi di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (sentenza 25 marzo 2004, in causa C480/00; sentenza 20 giugno 2002, in causa C313/99, Mulligan e a.).

3.5. Ebbene, riconducendo i princìpi in questione alle peculiarità del caso di specie, il Collegio osserva che la scelta nazionale di impostare l’effettuazione della compensazione nazionale secondo un criterio preferenziale fondato sulla sequenziale individuazione di platee di beneficiari (ciascuna delle quali, in astratto, idonea ad escludere le categorie successive in caso di incapienza dei quantitativi oggetto di compensazione) non risulta vietata da alcuna delle richiamate disposizioni comunitarie, né violativa di alcun principio generale di matrice UE (e, segnatamente, dei ridetti princìpi di proporzionalità, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento).

In particolare, l’esame della pertinente normativa comunitaria mostra che la scelta redistributiva in questione non risulta vietata in modo espresso:

– né dal secondo comma del paragrafo 1 dell’art. 2, Reg.(CE) 3950/92;

– né dal paragrafo 4 dell’art. 2 del medesimo regolamento;

– né dal paragrafo 3 dell’art. 3 del Reg.(CE) 536/93.

Al contrario, la pratica attuazione del richiamato meccanismo su base preferenziale di determinazione delle compensazioni (anche ai fini delle conseguenti restituzioni) ha comunque consentito il pieno esplicarsi delle finalità di riequilibrio fra domanda e offerta nel settore lattierocaseario, sottesa alla disciplina comunitaria di settore e, in ultima analisi, ha lasciato inalterate le finalità di tutela del mercato da essa perseguite.

3.6. Si potrebbe obiettare, al riguardo, che il richiamato meccanismo nazionale, assoggettando a conseguenze economiche diverse comportamenti per il resto analoghi (differenziati solo in base allo status soggettivo dell’operatore interessato), risulterebbe violativo dei princìpi comunitari di adeguatezza e proporzionalità anche ai fini sanzionatori.

Si osserva, tuttavia, che l’obiezione in questione non sembra cogliere nel segno dal momento che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, il meccanismo del prelievo supplementare (al quale sono propedeutiche le operazioni di compensazione) non persegue finalità stricto sensu sanzionatorie (Corte di Giustizia, sentenza in causa C480/00, cit., punto 58), ma consiste nella mera imposizione di restrizioni dovute a regole di politica dei mercati o di politica strutturale e finalizzate, in ultima analisi, al riequilibrio del mercato di riferimento (in tale senso: Corte di Giustizia, sentenza 10 gennaio 1992 in causa C177/90).

Conseguentemente, si può affermare che il principio di effettività dell’ordinamento comunitario impone certamente che l’effettuazione delle operazioni di compensazione al livello nazionale miri al fine ultimo di determinare un prelievo supplementare nazionale basato sulla differenza fra il quantitativo globale garantito e le quantità di latte effettivamente prodotte, al netto delle compensazioni con le quote assegnate e non prodotte.

Ma una volta che la richiamata finalità sia stata assicurata in concreto dal Legislatore al livello nazionale, non si individua nell’ordinamento comunitario un ulteriore vincolo volto a stabilire una stabile e indefettibile correlazione fra i quantitativi da redistribuire in sede di compensazione e gli originari QRI.

In definitiva, la tesi affermata dai primi Giudici potrebbe essere condivisa soltanto laddove si ritenesse che i regolamenti comunitari del 1992 avessero imposto un onere di redistribuzione – per così dire – "a pioggià dei quantitativi oggetto di compensazione, privando i Legislatori nazionali della possibilità di effettuare una qualunque scelta allocativa in sede di compensazione.

Tuttavia, dal momento che un siffatto vincolo (rectius: impedimento) non è evincibile né dalla lettera, né dalla ratio dei regolamenti in parola, la pronuncia in epigrafe deve essere in parte qua riformata.

3.6.1. Ai limitati fini che qui rilevano si osserva, inoltre, che il meccanismo delineato dal Legislatore del 1999 non risulta neppure violativo del generale canone di ragionevolezza dal momento che (come condivisibilmente sostenuto dalle appellanti) l’applicazione del richiamato meccanismo non ha arrecato alcun concreto svantaggio ai produttori coinvolti (i quali, nella peggiore delle ipotesi, sono stati assoggettati proprio a quelle – e solo a quelle – conseguenze che erano direttamente imputabili alla loro condotta in termini di superamento della quota assegnata).

In definitiva, nessun produttore ha dovuto versare un prelievo supplementare più alto di quello dovuto in conseguenza delle disposizioni nazionali oggetto di censura, mentre l’interesse fatto valere in giudizio era quello – ben diverso – ad ottenere una riduzione dell’ammontare dovuto, mercé l’applicazione di un criterio distributivo di carattere squisitamente proporzionale e di riallocazione – per così dire – "in senso orizzontale’.

Tuttavia, fermo restando che il criterio in contestazione non ha arrecato ad alcun produttore un concreto svantaggio (maggior prelievo rispetto a quello dovuto), ma si è limitato a distribuire secondo una particolare scelta allocativa alcuni vantaggi (minor prelievo rispetto a quello dovuto), la scelta nel complesso operata non può considerarsi irragionevole, anche perché giustificata (in un’ottica di bilanciamento di interessi) dal perseguimento di una finalità di carattere generale.

3.7. Del resto, un’ulteriore conferma nel senso che l’ordinamento CE non imponga una stabile correlazione fra l’entità della violazione (i.e.: entità del superamento dei quantitativi individuali assegnati) e determinazione concreta delle conseguenze economiche finali è fornita dalla previsione di cui al paragrafo 4 dell’art. 2, Reg. (CE)3950/92, cit., secondo cui "qualora il prelievo sia dovuto e l’importo riscosso sia superiore, lo Stato membro può destinare l’eccedenza riscossa al finanziamento delle misure di cui all’articolo 8, primo trattino, e/o rimborsarlo ai produttori che rientrano in categorie prioritarie stabilite dallo Stato membro in base a criteri obiettivi da determinarsi o confrontati ad una situazione eccezionale risultante da una disposizione nazionale non avente alcun nesso con il presente regime".

3.8. Concludendo sul punto, la pronuncia in epigrafe è meritevole di riforma laddove ha affermato che "il legislatore comunitario, mentre ha lasciato libertà di scelta allo Stato membro sulla possibilità di riassegnare o meno i QRI in tutto o in parte non utilizzati, con riferimento invece alle modalità di riassegnazione, àncora tale possibilità (ovvero la distribuzione delle somme riscosse in eccedenza) al caso in cui il legislatore nazionale scelga di non riassegnare le quote inutilizzate".

In tal modo statuendo i primi Giudici hanno oltretutto ritenuto (invero, in modo non condivisibile) che la disciplina nazionale oggetto di censura (il più volte richiamato comma 8 dell’art. 1 del d.l. 43 del 1999) andasse ad incidere sul momento della riassegnazione puntuale dei quantitativi di riferimento individuali non riutilizzati.

Al contrario, la disciplina nazionale in contestazione va ad incidere sulla ben diversa questione delle modalità di effettuazione della compensazione nazionale, operando sul solo momento dell’allocazione dei benefìci fra i vari produttori, ma lasciando inalterato (per così dire, "al livello macro’) l’assetto delle grandezze sottostanti (ammontare del quantitativo globale garantito nazionale – QGG -; ammontare dei quantitativi di riferimento individuali – QRI -; esiti finali delle operazioni di compensazione nazionale).

Come si è detto in precedenza, infatti, la disciplina nazionale in contestazione opera una scelta di carattere allocativo la quale, non risultando vietata da alcuna disposizione del diritto comunitario derivato (e, anzi, risultando compatibile con la ratio ispiratrice del sistema comunitario del prelievo supplementare) non presentava i profili di illegittimità che hanno indotto i primi Giudici a disporne la disapplicazione.

4. Per le ragioni sin qui esposte, i ricorsi in questione, previa riunione, devono essere accolti e conseguentemente, in riforma delle pronunce oggetto di gravame, deve essere disposta l’integrale reiezione dei ricorsi proposti in primo grado dagli odierni appellanti.

La complessità e parziale novità delle questioni coinvolte dalla presente decisione giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione li accoglie e per l’effetto, in riforma delle pronunce oggetto di gravame, dispone l’integrale reiezione dei ricorsi proposti in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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