Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2489 Bando del concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

lo Stato Basilica;
Svolgimento del processo

Il Ministero dell’Interno riferisce che con bando in data 27 aprile 2007 fu indetta una procedura di progressione verticale riservata ai dipendenti appartenenti all’area "B" per l’accesso alla posizione economica iniziale dell’area C.

Il bando prevedeva che la procedura in questione fosse divisa in due fasi:

a) in una prima fase i candidati avrebbero dovuto risolvere 80 quiz a risposta multipla entro un tempo massimo di 40 minuti;

b) in una seconda fase, i candidati utilmente collocati in graduatoria (i posti a concorso erano 232) avrebbero dovuto frequentare un corso di formazione professionale.

La lex specialis della procedura, all’art. 5, stabiliva apposite previsioni per l’ipotesi in cui all’esito delle prove a quiz più candidati avessero riportato il medesimo punteggio.

A tal fine, l’art. 5, cit. fissava quattro criteri (ciascuno dei quali sussidiario rispetto a quello precedente), e in particolare:

a) la posizione economica di provenienza;

b) l’anzianità di servizio nella posizione economica di provenienza;

c) l’originaria posizione nel ruolo di anzianità;

d) il ricorso ai "criteri generali per gli inquadramenti".

I criteri in questione erano stati mutuati dalla previsione di cui all’art. 10 del contratto collettivo nazionale integrativo del Ministero dell’Interno, sottoscritto dalle parti in data 28 giugno 2000 (previsione – quest’ultima – espressamente richiamata in sede di lex specialis).

Ai fini della presente decisione giova osservare:

– che le note esplicative pubblicate insieme con il bando della procedura, con riferimento alla previsione di cui all’art. 5 del bando stabilivano che "ai fini dell’elaborazione delle graduatorie, il criterio dell’originaria posizione in ruolo, va inteso, con riferimento al profilo professionale cui appartiene il dipendente al momento della presentazione della domanda";

– che la circolare ministeriale in data 23 novembre 2007, nel chiarire ulteriormente la portata delle previsioni della lex specialis prevedeva che " (…) qualora vi siano dipendenti con punteggio e decorrenza economica uguali, ma appartenenti a profili professionali diversi, non può essere utilizzato il criterio di cui al punto c) bensì deve applicarsi quello relativo al punto d), con conseguente collocazione in graduatoria dei medesimi non più in base alla originaria posizione nel ruolo, ma alla maggiore età anagrafica".

Ebbene, all’esito dell’espletamento delle prove a quiz era avvenuto:

– che numerosissimi candidati (fra cui l’odierna appellata) avessero risposto esattamente a tutti gli 80 quesiti somministrati, così da rendere necessario il ricorso (al fine di individuare i soggetti da ammettere al corso di formazione) agli ulteriori criteri;

– che, in sede di predisposizione della graduatoria, la competente commissione avesse disapplicato il criterio dinanzi richiamato sub c) (ossia, quello relativo all’originaria posizione nel ruolo di anzianità). La commissione riteneva, infatti, che tale modus procedendi fosse reso necessario dal fatto che si era verificata parità di punteggio tra candidati appartenenti a profili professionali diversi, circostanza che avrebbe reso impossibile fare ricorso al criterio dell’originaria posizione in ruolo;

– che, nel fare applicazione del criterio dinanzi richiamato sub d) (il quale rinviava ai "criteri generali per gli inquadramenti"), la commissione aveva ritenuto di fare uso delle previsioni normative in tema di preferenza sulla base dell’età anagrafica dei candidati. Tuttavia la Commissione, nel fare applicazione di tale principio, aveva privilegiato i candidati con maggiore età anagrafica a scapito di quelli più giovani.

La graduatoria in tal modo predisposta veniva impugnata dinanzi al T.A.R. del Lazio dalla sig.ra porcari la quale ne lamentava l’illegittimità e ne chiedeva l’integrale riforma.

Con la pronuncia oggetto del presente gravame il Tribunale adìto accoglieva il ricorso ed annullava provvedimenti impugnati ritenendo che illegittimamente l’amministrazione avesse proceduto a disapplicare il criterio determinativo dinanzi richiamato sub c) (originaria posizione nel ruolo di anzianità).

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dal Ministero dell’Interno il quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando un unico motivo di doglianza.

Si costituiva in giudizio la sig.ra Porcari la quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 753/2010 (resa all’esito della camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2010) questo Consiglio di Stato respingeva l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della pronuncia in questione ritenendo – ad un primo esame – che l’Amministrazione appellante non avesse fatto corretta applicazione delle previsioni di cui all’art. 10 del pertinente C.C.N.I. relative alle ipotesi di parità di punteggio all’esito delle prove a quiz, anche in considerazione della previsione di cui all’art. 3 della l. 15 maggio 1997, n. 127.

All’udienza pubblica del 15 marzo 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato accolto il ricorso proposto da un Assistente Amministrativo contabile (posizione economica B3) il quale aveva partecipato alle procedure di riqualificazione per il passaggio alla posizione economica C1 e, per l’effetto, è stata annullata la graduatoria finale per la parte in cui non collocava il ricorrente in posizione utile per partecipare al corso di formazione propedeutico all’assunzione delle nuove (e superiori) funzioni.

2. Con il primo motivo di appello il Ministero dell’interno lamenta l’erroneità della pronuncia in epigrafe per aver omesso di tenere in adeguata considerazione il contenuto delle note esplicative al bando (pubblicate dall’amministrazione congiuntamente con questo) relative alla previsione di cui all’art. 5. Con le note esplicative in parola si era già chiarito che il ricorso al criterio sub c) (originaria posizione nel ruolo di anzianità) fosse possibile solo con riferimento al singolo profilo professionale cui appartiene il singolo dipendente al momento della presentazione della domanda, mentre non fosse possibile in ipotesi in cui (come nel caso in esame) i candidati provenivano da profili professionali fra loro diversi.

Ancora, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che l’operato in concreto posto in essere (conformemente alle richiamate note esplicative) si era reso necessario per evitare di valutare per due volte l’anzianità complessiva di servizio, la quale era stata già valutata per l’accesso al profilo professionale di appartenenza.

Oltretutto, l’amministrazione appellante osserva che il criterio di cui al punto c) del bando, ricollegandosi al profilo professionale di appartenenza, non potrebbe essere ritenuto meritevole di prevalere sull’ulteriore criterio valutativo della maggiore età anagrafica, in presenza di profili professionali diversi e a parità di punteggio.

Con il secondo motivo di appello il Ministero dell’interno rivendica la legittimità del ricorso al criterio (sussidiario) della maggiore età anagrafica come criterio ultimo in base al quale procedere alla predisposizione della graduatoria finale.

Sotto tale aspetto, il Tribunale avrebbe omesso di considerare: a) che il criterio in questione era stato utilizzato in tutte le similari tornate selettive svoltesi nel corso degli anni precedenti; b) che il medesimo criterio era stato espressamente richiamato in sede di individuazione dei criteri generali di inquadramento, cui faceva rinvio il verbale di esame congiunto in data 20 marzo 2002; c) che il criterio della maggiore età anagrafica è espressamente richiamato dall’art. 5 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

In conclusione, l’amministrazione afferma che il pertinente quadro disciplinare faceva sì che:

– in caso di parità di punteggio fra dipendenti appartenenti al medesimo profilo professionale, la graduatoria avrebbe dovuto essere composta tenendo conto della posizione occupata nel ruolo, mentre

– in caso di parità di punteggio fra dipendenti appartenenti a profili professionali diversi, rientranti nella medesima posizione economica, non essendo possibile fare applicazione del criterio dell’originaria posizione in ruolo, fosse necessario fare rinvio al criterio sussidiario della maggiore età anagrafica.

2.1. I motivi dinanzi richiamati, che possono essere esaminati in modo congiunto, sono infondati.

2.2. Nel pronunciarsi su vicende similari a quella all’origine dei fatti di causa, questo Consiglio ha già avuto modo di ribadire il principio dell’intangibilità in sede applicativa da parte dell’amministrazione delle prescrizioni contenute nella lex specialis della procedura selettiva.

Si è in particolare osservato che neppure l’eventuale difficoltà nella formazione di una graduatoria (come conseguenza dei vincoli autoimposti in sede di fissazione della lex specialis) potrebbe legittimare l’amministrazione a disattenderne le prescrizioni, in quanto l’intangibilità delle previsioni del bando di selezione è posta a garanzia della trasparenza dell’azione amministrativa e della par condicio tra i concorrenti (Cons. Stato, VI, 12 giugno 2008, n. 2909).

Tanto premesso dal punto di vista sistematico, occorre osservare:

– che è pacifico che, in sede di fissazione delle regole concorsuali l’Amministrazione avesse espressamente richiamato le previsioni di cui all’art. 10 del contratto collettivo nazionale integrativo del Ministero dell’Interno e i criteri sussidiari di predisposizione delle graduatorie ivi contemplati;

– che è del pari pacifico che l’art. 10, cit. riconosca poziorità al criterio sub c) (relativo all’originaria posizione del ruolo di anzianità) rispetto al criterio sub d) relativo ai "criteri generali per gli inquadramenti", comprensivo del criterio dell’età;

– che è incontestato che l’amministrazione non abbia fatto applicazione del criterio sub c), declinando unicamente (in sede di composizione della graduatoria) il criterio sub d) (l’amministrazione afferma sul punto che la piena applicazione del criterio sub c) sarebbe stata possibile solo in caso di procedura riservata a dipendenti provenienti dal medesimo profilo professionale);

– che, tuttavia, l’esistenza della limitazione richiamata dall’amministrazione non era in alcun modo richiamata dalla lex specialis della procedura (la quale era aperta a dipendenti provenienti da diversi profili). Al contrario, il bando della procedura faceva espressamente ed integralmente rinvio (senza limitazioni di sorta) alle previsioni di cui all’art. 10 del richiamato C.C.N.I. e ai (quattro) criteri sussidiari ivi contemplati;

– che sarebbe illogico ritenere che l’amministrazione, pur avendo consentito che alla selezione partecipassero dipendenti senza preclusione di ruolo o di profilo professionale avesse poi stabilito un criterio generale di valutazione (pur se suppletivo) inapplicabile in modo indistinto a tutti i partecipanti (sul punto: Cons. Stato, sent. 2909/08, cit.);

– che se il criterio sub b) (permanenza nella posizione economica di provenienza) ha dato esiti identici per più candidati, sì da rendere necessario il ricorso all’ulteriore criterio sub c) (originaria posizione nel ruolo di anzianità), ne consegue che il criterio da ultimo richiamato dovesse necessariamente essere inteso come riferito all’anzianità maturata complessivamente nei ruoli dell’amministrazione. Si tratta dell’unica interpretazione logicamente possibile della richiamata previsione della lex specialis, a meno di non volerne ipotizzare la sostanziale illogicità ed inutilità (ed infatti la tesi dell’amministrazione – qui non condivisa – produrrebbe come conseguenza che il criterio sub c) si porrebbe come irragionevole duplicazione del criterio sub b): si tratta, tuttavia, di un’opzione interpretativa evidentemente da evitare, sussistendo un’interpretazione tale da conferire alla previsione in parola un qualche effetto utile).

2.3. Neppure può essere condiviso l’ulteriore motivo di doglianza con cui il Ministero appellante rivendica la sostanziale correttezza del ricorso al criterio (sussidiario) della maggiore età, il quale sarebbe reso necessario dalla previsione di cui all’art. 5 del d.P.R. 487 del 1994 e dalle previsioni di cui al verbale congiunto sottoscritto dall’amministrazione e dalle oo.ss. in data 20 marzo 2002.

Al riguardo è appena il caso di osservare che la legge n. 127 del 1997 (già entrata in vigore al momento dell’adozione degli atti impugnati in prime cure) ha abolito ogni riferimento preferenziale alla maggiore età per l’ammissione ai concorsi pubblici, precisando che, a parità di punteggio a conclusione della valutazione dei titoli e delle prove di esame, "è preferito il candidato più giovane di età". (comma 7 dell’articolo 3, come modificato dal comma 9 dell’art. 2 della l. 16 giugno 1998, n. 191).

Si osserva al riguardo che la Corte costituzionale (ordinanza n. 268 del 2001) ha affermato che "rientra nella discrezionalità del legislatore fissare i requisiti attinenti all’età dei concorrenti, purché non in modo arbitrario o irragionevole" e che la norma dinanzi richiamata "si inserisce in un progetto riformatore che ha per obiettivo di coniugare il principio di solidarietà con quello di efficienza della pubblica amministrazione (…) ispirata ad un ampio rinnovamento del personale amministrativo, particolarmente investendo in risorse umane giovani e meritevoli, sì da garantire un servizio più efficiente e duraturo".

2.4. Si osserva infine che, come già osservato da questo Consiglio di Stato in una vicenda similare a quella che ne occupa (Sez. VI, 9 giugno 2010, n. 3664), nessuna influenza possono avere sulla soluzione della controversia né il d.P.R. n. 487 del 1994 (il cui art. 5, comma 5, indica l’età maggiore quale elemento sussidiario da prendere in considerazione come titolo di preferenza nei pubblici concorsi), né la circolare ministeriale del 23 novembre 2007 i quali, in base a generali princìpi, non possono derogare ad una norma di legge, vigente al momento dell’indizione della procedura selettiva.

3. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Ministero appellante alla rifusione delle spese di lite in favore degli appellati, che liquida in complessivi euro 2.000 (duemila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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