Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-03-2011) 27-04-2011, n. 16451 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 23 aprile 2010, la Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza con la quale, il 22 maggio 2006, il Tribunale di Biella condannava M.H. per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti in concorso con il fratello, separatamente giudicato.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge, ritenendo che la Corte territoriale non aveva distinto tra il suo comportamento, meramente passivo e quello del fratello, unico responsabile del reato, pienamente attivo, osservando come l’affermazione di penale responsabilità nei suoi confronti fosse fondata su mere presunzioni.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione ritenendo che erroneamente la Corte territoriale avesse ritenuto il suo comportamento partecipativo all’illecita attività del fratello sulla base del fatto che l’alloggio ove entrambi abitavano fosse intestato a suo nome e che, nel caso che lo riguardava, era ravvisabile una mera connivenza non punibile e non anche il concorso nel reato.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La Corte territoriale, dopo aver ricordato le circostanze che portarono all’arresto del ricorrente, ha legittimamente richiamato, per relationem il contenuto della decisione di primo grado aggiungendo, tuttavia, alcune considerazioni sulle circostanze che inducevano alla conferma della stessa.

Rilevava, in particolare, che il ricorrente era stato sorpreso sulle scale della sua abitazione mentre, unitamente al fratello, era intento al trasporto di un ciclomotore, da personale dell’Arma dei Carabinieri che, avuta notizia dell’esistenza di stupefacenti all’interno dell’abitazione, vi si stava recando per perquisirla.

Gli operanti cercavano, quindi, di intrattenere il ricorrente mentre il fratello precipitosamente entrava in casa chiudendo la porta.

La successiva perquisizione consentiva di rinvenire sostanza da taglio nel sifone del water dove era stato appena gettata, una panetto di hashish in un peluche ed una somma di denaro in una custodia, mentre nella camera del ricorrente venivano trovarti 8.865 Euro.

All’esterno, in un cestino lanciato dalla finestra prima dell’ingresso degli operanti, veniva rinvenuto un bilancino e quattro involucri termosaldati contenenti cocaina.

Date tali premesse, la Corte territoriale indicava come rilevanti, ai fini della affermazione di penale responsabilità del ricorrente i seguenti dati:

– la sua reazione al momento dell’intervento della polizia giudiziaria era significativa della consapevolezza della qualifica degli operanti e delle ragioni del loro intervento (ricerca dello stupefacente all’interno dell’abitazione);

– la messa a disposizione dell’alloggio al fratello, presente in Italia in condizioni di irregolarità, costituiva una agevolazione determinante ai fini dell’attività illecita;

– la cifra rilevante trovata in suo possesso, verosimilmente proveniente dall’attività di spaccio;

– la presenza di strumenti idonei al confezionamento dello stupefacente (bilancino e sostanza da taglio) nella disponibilità, quantomeno visiva, anche del ricorrente;

– il comportamento tenuto nei confronti degli agenti operanti cercando di ostacolarne l’ingresso.

Gli elementi valorizzati dai giudici di merito evidenziano una corretta applicazione dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte sulla distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato di illecita detenzione di stupefacenti (Sez. 6 n. 14606, 15 aprile 2010; Sez. 4 n. 4948, 4 febbraio 2010;

Sez. 3 n. 9842, 4 marzo 2009 ed altre prec. conf.) avendo posto in luce un comportamento del ricorrente che, lungi dal poter essere considerato meramente passivo, si palesava come sintomatico di una effettiva consapevolezza dell’attività criminosa che si svolgeva all’interno dell’appartamento e di una effettiva agevolazione della detenzione e dell’occultamento dello stupefacente da parte del fratello.

Tali elementi fattuali sono stati oggetto di accurata valutazione da parte dei giudici dell’appello, i quali hanno anche indicato l’iter logico – argomentativo percorso per giungere alla conferma della decisione di primo grado in modo compiuto e coerente e senza alcun cedimento logico.

L’assenza di profili di illogicità manifesta della motivazione ed il buon uso delle disposizioni normative applicate da parte della Corte d’Appello evidenziano l’infondatezza delle deduzioni del ricorrente le quali, articolate quasi esclusivamente in fatto, si risolvono nella proposta di una diversa lettura del quadro probatorio complessivo inammissibile in questa sede di legittimità.

Il ricorso deve pertanto essere respinto con le consequenziali determinazioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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