Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-03-2011) 27-04-2011, n. 16448 Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 17 maggio 2010, la Corte d’Appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale di Latina – Sezione distaccata di Terracina del 5 agosto 2009, con la quale S.M. era stato condannato per illecita detenzione di sostanze stupefacenti a seguito di giudizio abbreviato.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione degli artt. 446 e 448 c.p.p. ed il vizio di motivazione osservando che, tratto a giudizio direttissimo dopo l’arresto in flagranza, aveva presentato istanza di patteggiamento, riguardo alla quale il Pubblico Ministero aveva manifestato il proprio dissenso senza indicarne le ragioni e che, a fronte della reiterazione della richiesta, il giudice aveva omesso di dare contezza dei motivi per i quali non aveva ritenuto di applicare comunque la pena.

Lamentava, altresì, che la richiesta era stata formulata anche in sede di appello e che la Corte territoriale non l’aveva accolta senza peraltro motivare sulle censure mosse in tal senso alla decisione di primo grado.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva violazione di legge e vizio di motivazione, osservando che nella decisione di primo grado viene indicata la pena per uno solo dei due reati contestati, quello più grave, senza alcuna indicazione in ordine al secondo reato, neppure con riferimento all’aumento per la continuazione.

Aggiungeva che la Corte d’Appello si era limitata ad osservare che la pena inflitta era quella attinente al reato di cui al capo A della rubrica, come risultava dal tenore della motivazione e dall’ulteriore rilievo che per il fatto contestato sub B, di lieve entità, era certamente applicabile la speciale circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ma la motivazione non era comunque adeguata non consentendo alla difesa di verificare il procedimento seguito per la determinazione della pena.

Con un terzo motivo di ricorso deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, osservando come i giudici dell’appello avessero dato rilievo alla incensuratezza dell’imputato ed al comportamento processuale per ridurre la pena irrogata dal giudice di prime cure senza però valorizzare tali elementi anche per la concessione delle attenuanti richieste.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con riferimento al primo motivo di ricorso deve osservarsi che, nella parte relativa allo svolgimento del processo, la sentenza impugnata dà atto che il ricorrente, dopo che il Pubblico Ministero aveva negato il consenso alla richiesta di applicazione pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., aveva richiesto procedersi con il rito abbreviato, all’esito del quale veniva condannato.

Ciò posto, deve ricordarsi come, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il ricorso al giudizio abbreviato preclude la definizione del procedimento con una sentenza di patteggiamento in considerazione della impossibilità di convenire un rito nell’altro (Sez. 1, n. 15451, 22 aprile 2010; SS. UU. 12572, 23 dicembre 1994) ed in quanto la richiesta di rito abbreviato implica rinuncia al patteggiamento, poichè l’alternatività tra i riti è evidenziata dalle disposizioni che, regolando la facoltà dell’imputato di operare una scelta tra i possibili giudizi speciali, gli impongono un’esplicita opzione tra l’uno o l’altro procedimento (Sez. 3, n. 32234, 7 agosto 2007).

Conseguentemente, anche se all’esito del giudizio abbreviato il giudice ritenga ingiustificato il diniego del PM al patteggiamento, non può comunque pronunciare sentenza di accoglimento di tale richiesta (Sez. 6, n. 1940, 15 gennaio 2010; Sez. 5 n. 11945,19 ottobre 1999).

Alla luce dei principi sopra ricordati, che il Collegio condivide, appare evidente che avendo optato il ricorrente per il rito abbreviato, ha implicitamente rinunciato al patteggiamento e non può quindi dolersi del fatto che il giudice del merito non abbia motivato in ordine al dissenso del Pubblico Ministero e non abbia comunque applicato la pena richiesta, essendo tale possibilità preclusa proprio dalla scelta del diverso rito.

L’infondatezza è evidente anche per quanto concerne con riferimento il secondo motivo di ricorso.

La Corte d’Appello ha dato atto del fatto che il primo giudice ha omesso di applicare l’aumento per la continuazione e che la pena irrogata, come si desume dal contesto motivazionale, riguarda il più grave reato rubricato sub A. Nella fattispecie, pertanto, non si tratta, come affermato dal ricorrente, di omessa motivazione circa l’aumento applicato, poichè la Corte territoriale esplicitamente riconosce che la pena riguarda solo uno dei reati contestati.

Il ricorso, sul punto, è peraltro estremamente generico nello specificare le ragioni poste a sostegno del motivo.

Con riferimento, infine, al terzo motivo di ricorso, occorre ricordare che la concessione delle attenuanti generiche presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la personalità del reo, cosicchè deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati positivi di valutazione (Sez. 1, n. 3529, 2 novembre 1993; Sez. 6 n. 6724, 3 maggio 1989; Sez. 6 n. 10690, 15 novembre 1985; Sez. 1 n. 4200, 7 maggio 1985).

Inoltre, riguardo all’onere motivazionale, deve ritenersi che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche (v. Sez. 6 n. 34364, 23 settembre 2010) con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6 n. 42688, 14 novembre 2008; Sez. 6 n. 7707, 4 dicembre 2003).

Ciò posto, nel caso in esame la Corte territoriale, con apprezzamento congruo e privo di cedimenti logici, ha fondato il proprio diniego sulla assenza di condizioni suscettibili di valutazione favorevole tenendo conto del quantitativo di stupefacente sequestrato e della circostanza che lo svolgimento dei fatti era indicativo di una condotta delittuosa non occasionale.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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