Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2487 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o Stato Santoro;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Bari, sez. II, n. 1191 del 19 maggio 2009, che non risulta notificata, venivano respinti due ricorsi riuniti, proposti dal signor M. R., agente in servizio presso il Corpo Forestale dello Stato di Acquaviva delle Fonti, avverso il decreto dirigenziale applicativo della sanzione disciplinare della riduzione di un decimo dello stipendio (decreto dirigenziale n. 4342 del 31.1.2008, oggetto del ricorso n. 929/08), nonché avverso le note informative per l’anno 2007, il sottostante rapporto informativo ed il silenzio rigetto formatosi sul ricorso gerarchico presentato (ricorso n. 1751/08).

Nella citata sentenza si esprimeva l’avviso che la proposta di sanzione formulata dalla Commissione di disciplina fosse "direttamente correlata al comportamento tenuto dal R. in occasione del diverbio del 30 aprile 2007", di modo che il provvedimento conclusivo del procedimento non avrebbe potuto avere un "contenuto diverso da quello impugnato".

Nelle note informative del 2007, inoltre, sarebbe stato fatto riferimento al procedimento disciplinare espletato, ma non anche alla sanzione applicata il 31 gennaio 2008, con riferibilità del giudizio conclusivo di "mediocre, con punti 6" ad una "serie di giudizi sintetici riferiti a vari aspetti della personalità del ricorrente", quale espressione di discrezionalità non sindacabile nel merito.

2. In sede di appello, avverso le argomentazioni sopra sintetizzate sono state prospettate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, dovendosi preliminarmente rilevare che gli atti di appello in esame risultano notificati presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari e che l’Amministrazione si è costituita in giudizio solo per l’appello n. 5520/09.

In base al combinato disposto degli articoli 144, comma 1 c.p.c. e 11, comma 3, del R.D. 30.10.1933, n. 1611 (nel testo introdotto dall’art. 1 della legge 25.3.1958, n. 260, espressamente richiamato per i giudizi amministrativi dall’art. 10, comma 3, della legge n. 103/1979), tutti gli atti costitutivi di una fase processuale, proposta nei confronti di Amministrazioni statali e di enti pubblici patrocinati dall’Avvocatura dello Stato, vanno notificati a dette Amministrazioni ed agli enti presso l’ufficio dell’Avvocatura nel cui distretto abbia sede l’Autorità giudiziaria adita (ovvero, per quanto riguarda il giudizio da instaurare innanzi al Consiglio di Stato, presso l’Avvocatura Generale, con sede a Roma).

Quando, pertanto, la notifica dell’appello di una sentenza di Tribunale Amministrativo Regionale abbia avuto luogo presso l’Avvocatura del distretto in cui abbia sede quest’ultimo, la notifica deve considerarsi nulla, con conseguente inammissibilità dell’appello stesso, ove l’Amministrazione evocata non abbia sanato tale nullità costituendosi in giudizio, come nella fattispecie avvenuto solo per l’appello n. 5520/09 (giurisprudenza pacifica: cfr., fra le tante, Cons. St., sez. VI, 24 settembre.2010, n. 7145; 2 marzo 2010, n. 1190; 3 settembre 2009, n. 5195; 28 agosto 2008, n. 4094; 25 giugno 2008, n. 3223, e 10 settembre 2008, n. 4316; Cons. St., sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5244, e 15 giugno 2009, n. 3019).

Alla data del deposito degli appelli (30 giugno 2009), l’art. 64, comma 24 della legge 18 giugno 2009, n. 69, aveva reso applicabile anche ai giudizi davanti ai giudici contabili e amministrativi il primo comma dell’art. 291 c.p.c., con conseguente sanabilità ex tunc dell’atto introduttivo del giudizio, viziato da nullità della notifica, attraverso la fissazione, da parte del Giudice, di un termine perentorio per la rinnovazione della notifica stessa.

Con decorrenza 16 settembre 2010, tuttavia, l’art. 4, comma 1, punto n. 42 dell’allegato n. 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, ha espunto il richiamo ai giudizi davanti al giudice amministrativo dalla disposizione sopra indicata.

3. Nella situazione in esame in ogni caso – non richiedendosi due distinti atti di appello, in rapporto a ricorsi riuniti e decisi con un’unica sentenza – il Collegio ritiene di poter prescindere dalla problematica sopra accennata, in quanto nessuna delle argomentazioni difensive prospettate appare meritevole di accoglimento.

4. Premesso quanto sopra, il Collegio stesso ritiene di dover disporre la riunione dei ricordati appelli nn. 5520/09 e 5521/09, in quanto riferiti ad una decisione unitaria fra le medesime parti, con disamina congiunta dei motivi di gravame proposti.

L’appellante contesta, in primo luogo, la formulazione del rapporto informativo per l’anno 2007, in quanto sarebbe stata illogicamente determinata dagli esiti del procedimento disciplinare, conclusosi nel 2008, ovvero in data successiva; ove il giudizio non pienamente positivo dovesse ritenersi determinato dalle mere conclusioni della Commissione di disciplina, inoltre, vi sarebbe "grave ed inammissibile violazione del principio di difesa, di uguaglianza e di certezza del diritto".

Una volta esclusa l’incidenza della sanzione disciplinare successivamente irrogata, d’altra parte, la valutazione contestata risulterebbe immotivata e priva di giustificazione, poichè inferiore alle valutazioni degli anni precedenti e dell’anno successivo (valutazioni sempre espresse in termini di eccellenza).

Quanto alla sanzione applicata, viene censurata in primo luogo la correttezza della procedura seguita, ai sensi degli articoli 103 e seguenti del d.P.R. n. 3/1957, in quanto il comandante provinciale avrebbe dovuto trasmettere il proprio rapporto sulla contestazione disciplinare al Comando regionale e non all’Ispettorato, spettando al Comandante regionale la funzione di capo dell’ufficio del personale. Sarebbe quindi mancato un adeguato approfondimento istruttorio, da parte dell’"Autorità competente e legittimata a farlo", approfondimento che, nel caso di specie, avrebbe "di sicuro condotto all’archiviazione del procedimento per infondatezza e non veridicità delle accuse", tenuto conto dell’anticipato rientro in servizio del dipendente in questione e della rinuncia, da parte del medesimo, di tre giorni di riposo assegnati con certificato medico, sostituiti dalla richiesta fruizione (posticipata) di un solo giorno di ferie.

Illegittimamente peraltro la sentenza appellata – oltre a tenere conto di allegazioni difensive tardive – avrebbe ritenuto vincolato il contenuto di un provvedimento, per propria natura sicuramente discrezionale.

6. Ad avviso del Collegio, nessuna delle argomentazioni difensive sopra sintetizzate appare meritevole di accoglimento, tenuto anche conto del fatto che, in secondo grado di Giudizio, il Giudice è chiamato a valutare tutte le domande, integrando – ove necessario – la motivazione della sentenza appellata e senza che rilevino, pertanto, le eventuali carenze motivazionali di quest’ultima (cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, 20 dicembre 2005, n. 7201; Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2009, n. 824, e 19 novembre 2009, n. 7259; Cons. St., sez. VI, 25 settempre 2009, n. 5797).

Per quanto riguarda il rapporto informativo, in primo luogo, non vi sono ragioni per ritenere che il giudizio contestato sia riferibile, come prospettato dall’appellante, alla sanzione irrogata nell’anno successivo a quello di riferimento o alle conclusioni della commissione di disciplina, non potendo invece escludersi – ed emergendo anzi piuttosto chiaramente dagli atti di causa – che il rendimento del dipendente in questione avesse subito, nell’anno 2007, una flessione determinata da tensioni interne all’ufficio o da altre cause, di cui la vicenda sanzionata costituirebbe mero episodio.

Nella documentazione prodotta dall’Amministrazione si fornisce infatti notizia di comportamenti definiti "irregolari" (rinvio all. n. 17), di altre assenze giustificate da certificato medico, ma ritenute non convincenti alla luce di comportamenti successivi (allegati nn. 25 e 26) ed infine di reiterati atteggiamenti denotanti insubordinazione o distrazione dal servizio (all. n. 27).

La valutazione espressa dall’Amministrazione, in ordine alle qualità professionali dimostrate dal dipendente nel periodo considerato, non appare dunque affetta da quei vizi di illogicità o travisamento dei fatti, che consentono l’invalidazione degli atti discrezionali in sede di giudizio di legittimità.

A conclusioni non diverse il Collegio ritiene di dover pervenire in rapporto alla sanzione disciplinare irrogata, sia sotto il profilo della competenza, sia con riferimento ai vizi funzionali prospettati.

Ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. n. 3/1957, in effetti, il capo di un ufficio, che ritenga applicabile al singolo dipendente una sanzione più grave della censura, deve rimettere gli atti all’ufficio del personale: nel caso di specie, il comandante provinciale di Bari effettuava tale adempimento inviando gli atti in questione all’Ispettorato Generale di Roma (e non, come ritenuto corretto dall’appellante, al Comando regionale del C.F.S. per la Puglia). L’iter procedurale in concreto seguito appare legittimo, dovendo ritenersi che la figura del capo del personale coincida con quella del capo del Servizio Centrale per la gestione delle risorse umane, per effetto dell’art. 7, comma 5, del D.Lgs. n. 155/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 472/2001, tenuto anche conto del fatto che l’art. 8 del D.M. 12.1.2005 (in G.U. n. 70 del 23.3.2005) attribuisce espressamente la materia disciplinare, per il personale in servizio, a Divisioni inserite nel citato Servizio Centrale.

Quanto all’art. 12, comma 1, lettera j) del decreto ministeriale del 12.1.2005, come sostituito dall’art. 1 del D.M. 9.2.2007 (in G.U. n. 51 del 2.3.2007) – che affida al Comando regionale la "gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali assegnate", anche con riferimento ad "atti e provvedimenti disciplinari ai sensi della normativa vigente" – il Collegio ritiene condivisibili le argomentazioni dell’Amministrazione, che propone una lettura coordinata dei due articoli (8 e 12) del citato D.M., nel presupposto che detta normativa, a carattere regolamentare, non possa incidere sulle competenze determinate per legge (con particolare riguardo, per quanto qui interessa, alle qualifiche del ruolo dei dirigenti del Corpo Forestale dello Stato, di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 155/01 cit.): dal momento che entrambe le norme di rango secondario sopra ricordate, pertanto, pongono la materia disciplinare fra le competenze degli organi sia centrali che regionali, deve ritenersi che questi ultimi possano, in materia disciplinare, svolgere funzioni istruttorie e adottare atti di natura disciplinare nei limiti previsti per le risorse umane assegnate, ferme restando le competenze del capo del personale, da identificare nell’autorità centrale.

Per quanto riguarda, infine, la congruità della sanzione disciplinare, nella fattispecie comminata, il Collegio ritiene che – ferma restando la natura discrezionale dell’atto – non siano nella fattispecie ravvisabili quei profili sintomatici di eccesso di potere, che consentono di ravvisare la illegittimità degli atti stessi sul piano funzionale.

L’esame dei documenti depositati dall’Amministrazione, infatti, mostra un’istruttoria accurata, suffragata da testimonianze, circa l’ingiustificata assenza dell’attuale appellante in occasione di un servizio notturno programmato per il giorno 27 aprile 2007, con successiva istanza di congedo ordinario presentata solo il successivo 4 maggio; la sanzione disciplinare di cui trattasi, in ogni caso, risulta riferita al comportamento complessivo dell’agente in questione, come desumibile dalla relazione di servizio – a firma congiunta di due Sovrintendenti del Corpo – nella quale si descriveva un alterco verificatosi il 30 aprile 2007, in occasione della richiesta di giustificazione dell’assenza di cui trattasi.

Come attestato nella citata relazione (e nella successiva contestazione degli addebiti), infatti, l’interessato pretendeva in un primo tempo di essere registrato come presente in servizio e, al rifiuto ricevuto in ordine a tale falsificazione, manteneva un comportamento ingiurioso nei confronti del collega; in seguito poi – pur esibendo un certificato medico attestante una richiesta di malattia di tre giorni, a partire dal 27 aprile – rifiutava di consegnare l’originale di tale certificazione e comunque ometteva di avvalersene (per ragioni non comunicate, ma che potrebbero anche ritenersi connesse alla volontà di sottrarsi ad eventuali controlli), chiedendo di considerare come fruizione di un giorno di ferie il turno di servizio non espletato.

7. In tale situazione – non smentita in punto di fatto – il Collegio non può ravvisare fattori di travisamento o irragionevolezza nella misura sanzionatoria adottata dall’Amministrazione.

Entrambi gli appelli, pertanto, non possono che essere respinti; le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura complessiva di Euro. 1.500,00 (euro millecinquecento/00).
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge gli appelli nn. 5520/09 e 5521/09, specificati in epigrafe, previa riunione dei medesimi; condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali del secondo grado, nella misura di Euro. 1.500,00 (euro millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *