Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2011, n. 16418 Responsabilità civile per ingiurie e diffamazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o del ricorso.
Svolgimento del processo

Don Sc.An., direttore responsabile dei settimanale "Famiglia cristiana", C.B. e S.L., giornalisti del suddetto settimanale, e la editrice Periodici San Paolo s.r.l. propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che ha rigettato il loro appello contro la sentenza di primo grado, che li aveva condannati in solido al pagamento della somma di Euro 75.000,00 in favore di L.A. per diffamazione a mezzo stampa.

Il L. resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono nullità della sentenza per violazione di legge e vizio ex art. 112 c.p.c. chiedendo in sostanza, ne quesito di diritto rinvenibile alla pag. 16 del ricorso, se il giudice di merito possa rinvenire la diffamazione in parti dell’articolo non specificamente censurate dall’attore.

1.1.- Il primo motivo è inammissibile, richiedendo a questo giudice di legittimità un’indagine di merito sul contenuto dell’articolo.

2. – Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge e, nel quesito di diritto rinvenibile alle pagg. 22 e 23 del ricorso, chiedono se il giornalista abbia correttamente esercitato il diritto di cronaca ed il diritto di critica e se è consentito al giudice integrare il pensiero espresso dall’articolista nel proprio scritto (…), forzandone i contenuti formali e concettuali risultanti dal tenore espressivo e grammaticale del testo, o se ciò violi i principi fissati dall’art. 112 c.p.c. e quelli della legittima manifestazione del pensiero ( art. 21 Cost. e art. 51 c.p.) poichè la lesività dell’articolo non può essere individuata, surrettiziamente, nella congettura di intenzioni, non ricavabili, secondo la diligenza del lettore medio, dai concetti espressi e dalle parole usate dall’articolista.

2.1.- Il secondo motivo è inammissibile, sostanziandosi il quesito (riferito peraltro a sola violazione di legge), nella prima parte, nella richiesta al giudice di legittimità di compiere una valutazione rimessa al giudice di merito e presupponendo, nella seconda parte, tale accertamento in fatto nei sensi prospettati dai ricorrenti.

3.- Con il terzo motivo, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, i ricorrenti chiedono a questa Corte, nei quesiti di diritto rinvenibili a pag. 29 del ricorso, se il generico riferimento all’autorità giudiziaria nell’ambito di un articolo, senza che ciò comporti con certezza l’identificazione di una sola persona, mancando i riferimenti temporali dei fatti riportati, possa integrare l’illecito della diffamazione a mezzo stampa (…) ovvero tale comportamento sia scriminato ai sensi dell’art. 51 c.p., per avere correttamente esercitato il giornalista l’esercizio del diritto di cronaca e di critica e se il Giudice (…) in tema di diffamazione a mezzo stampa deve comunque attenersi ai fatti e ai giudizi che la parte offesa ritiene lesivi del proprio onore senza potere individuare un fatto lesivo diverso, non contestato dalla stessa parte offesa.

3.1.- Quanto al primo quesito, il mezzo è inammissibile presupponendo, in fatto, un accertamento da parte del giudice di legittimità (che non sia possibile l’identificazione di alcuno) che questi non può compiere, essendo questione rimessa al giudice di merito.

3.2.- Quanto al secondo quesito, il mezzo è inammissibile per la astrattezza del quesito stesso.

4.- Con il quarto motivo i ricorrenti, sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, censurano la sentenza impugnata quanto alla declaratoria di inammissibilità del motivo di appello con il quale era stata censurata la valutazione equitativa del danno compiuta dal primo giudice, formulando un quesito di diritto con il quale chiedono a questa Corte l’esattezza dei proposti criteri di liquidazione del danno.

4.1.- Il quarto motivo è inammissibile. I medesimi ricorrenti assumono che il loro motivo di appello è stato ritenuto inammissibile, di tal che avrebbero dovuto censurare la pronuncia di inammissibilità e non i criteri di liquidazione del danno utilizzati dal primo giudice.

5.- Il ricorso va quindi rigettato, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 6.200,00 di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *